Il vino è (anche) accoglienza: l’esempio di Castello di Meleto
di Simone Pazzano
Ultima Modifica: 26/06/2024
In un mercato del vino sempre più competitivo e alla ricerca di nuovi modi per conquistare l’attenzione delle nuove generazioni, l’enoturismo è una risorsa fondamentale per valorizzare e promuovere il patrimonio vitivinicolo italiano. Unire l’esperienza del viaggio alla scoperta dei territori del vino, rappresenta non solo un’importante fonte di reddito per le aziende, ma anche un potente strumento di marketing territoriale. L’Italia, con la sua ricchezza di vitigni autoctoni, paesaggi mozzafiato e tradizioni millenarie, non può non sfruttare questa tendenza.
L’enoturismo permette ai visitatori di immergersi completamente nel mondo del vino, dalla vigna alla cantina, offrendo esperienze che vanno oltre la semplice degustazione. Un approccio che favorisce una comprensione più profonda del prodotto, del suo legame con il territorio e delle persone che lo creano, contribuendo a costruire un rapporto di fiducia e fedeltà con il consumatore. E in questo contesto, il Chianti Classico, una delle denominazioni italiane più conosciute nel mondo, sta giocando un ruolo da protagonista. Tra le realtà che meglio incarnano questa sintesi tra tradizione vitivinicola e accoglienza turistica spicca Castello di Meleto, azienda di Gaiole in Chianti che ha saputo coniugare la produzione di vini di qualità con un’offerta enoturistica di alto livello.
Una storia millenaria
La storia del Castello di Meleto affonda le sue radici nell’XI secolo, quando il sito apparteneva ai monaci Benedettini della Badia a Coltibuono. La prima menzione scritta del nome “Meleto in Chianti” risale al 1256, quando il castello era di proprietà di una famiglia feudale locale. Situato in una posizione strategica al confine tra i territori delle Repubbliche di Firenze e di Siena, il maniero ha attraversato i secoli trasformandosi da fortezza militare a villa nobiliare di campagna, senza mai perdere il suo legame con la viticoltura.
Un passaggio cruciale nella storia recente avviene nel 1968, quando una pionieristica operazione di crowdfunding ante litteram porta alla creazione di Viticola Toscana, oggi Castello di Meleto Società Agricola. Questa iniziativa, ideata dall’editore Gianni Mazzocchi, mirava a salvaguardare un patrimonio italiano a rischio di abbandono, coinvolgendo gli appassionati di economia e finanza lettori della rivista Quattrosoldi.
Da allora, l’azienda ha intrapreso un percorso di rinnovamento e valorizzazione, investendo nella ristrutturazione del castello, nel ripristino dei vigneti e nell’ammodernamento delle tecniche di vinificazione. Oggi, Castello di Meleto si estende su oltre 1100 ettari, di cui 130 vitati, rappresentando una delle più grandi superfici vitate a Gaiole in Chianti.
Gestione del patrimonio naturalistico
Il Castello di Meleto adotta un approccio alla sostenibilità che va oltre la semplice produzione vinicola biologica. L’azienda gestisce un territorio di oltre 1100 ettari, di cui 900 sono coperti da boschi. Questa vasta area boschiva non solo contribuisce alla biodiversità locale, ma svolge anche un ruolo significativo nell’assorbimento di CO2. Secondo i dati forniti dall’azienda, i boschi di Castello di Meleto assorbono annualmente più di 9000 tonnellate di CO2, un quantitativo paragonabile alle emissioni prodotte da mezzo milione di viaggi in treno da Firenze a Roma. Oltre alla funzione di depurazione dell’aria, i boschi fungono da habitat per diverse specie animali e vegetali, contribuendo all’equilibrio ecologico dell’intero ecosistema, inclusi i vigneti.
Un altro aspetto rilevante dell’impegno ambientale di Castello di Meleto è l’apicoltura. L’azienda ha avviato nel 2020 l’iniziativa “Nel Nome dell’Ape“, un progetto che mira a contrastare il declino delle popolazioni di api, cruciali per la biodiversità e l’agricoltura. Partito con 20 arnie, l’allevamento ospita oggi più di 90 famiglie di api, per un totale stimato di oltre 3,2 milioni di esemplari all’anno. Da questa attività deriva la produzione di miele biologico e altri prodotti come propoli e idromele. Il progetto è stato ulteriormente ampliato con la creazione del “Parco delle Api“, un’area di un ettaro e mezzo dedicata alla coltivazione di alberi e fiori specificamente selezionati per favorire questi insetti impollinatori. Questo spazio serve anche come area didattica per sensibilizzare i visitatori sull’importanza delle api per l’ecosistema.
Questi dati e iniziative, forniti dall’azienda, dipingono il quadro di una realtà che cerca di integrare la produzione vinicola in un più ampio contesto di gestione sostenibile del territorio.
I vini di Castello di Meleto
L’attuale produzione vinicola di Castello di Meleto si basa su una profonda conoscenza del territorio: l’azienda ha suddiviso i suoi 130 ettari di vigneto in sei aree distinte, ciascuna caratterizzata da condizioni pedoclimatiche specifiche che influenzano le caratteristiche delle uve. Al centro della produzione c’è ovviamente il Sangiovese, vitigno principe del Chianti Classico. L’azienda ha avviato una collaborazione con l’Università di Firenze per identificare i cloni di Sangiovese più adatti alle diverse microzone della tenuta, un progetto che mira a esaltare al massimo l’espressione del terroir.
Tra i vini prodotti, spiccano diverse espressioni di Chianti Classico, tra cui le Gran Selezioni come il “Casi“, il “Trebbio” e il “Poggiarso“, che rappresentano l’apice qualitativo della denominazione. Accanto a questi, l’azienda produce anche vini da vitigni internazionali, come il Merlot che dà origine al “Parabuio“, considerato il vino simbolo di Castello di Meleto.
La cantina, recentemente rinnovata, permette di vinificare separatamente le uve provenienti dalle diverse parcelle, arrivando a effettuare fino a 100 vinificazioni distinte in una singola vendemmia. Questo approccio meticoloso consente di selezionare solo le migliori uve.
L’ospitalità e l’enoturismo
Ed è attraverso l’offerta enoturistica che Castello di Meleto mira a far conoscere il meglio dei suoi vini e del territorio in cui prendono vita. Il castello stesso, con la sua storia millenaria, rappresenta una straordinaria attrazione per i visitatori: le opzioni di alloggio spaziano dagli appartamenti ricavati nelle antiche case coloniche alle suite all’interno del maniero.
Le visite guidate permettono poi di esplorare i vigneti, le cantine e il castello, incluso il prezioso teatro settecentesco conservato al suo interno. Mentre l’enoteca aziendale offre la possibilità di degustare l’intera gamma dei vini prodotti, accompagnati da prodotti locali come formaggi, salumi di Cinta Senese allevata in azienda e olio extravergine d’oliva di produzione propria. Tra le iniziative più originali proposte c’è “Wine maker per un giorno“, un’esperienza che permette ai visitatori di cimentarsi nella creazione di un vino personalizzato. L’azienda organizza anche corsi di cucina tradizionale toscana, pic-nic nei vigneti e tour in e-bike per esplorare il territorio circostante. E la proposta gastronomica si completa con l’Osteria Meleto, situata ai piedi del castello, che offre piatti della tradizione toscana realizzati con prodotti a filiera corta, spesso provenienti direttamente dalla tenuta.
In un periodo storico in cui il consumatore è sempre più alla ricerca di esperienze autentiche e significative, realtà come Castello di Meleto dimostrano dunque come l’enoturismo possa rappresentare non solo una fonte di reddito aggiuntiva per le aziende vitivinicole, ma anche un mezzo per educare il pubblico, creare un legame emotivo con il brand e contribuire allo sviluppo sostenibile del territorio. È questa sinergia tra produzione di qualità, tutela del patrimonio e accoglienza che può fare la differenza nel mercato del vino.
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