Torino, itinerario gastronomico per cioccolato-lovers
Dal bicerin ai gianduiotti, dal cuneese agli amaretti, itinerario goloso nella città sabauda e dintorni, tra caffé storici e pasticcini
di Informacibo
Ultima Modifica: 03/12/2018
Cioccolato in tutte le forme: a biscotto, crema o pralina. Dove? A Torino, la destinazione perfetta per i più golosi. Puoi immaginare di essere una elegante dama dell’ottocento, profumata e un po’ fru-fru, la veletta calata sugli occhi e un sorriso misterioso nascosto dal ventaglio. L’ambiente è perfetto, caffè storici d’epoca, nessuna città italiana ne offre così tanti.
Per la visita ai più antichi e famosi sarà bene scegliere come punto di partenza piazza Castello dove troviamo il Bar Pasticceria Baratti & Milano e il Mulassano ritrovo dei notabili di Casa Reale. Sotto i portici di piazza San Carlo – due passi – c’è il Caffè Torino, la cui specialità è il “bicerin”, tonificante cioccolata a base di caffè e crema di latte servita in bicchieri col manico in metallo, il bicerin appunto.
Il bicerin di Torino è riconosciuto come “bevanda tradizionale piemontese” con pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.
Nell’Ottocento, anche per ripararsi dai rigori del freddo, la bevanda si trasformò in tentazione alla moda che ha annoverato fra i suoi consumatori personaggi illustri quali il conte Camillo Benso di Cavour e Alexandre Dumas padre.
Quando il clima si fa caldo invece gli amanti del cioccolato a Torino possono recarsi in piazza Carignano: il gelato si gusta da Peppino, il primo emigrante siciliano che dal 1935 continua a far fortuna col mitico “pezzo duro” e con il “pinguino” gelato da passeggio dall’anima di crema e guscio di croccante fondente.
In Piemonte e non solo a Torino, gli storici caffè fanno parte del patrimonio regionale. Da queste botteghe si intuisce il vero animo della regione, rigoroso e determinato, ma non indifferente ai piaceri dell’ozio. Questi locali hanno mantenuto gli arredi d’epoca, serbando le atmosfere raffinate e scenografiche delle origini: sfarzosi tendaggi, lampadari romantici che si riflettono con civetteria in specchi, marmi e stucchi, splendidi ambienti risalenti al secolo scorso o anche molto prima.
A Napoleone Bonaparte si deve invece la specialità dei gianduiotti.
Quando Il Piemonte fu conquistato dalle truppe francesi e il rifornimento del cacao divenne irregolare perché gli inglesi ostacolavano con la loro potente flotta i trasporti marittimi, i maestri pasticceri raggirarono il problema miscelando il cacao disponibile con le squisite nocciole “tonda e gentile delle Langhe” tostate e macinate, creando un cioccolatino dal sapore nuovo, il “givù” termine che in piemontese significa “mozzicone di sigaretta”.
La novità riscosse un grande successo e si continuò a produrlo anche quando il bisogno di supplire alla carenza di cacao venne meno. Si elaborò un cioccolatino a forma di spicchio dalla pasta tenera e morbida a base di cacao, zucchero, burro di cacao e, ovviamente, nocciole che prese il nome da Gianduia la tipica maschera piemontese, prodotto ormai diffuso in tutto il mondo: il gianduiotto.
Di qualità non inferiore è la crema gianduia dal sapore inimitabile, fragrante, eccellente, spalmabile. Sicuramente Torino fa parte del regno del cioccolato: se questo era considerato il cibo degli dei, le numerose pasticcerie perfettamente conservate con boiseries d’epoca, ne sono l’ambiente di elezione dove ritrovare la passione diffusa per uno dei piaceri della vita, un’attrazione che eccita intelligenza e sensibilità, gola, palato, desiderio.
Tutti sanno che il cacao arrivò in Europa dopo la scoperta dell’America. Il primo documento sul cioccolato è la patente con la quale Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours , nel 1678, autorizza Giò Antonio Ari a produrre e mettere in commercio la cioccolata. Ma soltanto nel 1802 i maestri pasticceri riuscirono a risolvere l’annoso problema di trasformarla da liquida a solida e presentarla in tavolette. Da allora sorsero laboratori di pregio e ancora oggi la città sabauda resta un importante centro di produzione artigianale.
Già nel seicento era un’aristocratica usanza regalare per Pasqua uova di legno o lega metallica tempestate di pietre preziose. L’estro della vedova del cioccolatiere Giambone creò le prime uova di cioccolato che, inutile dire, ebbero un enorme successo.
Torino è ricca di laboratori artigianali dove si produce cioccolato di qualità secondo la tradizione dei maestri di un tempo e delle attuali ricette innovative. Al fine di salvaguardare e tramandare una tradizione lavorativa queste hanno adottato il “Disciplinare sul Cioccolato” che obbliga le aziende aderenti a non usare grassi vegetali e ad utilizzare il burro di cacao anche per i ripieni. Nocciole e polpa di frutta devono tassativamente essere IGP e di alta qualità e sono consentiti solo aromi e additivi naturali. Tutti sono sempre alla ricerca di gusti nuovi. L’ultima tentazione la dobbiamo al pasticcere Guido Gobinio, che ha posto in vetrina in prima fila il vernuij, reinterpretazione del cuneese al rhum con meringa e cioccolato extra amaro.
L’invenzione degli amaretti si deve a Francesco Moriondo, maestro pasticcere alla corte dei Savoia nella prima metà del ‘700, che scelse Mombaruzzo (Asti) per aprire un laboratorio dove produrre questo biscotto a base di mandorle e chiare d’uovo, laboratorio tuttora attivo dove i suoi discendenti preparano gli amaretti a regola d’arte secondo la ricetta originale. Da allora le fabbriche di questo dolce si sono moltiplicate.
Particolarmente rinomati sono anche i caffè del cuneese, il Caffè Converso di Bra,il Caffè Calissano di Alba, il Caffè Bruno di Cuneo, la Pasticceria Barbero a Cherasco. Cioccolato finissimo, praline, cubetti, baci di dama, confetteria e biscotteria fragrante, prelibatezze senza uguali, di grande tentazione. Botteghe incantate, silenziose dove, all’ingresso, si è inondati da profumi inebrianti e si percepisce il calore del forno in retrobottega, sugli scaffali una profusione di vasi di cristallo stracolmi di caramelle e cioccolatini che avvincono ed attirano. A richiesta sono pesati con garbo ed attenzione, togliendo o aggiungendo quel pezzo che fa il peso giusto. Sul bancone vassoi di meringhe, paste alla crema, torte e tartufate di cioccolato nero. Alle pareti vetrinette con dolciumi di altri tempi, esposti e venduti, si direbbe, con parsimonia.
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