Umani Ronchi dopo il lockdown: ripresa al rallentatore per il Verdicchio - InformaCibo

Umani Ronchi dopo il lockdown: ripresa al rallentatore per il Verdicchio

"La vendita è calata notevolmente a causa della chiusura. Alla fine è stata la grande distribuzione a trascinare l’imbottigliamento"

di Emanuele Scarci

Ultima Modifica: 30/06/2020

Tutto sommato il Verdicchio si è difeso meglio dal virus rispetto a tanti altri vini. Ma i conti con il dopo lockdown di uno dei migliori bianchi italiani rimangono difficili: una ripresa al rallentatore, con la ristorazione ancora sotto choc e il popolo dei consumatori che, spaventato dalla malattia, fa fatica a tornare alle vecchie abitudini. E questa estate si dovrà fare a meno di una fetta consistente di turismo internazionale.

“Dal punto di vista quantitativo non è andata male durante il lockdown – esordisce Michele Bernetti, titolare dell’azienda vinicola marchigiana Umani Ronchi, un brand del Verdicchio di qualità -. Le giacenze in cantina sono scese in misura abbastanza regolare. Forse una misura esatta di quello che è accaduto nella grande distribuzione non l’abbiamo: ci manca uno strumento di monitoraggio. Ma, per esempio, la bottiglia da 750 è calata. Così come è calato l’imbottigliamento del Verdicchio Superiore, la parte più qualificata del vino che è offerta quasi interamente in Horeca: la vendita è calata notevolmente a causa della chiusura. Alla fine è stata la grande distribuzione a trascinare l’imbottigliamento”.

 

Bernetti, poco più che cinquantenne, è anche coordinatore del comitato del Verdicchio nell’ambito dell’Istituto marchigiano di tutela vini, il Consorzio del territorio marchigiano.

Qual è la situazione di Umani Ronchi?

Siamo presenti nella grande distribuzione solo a livello locale. Però siamo ramificati su tanti mercati: il 70% della produzione va all’estero. Abbiamo un legame stretto, per esempio, con l’Horeca americano e all’asporto in Svezia, Canada e, in parte, in Giappone. Questi mercati ci hanno consentito di salvare la pelle soprattutto in marzo e aprile, quando il panico da covid li ha indotti a fare magazzino. Mentre in Italia la chiusura dell’Horeca era già totale. Il mese più duro è stato maggio. Ma poi il risveglio è stato visibile, soprattutto in Germania. Anche la Svizzera sembra avviata molto bene.  Reattiva anche l’Asia, considerato che un paese come la Corea non ha mai smesso di lavorare.

Qual è la situazione in cantina dei produttori di Verdicchio?

Venivamo da una vendemmia scarsa. E, alla fine, se il trend è quello attuale arriveremo alla prossima abbastanza scarichi. Certo, poi c’è da pensare che dobbiamo affrontare una nuova vendemmia che, a oggi, appare abbondante, sensibilmente sopra lo scorso anno. Per questo dobbiamo confrontarci nel Consorzio e decidere se adottare qualche provvedimento.

A giugno, le giacenze di Verdicchio segnalate dal ministero delle Politiche agricole ammontano a 126 mila ettolitri. Meno del 2019 che però beneficiava di una vendemmia abbondante dell’anno prima.

La vendemmia del 2018 è stata una delle più abbondanti di sempre. Vado a memoria: 240mila quintali di uva. Siamo quindi arrivati carichi a un 2019 che ha perso il 20% di produzione. Se poi considera che s’imbottigliano circa 150/160 mila ettolitri l’anno di Verdicchio la situazione non è drammatica. Ma se si fa un’analisi del prezzo medio, ci accorgiamo che si è mossa la fascia di prezzo più bassa.

Incombe la vendemmia: che fare?

Non possiamo dormire: tra 2 mesi c’è la nuova vendemmia e se la temperatura salisse potrebbe arrivare prima del previsto. Per di più la situazione di mercato non è favorevole. Sta ripartendo tutto, ma lentamente: sappiamo che arriveremo a fine anno con livelli eccedentari per tutti i vini bianchi italiani. I prossimi mesi non saranno semplici: oggi abbiamo un quadro chiaro dei numeri e dovremo parlarne in Consorzio per adottare eventuali misure.

Per il Verdicchio si porrà quindi il taglio delle rese?

Credo che possa accadere. Dobbiamo guardare avanti e una domanda dobbiamo porcela. Alla fine si potrà optare per un taglio delle rese o per l’istituzione della riserva vendemmiale, ma qualcosa andrà fatto. Anche per evitare fenomeni speculativi derivanti dall’abbondanza in cantina. A cavallo tra giugno e luglio sarà necessario adottare qualche provvedimento. In tempo utile per comunicarlo agli associati.

Quanto è la resa attuale del Verdicchio?

Abbastanza alta: 140 quintali per ettaro. Il Verdicchio Superiore sta a 110 quintali e la Riserva a 95. Nei fatti però negli ultimi 10 anni la resa media non è arrivata nemmeno a 110 quintali/ettaro. In Umani Ronchi abbiamo annate in cui si arriva a malapena a 110 quintali e in altre nemmeno a 100. Quindi le potenzialità non sono sfruttare quasi da nessuno: tuttavia sono cambiate le filosofie e gli impianti anche se il disciplinare è rimasto un po’ indietro, oggi è una sorta di “calderone” che raccoglie tutte le uve. Mentre l’idea che sta prendendo piede è quella di segmentarlo per fasce di prodotto. Si tratta di definire le varie tipologie di prodotto.

Quindi ci state lavorando?

Sì, ci stiamo lavorando perché la realtà è variegata: ci sono cantine sociali, tanti piccoli produttori, tanti giovani. Anche per questo le cose sono cambiate insieme alle aspettative della Denominazione. Un tempo c’era soltanto il viticoltore che faceva il conferitore alla cantina sociale. Ora quella parte si è ridotta tantissimo e tanti produttori vogliano fare qualità. Da qui le aspettative degli stakeholder sono diverse.

Il Montepulciano è l’altro grande vino di Umani Ronchi. I dati sulle giacenze indicano livelli pressoché allineati all’anno precedente.

Da quello che so non ci sono state grandi cancellazioni di contratti. Il Montepulciano si produce in Abruzzo e nel Conero ma è molto più grande del Verdicchio che dispone di “soli” 2.100 ettari. Il Montepulciano è permesso produrlo anche in cantine sociali con imbottigliamento fuori zona, ma è un vino con una sua richiesta ed è conosciuto all’estero. Il prezzo è abbordabile, a volte anche basso.

Cosa pensa della gestione governativa del lockdown? 

È stata pessima. Lo dico non solo da produttore di vino ma anche da gestore del Grand Hotel Palace di Ancona, dove ci siamo avventurati anche nella ristorazione. E’ stata una gestione della crisi drammatica: non sapevamo quando si riaprisse. Ha prevalso la confusione e noi del vino ci siamo cascati dentro in pieno. Oggi si continua a pagare questa situazione: i ristoranti lavorano poco. E per le visite in cantina non si sa con precisone quali regole seguire. Ci sono troppe norme, ne bastavano poche ma di buon senso. 

Come procedono i pagamenti da parte dei vostri clienti?

A marzo e aprile ho avuto paura: incassi Italia pari a zero. In marzo sono state riscosse solo il 4% delle ricevute bancarie. Più del 90% respinte. Oggi i pagamenti stanno rientrando, eccetto qualcuno in ritardo che alla fine non pagherà perché in grave difficoltà. Questa componente la stimiamo nel 20%. 

Umani Ronchi ha chiesto prestiti garantiti dallo Stato?

Sì. Quelli previsti dal Decreto legge Rilancio. La banca ha dato velocemente il suo benestare, forse perché l’azienda ha un buon rating, ora aspettiamo il via libera dello Stato. Speriamo arrivi presto.

Il lockdown faciliterà i passaggi di mano di aziende in difficoltà?

Penso di sì. Viviamo un momento particolare: per mutui, prestiti, Cig e parte fiscale è tutto sospeso. Ma in settembre le procedure verranno riavviate e chi non ha spalle sufficientemente solide rischia. Il fatto è che il mercato è in contrazione e questo creerà problemi agli anelli deboli della filiera.

Quindi non si tornerà alle vecchie abitudini?

No. Se prima della pandemia mi avesse chiesto di fare riferimento a un fenomeno particolare degli ultimi anni, avrei indicato la saturazione dei mercati. Tutti gli attori della filiera sono saturi di mandati e contratti perché il mondo del vino è cresciuto enormemente ma il mercato è pressoché lo stesso. Nel momento in cui si restringerà il mercato qualcuno cadrà. Questa è la mia idea.

Quale il fatturato 2019 di Umani Ronchi?

Ricavi a 12,5 milioni (72% all’export) e un Ebitda vicino ai 2 milioni. Le bottiglie prodotte sono 3,2 milioni. La Posizione finanziaria netta di -4 milioni.

Qual è il mix dei vini di Umani Ronchi?

Il Verdicchio pesa per il 40%, il Montepulciano per il 40% e il Conero per il 20%.

Nel futuro di Umani Ronchi c’è una Doc che può interessare?

Guardo più a una Doc tra Marche e Abruzzo per poter conseguire una presenza qualificata: una piccola cantina con vigna che si integri con il nostro portafogli. Fuori dalla nostra denominazione la vedrei commercialmente difficile perché i nostri partner trattano già quei prodotti. Oggi però l’idea di investire puntava su un progetto, già approvato, per una cantina in Abruzzo, al centro della nostra azienda. Con la pandemia abbiamo deciso di rinviare al prossimo anno, in attesa di vederci chiaro.

Per quest’anno stima un calo dei ricavi a una o due cifre?

È probabile che i ricavi si erodano a due cifre. Per recuperare completamente dovremmo realizzare performance a tripla cifra. E questo ci dispiace moltissimo: a fine marzo eravamo avanti sull’anno prima.

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