Un approfondimento sulla produzione vinicola della Nuova Zelanda promosso dall’ONAV di Piacenza
di Informacibo
Ultima Modifica: 15/05/2015
di Giovanni Crotti, appassionato assaggiatore Onav
Con una superficie poco inferiore all’Italia e soli quattro milioni e mezzo di abitanti, la Nuova Zelanda è realmente un mondo agli antipodi rispetto all’Europa. Ma solo geograficamente: dal punto di vista storico è una ex colonia britannica e dal punto di vista enologico è strettamente legata alla Francia e all’Italia, sebbene abbia sviluppato uno ‘stile’ enologico proprio. E proprio “Enologia agli antipodi” è stato il titolo scelto dall’ONAV di Piacenza per un approfondimento didattico e organolettico dell’enologia neozelandese.
La serata è stata curata da Matteo Gatti, ricercatore in viticoltura presso l’Università Cattolica piacentina, docente Onav e profondo conoscitore della produzione vinicola della Nuova Zelanda, avendo soggiornato a lungo in quel lontano paese. La serata ha avuto luogo presso i locali dell’Università Cattolica di Piacenza con la partecipazione di cinquanta tra assaggiatori, sommelier, produttori e appassionati di vino.
I francesi arrivano in Nuova Zelanda a metà dell’800 con i vitigni internazionali (in primis, pinot nero, merlot e sauvignon blanc) ma imprescindibile è il contributo dell’Italia con Romeo Bragato, consulente enologico di origine veneta che ha avuto un ruolo estremamente significativo nello sviluppo vinicolo di quel paese. Grazie al suo apporto, infatti, è stata fatta la prima mappatura delle aree a maggiore vocazione vitivinicola e al suo nome è intitolato il più importante concorso enologico nazionale.
Oggi la Nuova Zelanda può contare su dieci regioni a maggiore vocazione vinicola. La più importante è quella di Malborough, nella parte settentrionale della cosiddetta Isola Sud. Con la Hawke’s Bay, che si trova nell’Isola Nord e la Central Otago (anch’essa nell’Isola Sud), le tre aree vinicole più importante sommano circa l’85% dell’intera superficie nazionale vitata. Gli ettari vitati in totale sono 35mila (ovvero, l’intero areale viticolo della provincia piacentina sommata a quello pavese con ulteriore aggiunta di pezzi parmensi e tortonesi) e tra le varie curiosità spicca la detenzione di regione vinicola più a sud dell’intero pianeta a vantaggio della succitata Central Otago.
Dal 1990 si è assistito a una vera e propria esplosione della viticoltura tanto da poter parlare di enologia emergente che ha per principale protagonista il sauvignon blanc. Ampelograficamente questo vitigno internazionale di derivazione francese occupa circa il 60% dell’intera superficie nazionale vitata, seguito dal pinot nero, dal pinot grigio e dallo chardonnay: l’enologia neozelandese è fondata al 90% su questi quattro vitigni internazionali di importazione francese. Circa l’80% delle uve che vengono annualmente raccolte in Nuova Zelanda proviene dall’area di Malborough e il 10% dalla Hawke’s Bay. Ci sono in Nuova Zelanda circa 700 aziende vinicole con assenza di cultura e aggregazione cooperativistica. La media di ettari pro produttore è di 50 (in Italia è in media di due ettari a produttore), con una attenzione straordinaria alla sostenibilità ambientale, ai cui programmi governativi ha ormai aderito pienamente il 95% dei produttori. Tutti i premi e le agevolazioni di inserimento nelle guide enologiche prevedono che il produttore faccia uso quotidiano di azioni ambientalmente sostenibili riguardanti i prodotti in uso agricolo, la razionalizzazione dell’acqua in irrigazione e altre misure pro ambiente, tanto da poter parlare, oltre che di enologia emergente anche di enologia tecnologicamente molto avanzata.
La resa per ettaro è di 150 q/ha per il sauvignon blanc, 100 q/ha per il pinot grigio, 90 q/ha per lo chardonnay e 65 q/ha per il pinot nero. Paragonando queste cifre con quelle europee, potremmo sintetizzare che ci si trova al di sopra della media per quel che riguarda il sauvignon blanc e in linea con gli altri tre vitigni. La Nuova Zelanda è dunque terra di importanti vini bianchi, seguiti da una sempre maggiore affermazione anche dei rossi. Poco rilevante è la produzione di altre tipologie vinicole: le bollicine nazionali ancora sono poco presenti.
Le politiche di marketing sono molto aggressive e la regolamentazione interna del mercato del vino improntata al più puro liberismo: ciò determina un export crescente e la mancanza di disciplinari paragonabili alle DOC italiane o alle AOC francesi. In particolare, il sauvignon blanc neozelandese (vero prodotto di punta con l’85% sul totale delle esportazioni) è ormai centrale nei gusti giapponesi, statunitensi, britannici e olandesi.
Per concludere ecco qui sotto l’elenco in sequenza dei nove vini degustati, rappresentativi della produzione nazionale e tutti enologicamente molto ben fatti e con pregevoli caratteristiche organolettiche.
Piccola curiosità (per noi europei, non per i neozelandesi presso i quali è prassi comune): otto dei nove vini in programma hanno il tappo a vite.
- Sauvignon Blanc 2014 dell’azienda Cloudy Bay proveniente dalla regione del Malborough sottozona Wairau Valley (Isola Sud)
- Sauvignon Blanc 2013 dell’azienda Ant Moore proveniente dalla regione del Malborough (Isola Sud)
- Riesling 2012 dell’azienda Riesling Valli proveniente dalla regione del Central Otago (Isola Sud)
- Pinot Gris 2012 dell’azienda Amisfield proveniente dalla regione del Central Otago sottozona Pisa Range (Isola Sud)
- Chardonnay 2009 dell’azienda Pegasus Bay proveniente dalla regione del Canterbury (Isola Sud)
- Syrah 2012 dell’azienda Elephant Hill proveniente dalla regione della Hawke’s Bay (Isola Nord)
- Alluviale Red 2012 dell’azienda Alluviale proveniente dalla regione della Hawke’s Bay (Isola Nord), blend Merlot – Cabernet Sauvignon
- Jackson Block Pinot Noir 2010 dell’azienda Terra Sancta proveniente dalla regione del Central Otago (Isola Sud)
- Pinot Noir 2010 dell’azienda Cambridge RD proveniente dalla regione del Wairarapa (Isola Nord)
Condividi L'Articolo
L'Autore