Sergio Mattarella: “l’Europa intervenga prima che sia troppo tardi”
Papa Francesco: “E ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo. Ma solo insieme. Nessuno si salva da solo”. Giuseppe Conte: "Europa: ci sono 10 giorni per battere un colpo"
di Donato Troiano
Ultima Modifica: 28/03/2020
L’Europa deve intervenire “concretamente”. Prima che sia troppo tardi.
Lo dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un discorso alla nazione, proprio mentre i dati dei morti, che nessuno poteva immaginare, sono i più alti dall’inizio dell’emergenza sanitaria: 969 morti nelle ultime ventiquattro ore.
I dati diffusi oggi 27 marzo 2020
E il giorno dopo la spaccatura al Consiglio europeo dove l’Italia chiede misure adeguate all’Europa per contrastare anche economicamente gli effetti dovuti alla crisi da coronavirus il nuovo messaggio alla Nazione del capo dello Stato rafforza la linea espressa dall’Italia: “Stiamo vivendo una pagina triste della nostra Storia. Le misure sono rigorose ma indispensabili. Il mondo ammira il nostro senso di responsabilità. Abbiamo altre volte superato periodi difficili e drammatici. Vi riusciremo certamente – insieme – anche questa volta“.
Ecco il discorso integrale del presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Roma 27 marzo 2020. «Mi permetto nuovamente, care concittadine e cari concittadini, di rivolgermi a voi, nel corso di questa difficile emergenza, per condividere alcune riflessioni. Ne avverto il dovere.
La prima si traduce in un pensiero rivolto alle persone che hanno perso la vita a causa di questa epidemia; e ai loro familiari.
Il dolore del distacco è stato ingigantito dalla sofferenza di non poter essere loro vicini e dalla tristezza dell’impossibilità di celebrare, come dovuto, il commiato dalle comunità di cui erano parte. Comunità che sono duramente impoverite dalla loro scomparsa.
Stiamo vivendo una pagina triste della nostra storia. Abbiamo visto immagini che sarà impossibile dimenticare. Alcuni territori – e in particolare la generazione più anziana – stanno pagando un prezzo altissimo. Ho parlato, in questi giorni, con tanti amministratori e ho rappresentato loro la vicinanza e la solidarietà di tutti gli italiani.
Desidero anche esprimere rinnovata riconoscenza nei confronti di chi, per tutti noi, sta fronteggiando la malattia con instancabile abnegazione: i medici, gli infermieri, l’intero personale sanitario, cui occorre, in ogni modo, assicurare tutto il materiale necessario. Numerosi sono rimasti vittime del loro impegno generoso. Insieme a loro ringrazio i farmacisti, gli agenti delle Forze dell’ordine, nazionali e locali, coloro che mantengono in funzione le linee alimentari, i servizi e le attività essenziali, coloro che trasportano i prodotti necessari, le Forze Armate.
A tutti loro va la riconoscenza della Repubblica, così come va agli scienziati, ai ricercatori che lavorano per trovare terapie e vaccini contro il virus, ai tanti volontari impegnati per alleviare le difficoltà delle persone più fragili, alla Protezione Civile che lavora senza soste e al Commissario nominato dal Governo, alle imprese che hanno riconvertito la loro produzione in beni necessari per l’emergenza, agli insegnanti che mantengono il dialogo con i loro studenti, a coloro che stanno assistendo i nostri connazionali all’estero. A quanti, in ogni modo e in ogni ruolo, sono impegnati su questo fronte giorno per giorno.
La risposta così pronta e numerosa di medici disponibili a recarsi negli ospedali più sotto pressione, dopo la richiesta della Protezione Civile, è un ennesimo segno della generosa solidarietà che sta attraversando l’Italia.
Vorrei inoltre ringraziare tutti voi
I sacrifici di comportamento che le misure indicate dal Governo richiedono a tutti sono accettati con grande senso civico, dimostrato in amplissima misura dalla cittadinanza.
Da alcuni giorni vi sono segnali di un rallentamento nella crescita di nuovi contagi rispetto alle settimane precedenti: non è un dato che possa rallegrarci, si tratta pur sempre di tanti nuovi malati e soprattutto perché accompagnato da tanti nuovi morti. Anche quest’oggi vi è un numero dolorosamente elevato di nuovi morti. Però quel fenomeno fa pensare che le misure di comportamento adottate stanno producendo effetti positivi e, quindi, rafforza la necessità di continuare a osservarle scrupolosamente finché sarà necessario.
Il senso di responsabilità dei cittadini è la risorsa più importante su cui può contare uno stato democratico in momenti come quello che stiamo vivendo.
La risposta collettiva che il popolo italiano sta dando all’emergenza è oggetto di ammirazione anche all’estero, come ho potuto constatare nei tanti colloqui telefonici con Capi di Stato stranieri. Anche di questo avverto il dovere di rendervi conto: molti Capi di Stato, d’Europa e non soltanto, hanno espresso la loro vicinanza all’Italia. Da diversi dei loro Stati sono giunti sostegni concreti. Tutti mi hanno detto che i loro Paesi hanno preso decisioni seguendo le scelte fatte in Italia in questa emergenza.
Nell’Unione Europea la Banca Centrale e la Commissione, nei giorni scorsi, hanno assunto importanti e positive decisioni finanziarie ed economiche, sostenute dal Parlamento Europeo.
Non lo ha ancora fatto il Consiglio dei capi dei governi nazionali. Ci si attende che questo avvenga concretamente nei prossimi giorni.
Sono indispensabili ulteriori iniziative comuni, superando vecchi schemi ormai fuori dalla realtà delle drammatiche condizioni in cui si trova il nostro Continente. Mi auguro che tutti comprendano appieno, prima che sia troppo tardi, la gravità della minaccia per l’Europa. La solidarietà non è soltanto richiesta dai valori dell’Unione ma è anche nel comune interesse.
Nel nostro Paese, come ho ricordato, sono state prese misure molto rigorose ma indispensabili, con norme di legge – sia all’inizio che dopo la fase di necessario continuo aggiornamento – norme, quindi, sottoposte all’approvazione del Parlamento.
Sono stati approntati – e sono in corso di esame parlamentare – provvedimenti di sostegno per i tanti settori della vita sociale ed economica colpiti. Altri provvedimenti sono preannunciati.
Conosco – e comprendo bene – la profonda preoccupazione che molte persone provano per l’incertezza sul futuro del proprio lavoro. Dobbiamo compiere ogni sforzo perché nessuno sia lasciato indietro. Ho auspicato – e continuo a farlo – che queste risposte possano essere il frutto di un impegno comune, fra tutti: soggetti politici, di maggioranza e di opposizione, soggetti sociali, governi dei territori.
Unità e coesione sociale sono indispensabili in questa condizione.
Un’ultima considerazione: mentre provvediamo ad applicare, con tempestività ed efficacia, gli strumenti contro le difficoltà economiche, dobbiamo iniziare a pensare al dopo emergenza: alle iniziative e alle modalità per rilanciare, gradualmente, ma con determinazione la nostra vita sociale e la nostra economia.
Nella ricostruzione il nostro popolo ha sempre saputo esprimere il meglio di sé. Le prospettive del futuro sono – ancora una volta – alla nostra portata. Abbiamo altre volte superato periodi difficili e drammatici. Vi riusciremo certamente – insieme – anche questa volta».
Papa Francesco: “E ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo. Ma solo insieme. Nessuno si salva da solo”
“Siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato.
Siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa.
Ci siamo trovati su una stessa barca fragili e disorientati, ma allo stesso tempo importanti e necessari, chiamati a remare insieme e a confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti. E ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo. Ma solo insieme. Nessuno si salva da solo“.
Bruxelles prende tempo: 15 giorni per decidere un’azione finanziaria coordinata
L’Italia chiede misure adeguate all’Europa per contrastare anche economicamente gli effetti dovuti alla crisi da coronavirus e quindi riapre le trattative al vertice Ue in videoconferenza sul piano contro gli effetti del coronavirus sull’economia, rifiutando la bozza di conclusioni. Intanto Bruxelles prende tempo: 15 giorni per decidere un’azione finanziaria coordinata. E’ la Germania che guida il fronte del no ai coronabond.
“Se qualcuno pensa si possano usare gli strumenti del passato, facciamo da soli: – afferma il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte – Ci sono 10 giorni per battere un colpo. Una risposta forte la dobbiamo a tutti gli europei”.
Nel contempo Mario Draghi chiede di non avere alcuna esitazione nella battaglia al coronavirus perché si potrebbero avere costi ‘irreversibili’ ed auspica decisi interventi pubblici per aumentare la liquidità, anche a costo di far crescere il debito pubblico.
“Siamo in sintonia”, ribadisce il premier Conte, secondo il quale serve uno shock, un’azione straordinaria. Conte nell’informativa al Senato aveva spiegato che “l’emergenza ci mostra anche l’importanza di tutelare le nostre industrie di interesse strategico, alla luce di un’ampia serie di rischi epidemiologici, ambientali, sismici, informatici e geopolitici. I più preziosi asset del Paese vanno protetti con ogni mezzo, e saremo in grado di lavorare in questa direzione a partire dal prossimo provvedimento normativo in aprile”.
“I Paesi membri – afferma il Fondo monetario internazionale – hanno gia’ intrapreso azioni straordinarie persalvare vite umane e salvaguardare l’attivita’ economica. Ma e’ necessario fare di piu’. La priorita’ dovrebbe essere data al sostegno fiscale mirato alle famiglie e alle imprese vulnerabili per accelerare e rafforzare la ripresa nel 2021”.
“Un’Europa così non serve a nessuno. A noi serve un’Europa che ora promuova solidarietà, investimenti diretti, coesione”, dichiara il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini: “E’ imprescindibile che, a fronte di una politica monetaria espansiva, arrivi immediatamente una scelta forte da parte delle istituzioni comunitarie per una politica fiscale espansiva”, Bonaccini definisce “la sostanziale fumata nera di ieri, un pessimo segnale: se qualcuno pensa ancora oggi di poter affrontare questa emergenza e le conseguenze economiche e sociali che ne deriveranno con le ricette dell’austerità significa che si è capito poco e non si è imparato nulla”. Dunque, rileva Bonaccini, “è essenziale che ogni governo abbandoni gli egoismi domestici, perché una pandemia non conosce confini né geografici né politici. Davvero ne usciremo tutti insieme o non ne uscirà nessuno“.
Draghi, dal Financial Times
Proteggere le persone, perché “la perdita di reddito non è colpa di chi la soffre”: il nuovo “whatever it takes” di Draghi che ha ricevuto il consenso del premier Conte
MARIO DRAGHI: UNA GUERRA CONTRO LA PANDEMIA
IL TESTO (fonte Corriere della Sera)
pandemia del coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche. Oggi molti temono per la loro vita o piangono i loro cari scomparsi. Le misure varate dai governi per impedire il collasso delle strutture sanitarie sono state coraggiose e necessarie, e meritano tutto il nostro sostegno.
Ma queste azioni sono accompagnate da un costo economico elevatissimo – e inevitabile. E se molti temono la perdita della vita, molti di più dovranno affrontare la perdita dei mezzi di sostentamento. L’economia lancia segnali preoccupanti giorno dopo giorno. Le aziende di ogni settore devono far fronte alla perdita di introiti, e molte di esse stanno già riducendo la loro operatività e licenziando i lavoratori. Appare scontato che ci troviamo all’inizio di una profonda recessione.
La sfida che ci si pone davanti è come intervenire con la necessaria forza e rapidità per impedire che la recessione si trasformi in una depressione duratura, resa ancor più grave da un’infinità di fallimenti che causeranno danni irreversibili. È ormai chiaro che la nostra reazione dovrà far leva su un aumento significativo del debito pubblico. La perdita di reddito a cui va incontro il settore privato – e l’indebitamento necessario per colmare il divario – dovrà prima o poi essere assorbita, interamente o in parte, dal bilancio dello stato. Livelli molto più alti di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e dovranno essere accompagnati dalla cancellazione del debito privato.
Il giusto ruolo dello stato sta nel mettere in campo il suo bilancio per proteggere i cittadini e l’economia contro scossoni di cui il settore privato non ha alcuna colpa, e che non è in grado di assorbire. Tutti gli stati hanno fatto ricorso a questa strategia nell’affrontare le emergenze nazionali. Le guerre – il precedente più significativo della crisi in atto – si finanziavano attingendo al debito pubblico. Durante la prima guerra mondiale, in Italia e in Germania soltanto una quota fra il 6 e il 15 per cento delle spese militari in termini reali fu finanziata dalle tasse, mentre nell’Impero austro-ungarico, in Russia e in Francia, i costi correnti del conflitto non furono finanziati dalle entrate fiscali. Ma inevitabilmente, in tutti i paesi, la base fiscale venne drammaticamente indebolita dai danni provocati dalla guerra e dall’arruolamento. Oggi, ciò è causato dalle sofferenze umane per la pandemia e dalla chiusura forzosa delle attività economiche.
La questione chiave non è se, bensì come lo stato debba utilizzare al meglio il suo bilancio. La priorità non è solo fornire un reddito di base a tutti coloro che hanno perso il lavoro, ma innanzitutto tutelare i lavoratori dalla perdita del lavoro. Se non agiremo in questo senso, usciremo da questa crisi con tassi e capacità di occupazione ridotti, mentre famiglie e aziende a fatica riusciranno a rimettere in sesto i loro bilanci e a ricostruire il loro attivo netto.
Il sostegno all’occupazione e alla disoccupazione e il posticipo delle imposte rappresentano passi importanti che sono già stati introdotti da molti governi. Ma per proteggere l’occupazione e la capacità produttiva in un periodo di grave perdita di reddito è indispensabile introdurre un sostegno immediato alla liquidità. Questo è essenziale per consentire a tutte le aziende di coprire i loro costi operativi durante la crisi, che si tratti di multinazionali o, a maggior ragione, di piccole e medie imprese, oppure di imprenditori autonomi. Molti governi hanno già introdotto misure idonee a incanalare la liquidità verso le aziende in difficoltà. Tuttavia, si rende necessario un approccio su scala assai più vasta.
Pur disponendo i diversi paesi europei di strutture industriali e finanziarie proprie, l’unica strada efficace per raggiungere ogni piega dell’economia è quella di mobilitare in ogni modo l’intero sistema finanziario: il mercato obbligazionario, soprattutto per le grandi multinazionali, e per tutti gli altri le reti bancarie, e in alcuni paesi anche il sistema postale. Ma questo intervento va fatto immediatamente, evitando le lungaggini burocratiche. Le banche, in particolare, raggiungono ogni angolo del sistema economico e sono in grado di creare liquidità all’istante, concedendo scoperti oppure agevolando le aperture di credito.
Le banche devono prestare rapidamente a costo zero alle aziende favorevoli a salvaguardare i posti di lavoro. E poiché in questo modo esse si trasformano in vettori degli interventi pubblici, il capitale necessario per portare a termine il loro compito sarà fornito dal governo, sottoforma di garanzie di stato su prestiti e scoperti aggiuntivi. Regolamenti e normative collaterali non dovranno ostacolare in nessun modo la creazione delle opportunità necessarie a questo scopo nei bilanci bancari. Inoltre, il costo di queste garanzie non dovrà essere calcolato sul rischio creditizio dell’azienda che le riceve, ma dovrà essere pari a zero, a prescindere dal costo del finanziamento del governo che le emette.
Le aziende, dal canto loro, non preleveranno questa liquidità di sostegno semplicemente perché i prestiti sono a buon mercato. In alcuni casi – pensiamo alle aziende con ordini inevasi – le perdite potrebbero essere recuperabili e a quel punto le aziende saranno in grado di ripianare i debiti. In altri settori, questo probabilmente non sarà possibile.
Tali aziende forse saranno in grado di assorbire la crisi per un breve periodo di tempo e indebitarsi ulteriormente per mantenere salvi i posti di lavoro. Tuttavia, le perdite accumulate potrebbero mettere a repentaglio la loro capacità di successivi investimenti. E se la pandemia e la chiusura delle attività economiche dovessero protrarsi, queste aziende resterebbero attive, realisticamente, solo se i debiti contratti per mantenere i livelli occupazionali durante quel periodo verranno alla fine cancellati.
O i governi risarciranno i debitori per le spese sostenute, oppure questi debitori falliranno, e la garanzia verrà onorata dal governo. Se si riuscirà a contenere il rischio morale, la prima soluzione è quella migliore per l’economia. La seconda appare meno onerosa per i conti dello stato. In entrambi i casi, tuttavia, il governo sarà costretto ad assorbire una larga quota della perdita di reddito causato dalla chiusura delle attività economiche, se si vorrà proteggere occupazione e capacità produttiva.
I livelli di debito pubblico dovranno essere incrementati. Ma l’alternativa – la distruzione permanente della capacità produttiva, e pertanto della base fiscale – sarebbe molto più dannosa per l’economia e, in ultima analisi, per la fiducia nel governo. Dobbiamo inoltre ricordare che in base ai tassi di interesse presenti e probabilmente futuri, l’aumento previsto del debito pubblico non andrà a sommarsi ai suoi costi di gestione.
Per alcuni aspetti, l’Europa è ben attrezzata per affrontare questo shock fuori del comune, in quanto dispone di una struttura finanziaria capillare, capace di convogliare finanziamenti verso ogni angolo dell’economia, a seconda delle necessità. L’Europa dispone inoltre di un forte settore pubblico, in grado di coordinare una rapida risposta a livello normativo e la rapidità sarà assolutamente cruciale per garantire l’efficacia delle sue azioni.
Davanti a circostanze imprevedibili, per affrontare questa crisi occorre un cambio di mentalità, come accade in tempo di guerra. Gli sconvolgimenti che stiamo affrontando non sono ciclici. La perdita di reddito non è colpa di coloro che ne sono vittima. E il costo dell’esitazione potrebbe essere fatale. Il ricordo delle sofferenze degli europei negli anni Venti ci sia di avvertimento.
La velocità del tracollo dei bilanci delle aziende private – provocate da una chiusura economica al contempo doverosa e inevitabile – dovrà essere contrastata con pari celerità dal dispiegamento degli interventi del governo, dalla mobilitazione delle banche e, in quanto europei, dal sostegno reciproco per quella che è innegabilmente una causa comune.
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