Salento fast food di tendenza - InformaCibo

Salento fast food di tendenza

La Puccia con verdure sottolio e Negroamaro spumantizzato prodotto con metodo Martinotti

di Donato Troiano

Ultima Modifica: 20/06/2018

Pausa pranzo in un viaggio nel Salento.

A Lecce, qualcosa di buono che rallenti la voglia di vedere tanto e tutti, che sia disinvolto e insolito per chi leccese non è?

La puccia non è l’ultima arrivata e i locali dove la si può gustare sanno di pane appena cotto, sottoli e verdure stufate. Nome accattivante che sa di infanzia e tavole del passato, niente a che fare con la “puccia”, il sugo dello spezzatino che in Lombardia si raccoglie col pane o con la polenta.

Quella salentina, anzi leccese, è un panino speciale di semola dal diametro tra i 20 e i 30 centimetri che tagliato a tasca, viene farcita a piacere con ingredienti poveri, stagionali e tipici della cucina salentina: melanzane, peperoni, zucchine, cicoria selvatica e una fetta di formaggio.

La sua morbidezza fuori dal comune ha coniato addirittura un modo di dire “moddi come na pucci”, soffice come una puccia. La derivazione etimologica del termine lo collega al pane militare dei legionari Romani, “puccidatu”, passato poi alla vita contadina condito con olive per pasti frugali nei campi, ma la sua connotazione in modalità fast food è nata per caso negli anni settanta. A Trepuzzi, un piccolo borgo in provincia di Lecce, il pizzaiolo Giovanni Caccetta mise in pratica il buon costume delle zie che invece di buttare l’eccesso della pasta del pane, ne facevano palline, che schiacciate e infornate, si trasformavano in panini gonfi senza mollica, pronti per essere farciti. Con le verdure di stagione nella puccia ci stanno benissimo quelle conservate sottolio, a partire dai pomodori secchi, ma anche i carciofi grigliati.

Le conserve “Prodotti per bene” della Società cooperativa a Minervino di Lecce

Una foto anni cinquanta con il sorriso accogliente della signora Luigina, fa da logo all’azienda Vizzino, la Società Cooperativa a Minervino di Lecce che della produzione di conserve ne ha fatto una tradizione d’impresa di famiglia. “Prodotti per bene” recita il pay off sulle etichette di una gamma varia di ortaggi, carciofi, paté, funghi e passate. Intorno al luogo dove avviene la trasformazione, un grande appezzamento è coltivato a zucchine, melanzane e peperoni. Nel fabbricato accanto, il tetto a terrazza ospita i tavolati dove essiccare i pomodori che verranno conservati come gli altri ortaggi in olio extra vergine di oliva. Nella terra salentina l’attività agricola è sempre stata una risorsa di rilievo: oggi in tutta l’area del Salento sono coltivati ben 83.000 ettari in uliveti, il 50% circa dei terreni coltivati con 58.000 aziende agricole che producono 400.000 quintali di olio. I vigneti occupano più di 30.000 ettari, il 17% della superficie agraria di tutto il Salento: Negroamaro, Primitivo, Malvasia Bianca, Malvasia Nera di Lecce. Aleatico, Bombino, i vitigni autoctoni.

Carlo Guarini con una dei suoi vini preferiti

La famiglia Guarini: una storia di vino con più di 900 anni

L’Azienda agraria Duca Carlo Guarini nei 700 ettari delle tenute di famiglia tra Lecce e Brindisi, rappresenta l’ottimizzazione della produzione agricola salentina: i vini, gli oli extravergine di oliva, le salse e le creme di ortaggi rispecchiano quella filiera corta che dalla terra arriva sulla tavola. Settanta di questi ettari ospitano i vigneti coltivati secondo il sistema di cordone speronato in asciutto.

Negroamaro vinificato in bianco con etichetta Duca Carlo Guarini

Fare vino per la famiglia Guarini è una storia che ha più di 900 anni, da quando Ruggero Guarini, cavaliere normanno, arrivò in Terra d’Otranto intorno al 1065. Tra i vitigni autoctoni coltivati, il Negroamaro è quello che si è prestato a lavorazioni più innovative, sempre in purezza e biologico certificato come tutti i vini ad etichetta Duca Carlo Guarini. Taersia è il nome dato al Negroamaro vinificato in bianco, un nome che ne identifica le peculiarità perché “taersìa” vuol dire burrasca, tempesta di vento nel dialetto dei pescatori e della gente di mare del Salento, una burrasca di novità nel panorama pugliese. Vento travolgente che ispira la voglia di cambiamento anche per “Piccole Bolle”, il Negroamaro spumantizzato bianco e rosato prodotto con metodo Martinotti, nella cantina dell’azienda a Scorrano, a 30 chilometri da Lecce. Il bianco è lo spumante dal profumo elegante e dal sentore agrumato, vino raffinato e versatile: con la puccia dà vita a un abbinamento in cui la tradizione immette le nuove tendenze di gusto.

A cura di Loredana Fumagalli

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