Uno chef del centro Italia ci scrive: “Ecco come la penso sulla Fase 2”
Massimiliano Della Sala ci offre un'analisi realistica e pratica di come potrebbe essere lo scenario delle riaperture. E sul plexiglass ai tavoli non ha dubbi "Trovata di business giocando sulle paure"
di Alessandra Favaro
Ultima Modifica: 23/04/2020
Riceviamo e pubblichiamo le interessanti riflessioni di uno chef della provincia di Frosinone, Massimiliano Della Sala, sugli scenari che potrebbero aprirsi per la ristorazione durante la cosiddetta Fase 2, di cui tutti stanno immaginando gli scenari attualmente.
Come allestire un ristorante post Coronavirus? Come garantire incassi o “sopravvivere” con minor numero di posti a sedere o limitazioni di personale?
In questi giorni associazioni, chef, imprenditori si stanno confrontando assiduamente sul tema, fino a Federcuochi che qualche giorno fa ha sdoganato anche il plexiglass al tavolo. Le immagini e i resoconti che arrivano da Wuhan, dove è nata la pandemia, non sono confortanti: molti ristoranti hanno aperto, ma le persone non ci vanno. Qui però l’intenzione sembra esserci, almeno stando a una recente indagine Osservatorio Nomisma, secondo il quale il 43% mette il ritorno al ristorante nella lista dei desideri post lockdown.
Ma cosa ne pensano gli addetti ai lavori? Ecco l’opinione del giovane ristoratore
Le seguenti riflessioni non sono né ottimiste, né pessimiste. Non mi interessa parlare dell’economia, di cosa avrebbe potuto fare o dovrà fare il Governo, di come o cosa hanno fatto lì, lì e lì altrove, perché l’Italia non ha condizioni economiche comparabili ad altri Stati, e la politica la lascio volentieri fuori dalla discussione. Mi è sempre piaciuto essere concreto, realista.
Di certo c’è solo che il mondo della ristorazione, come quello del turismo in genere, sarà segnato da vari cambiamenti che non possiamo che definire necessari, se stiamo parlando di tutela della salute.
Le logiche dell’economia spesso cozzano con questo principio, allora, in questi termini, qualcuno dovrà pensare forse un cambiamento radicale proprio del sistema economico, ma di certo non spetta ai commercianti.
E questo lo dico perché purtroppo una cura economica immediata che possa andare bene per tutti, in un settore, dico quello ristorativo, assai eterogeneo e frastagliato (si va dal ristorante tre stelle al kebabbaro) non potrà MAI essere adeguata per tutti, restando così il sistema in sé.
Così come nessuna cura neanche in medicina lo è mai: basta che un paziente abbia un’intolleranza a un principio attivo, una malattia pregressa che si porta dietro che ecco che la cura standard non sarà più né idonea né efficace, per quanto magari abbia salvato tantissime vite in precedenza.
Torniamo quindi ai fatti. Da varie indagini risulta che soltanto il 40% dei clienti abituali dei ristoranti, tornerà da questi. Altri preferiranno consumare in casa (take-away o delivery?) o cucinare per sé a casa.
Quel 40% però sa cosa vuole con certezza: igiene, locali poco affollati, sicurezza. Lo scenario è tragico per i ristoratori che rischiano sia economicamente che in termini di salute direttamente, con tutto il proprio staff, a cui bisogna anche pensare, perché basterà un domani che, Dio ce ne scansi, si infetti solo un cameriere o un runner, che immagino che il locale dovrà essere chiuso per almeno 20 giorni se non 30, e chi pagherà in quel frattempo stipendi e costi?
Probabili scenari di sicurezza della Fase 2 al ristorante
- Cosa comporterà garantire questi principi di sicurezza? Ci sono dei rumors:
- Mascherine ffp2 monouso per il personale di cucina e sala.
- Guanti monouso per il personale di cucina e sala.
- Sanificazione degli ambienti una volta a settimana con ditte specializzate o apparecchiature idonee.
- Sistemi di areazione interni al locale adeguati e sanificati costantemente. Sanificazione giornaliera degli ambienti, soprattutto dei bagni, costante e con prodotti specifici.
- Sanificazione dei tavoli ogni volta che i clienti lasciano le postazioni occupate.
- Rilevamento della temperatura per il personale a inizio e fine turno.
- Se introdotta l’app di monitoraggio, dimostrazione di libero movimento del cliente.
- Utilizzo di prodotti confezionati monouso in sala (posate, condimenti, pane).
- Distanziamento dei tavoli e della clientela secondo normativa con accessi su appuntamento.
A questi io aggiungerei:
- Certezza che l’Inail copra al 100% e per tutto il periodo eventuale malattia da covid19 per il personale.
- Mantenimento della possibilità di accesso alla cassa integrazione in deroga finché non ci sia un vaccino, al fine di coprire eventuali chiusure necessarie ed improvvise causa covid19 conclamato nel ristorante.
- Accesso a un fondo di garanzia per l’azienda (Cassa depositi e prestiti?) in caso di chiusure necessarie improvvise causa covid19 conclamato neell’attività ristorativa.
- E se ci sarà, test rapido almeno 1 volta ogni 15 giorni a tutto il personale.
Queste potrebbero essere delle condizioni minime necessarie per riaprire, da punto di vista della ripresa delle attività in genere su un piano volto alla salvaguardia della salute e, in parte, economiche.
E non perché questi principi garantiscono la certezza che così non ci si possa infettare, perché un cameriere o un cuoco dopo magari 12 ore di turno d’estate al caldo, con la mascherina che ti soffoca in faccia, una distrazione a fine giornata può pure accadere, e dopo aver fatto tutto per bene, tocchi qualcosa e poi ti tocchi la bocca o un occhio!
Siamo umani, e siamo più fatti per sbagliare che per essere perfetti, ma questo non significa che alla perfezione non si debba puntare, anzi, lo si deve sempre più!
Su divisori in plexiglass, psicosi e reale sicurezza al ristorante
Altri discorsi di cui leggo in giro tipo i divisori in plexiglass sui tavoli o come separatori tra i tavoli, per esempio, possono avere un senso nelle mense aziendali al massimo, dove è impossibile ridisporre i tavoli mantenendo 2,5 mt di distanza, perché il numero dei lavoratori quello è.
Ma all‘interno di un ristorante non servono a nulla, basta uno starnuto e la vaporizzazione che ne consegue scavalcherà ogni divisore, è solo la distanza di 2,5 mt, da quello che ci dice la scienza oggi, che può tutelerà gli altri commensali. Il resto è un tentativo di business che non remore a definire da sciacalli che gioca sulla psicosi.
Perché se mi dicono, come mi hanno detto, che il divisore in plexiglass serve per non ridurre i posti in sala che diminuiranno drasticamente applicando la regola dei i 2,5 mt di distanza, beh, devo aggiungere che: o questi separatori li certifica il Ministero della Salute come presidio valido, e però allora potevamo pure non chiudere, o è evidente che si sta tutelando più l’economia che la salute dei clienti, con un accorgimento solo psicologico e non medico.
Ma come dicevo, vorrei qui pensare più alla salute vera e propria e non all’economia che, necessariamente, se tutto cambierà, non potrà invece essere l’unico paletto fermo esule dall’interrogarsi su sé stessa. È indubbio che anch’essa dovrà adeguarsi al nuovo mondo a sua volta! Forse è questo che mi aspetto di più dai Governi: una visione lunga e prospettica!
Altre problematiche del settore: stagionali ecc…
Aggiungo che ci sono tantissime altre problematiche del settore – impossibile affrontarle davvero tutte – basti pensare pure ai colleghi stagionali: chi li assumerà in questo momento? E sicuramente non a pieno regime. L’unica salvezza è sarà il vaccino, ma ci vuole tempo e quando arriverà tutto sarà già cambiato. Oggi però, ci possiamo, anzi ci dobbiamo sicuramente vaccinare da un altro nemico crudele, ovvero la psicosi.
Come? Garantendo attenzione e igiene al cliente, facendo capire che è importante per noi la sua salute e non la nostra economia. Quindi posto che sarà una sofferenza per tutti, è certo che soffrirà di più chi non sarà in grado di garantire queste indicazioni date precedentemente, che io mi aspetto non solo che il Ministero suggerisca, ma che proprio il ristoratore applichi individualmente.
È chiaro che chi non è già abile a gestire un sistema di prenotazioni, di disciplina, igiene e ordine che, da sempre in verità, dovrebbero stare alla base dell’attività ristorativa, dovrà fare un triplo sforzo, e per lui i tempi della ripartenza saranno più lenti, e penso pure a chi lavora maggiormente con i passanti e i turisti, altri attori che diminuiranno drasticamente.
Infatti sempre quel 40% della clientela che citavo, dichiara che preferirà tornare da quei ristoratori di cui si fidava già prima, evitando luoghi di cui non ha abitudine o certezza. Quindi, chi avrà costruito una clientela potrà provare a resistere. E dico resistere perché quest’anno non ci saranno sprint per nessuno, sarà già una salvezza restare a pelo d’acqua e non affondare. Si parla di una contrazione generale di almeno 12/18 mesi!
E tu, chi vorrai essere?
In questi giorni sto rileggendo un saggio di Jered Diamond, Armi, Acciaio e malattie, breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni. E non posso non pensare come effettivamente da sempre un semplice evento naturale può trasformare, se non cancellare, un segmento di mercato, o azionare un cambiamento inarrestabile. Il delivery, il takeaway per molti erano il male, oggi si sono rivelati un’ancora, a tutti i livelli, anche nel luxury stellato. Nell’800 avere una miniera di carbone era roba da milionari, oggi, con l’avvento del metano, chi aprirebbe una miniera di carbone? E se lo fa, a quante norme ecologistiche o di sicurezza deve sottostare? Quanti imprenditori sono morti con la frase in bocca “Ora tornerà tutto come prima!”? In un mese e mezzo avrò letto almeno una decina di “manifesti” del settore, frastagliato e segmentato, mai regolarizzato o unito in una sola rappresentanza, e ognuno reclama una ricetta salvavita differente. Purtroppo non esiste, come dicevo, il vaccino per tutti: nel libero mercato imprenditoriale ognuno deve essere il medico e la cura di se stesso, ogni giorno, che piaccia o meno. Sì, certo, è giusto pretendere la “pasticchetta” dallo Stato, ma non sarà mai la cura definitiva.
E quindi, come affrontare il dopo? Torno a Jered Diamond – e concludo – per ricordare che durante le “glaciazioni”, o gli eventi epocali, si salvano sempre i piccoli, meglio se piccolissimi, perché hanno un consumo energetico minore, minori necessità (chi avrà magari la moglie in cucina e lui in sala?), ma anche chi sa muoversi in gruppo per preservare la specie sacrificando alcuni membri malati (catene, holding, organizzazioni che possono permettersi chiusure e bilanciare perdite?), ma soprattutto, da sempre, gli intelligenti (chi sa adattarsi e reinventarsi?). Quelli mossi da pulsioni solipsiste, i dinosauri (quei carrozzoni che arrancavano già prima goffamente?), beh, ecco, in genere, i dinosauri, muoiono tutti, sempre… E tu, chi vorrai essere?
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