Ronchi di Castelluccio, sogni e ambizioni del Sangiovese - InformaCibo

Ronchi di Castelluccio, sogni e ambizioni del Sangiovese

di Simone Pazzano

Ultima Modifica: 17/09/2021

Un regista visionario che sogna di produrre grandi vini puntando tutto sulla qualità, due degli enologi più bravi del panorama italiano e una serie di idee audaci e all’avanguardia per i tempi. Sono questi gli ingredienti della ricetta che negli anni ’70 e per i decenni successivi hanno decretato il successo di Castelluccio di Modigliana, azienda vinicola romagnola fondata da Gian Vittorio Baldi, celebre regista e produttore cinematografico.

Una storia da film che non arriva sul grande schermo, ma direttamente nel bicchiere di appassionati e intenditori grazie ai sentori e al gusto di Sangiovese e Sauvignon Blanc che in questo territorio hanno trovato due delle loro espressioni migliori.

La storia della cantina

Folgorato dalla qualità e dalla “maestosità” del vino francese, il regista Gian Vittorio Baldi all’inizio degli anni ’70 vuole creare grandi vini italiani che segnino uno stacco forte e deciso da quella che era la produzione del momento. Il suo obiettivo è far compiere un salto di livello al vino italiano. Passare dalla logica contadina, imperniata sul concetto di quantità e priva di prospettive, a una visione più ambiziosa, che attraverso qualità e programmazione scientifica potesse avvicinare i mostri sacri francesi e far conoscere a tutti il valore del Sangiovese romagnolo.

La sua ricerca della location ideale lo porta a Modigliana, a pochi chilometri da Brisighella, a cavallo delle province di Forlì e Ravenna. Territorio di cui si innamora e da cui vuole tirar fuori le grandi potenzialità vitivinicole. E così nasce Ronchi di Castelluccio, un progetto ambizioso, audace e raffinato per l’epoca. Questo perché l’idea alla base della produzione era quella di coltivare a vigneto piccoli appezzamenti, chiamati appunto Ronchi, per produrre da ognuno dei vini da singola vigna.

Con la collaborazione dell’enologo Vittorio Fiore e con innovazioni tecniche importanti per quegli anni, Gian Vittorio Baldi e la sua azienda raggiungo risultati di alto livello in breve tempo. Nei decenni successivi nel panorama enologico italiano si ritagliano uno spazio importante grandi vini come Ronco delle Ginestre, Ronco dei Ciliegi, Ronco Casone e Ronco del Re (da uve Sauvignon). Bottiglie eccezionali che portano il nome del cru, fatto che oggi sembra normalissimo, ma che nel panorama vitivinicolo italiano dell’epoca non era ancora diffuso.

Nel 1989 al posto di Vittorio Fiore arriva Attilio Pagli, giovane enologo toscano, che diventerà uno dei più famosi di sempre. Il suo lavoro porta l’anno successivo all’uscita del Ronco della Simia, grande vino che segna un altro successo importante nella storia di Castelluccio. Nel 1999, a sorpresa, 10 anni dopo la sua uscita di scena, Castelluccio diventa di proprietà della famiglia Fiore, mentre dall’estate 2020 la storica azienda vinicola di Modigliana è stata acquisita dalla Società Agricola Ottoviti, produttrice dei vini Poggio della Dogana, che raccoglie l’eredità visionaria di Gian Vittorio Baldi con l’obiettivo di dar nuova vita al progetto di valorizzazione del Sangiovese di Romagna e dei suoi cru.

Il territorio e le sue caratteristiche

Dal punto di vista della collocazione geografica, Castelluccio è un gioiellino. Adagiata nelle dolci colline fra Brisighella e Modigliana, ad un’altitudine compresa tra i 253 e i 411 metri, con una pendenza che sfiora il 40%, è situata proprio sopra a quella che storicamente è chiamata “Vena del Gesso”, vasta area di calanchi formati dalla precipitazione dei sali di calcio dell’acqua quando, all’incirca sei milioni di anni prima, in quella zona c’era in mare.

I sottosuoli sono ricchissimi, composti di marna e calcare. Castelluccio segna l’inizio dell’appennino dove affiora la marnosa argnacca, i suoli perdono la conformazione argillosa e diventano sciolti, sabbiosi e poveri. La zona è circondata da vastissime formazioni boschive, ginestre, sorbi, giuggioli, ciliegi e melograni. Ci sono anche querce, castagni e faggi, con antichi olivi a completare la grande biodiversità del territorio.

Ronchi di Castelluccio: due vini per scoprire un territorio

Il Sauvignon Blanc Lunaria e il Sangiovese di Romagna Le More sono i due vini da provare per familiarizzare al meglio con la storia e le caratteristiche di questa realtà vinicola, tra eredità del passato e prospettive future.

Lunaria

Lunaria Sauvignon Blanc Ronchi di Castelluccio

Sauvignon Blanc in purezza prodotto dalle vigne più giovani di Castelluccio, Lunaria è un vino che non svolge macerazione, con fermentazione in cemento e affinamento esclusivamente in acciaio. Di un bel color giallo paglierino con riflessi dorati, il Lunaria al naso gioca su note fruttate e complesse di albicocca e rosmarino, con tocchi di macchia mediterranea. All’assaggio risulta teso e croccante, sapido, con ritorno fruttato-officinale. Un vino che lascia il segno, dal finale persistente, fresco e al contempo di ottimo corpo e, soprattutto, grande personalità.

I sentori peculiari del Lunaria lo rendono un vino altamente gastronomico, adatto anche a un abbinamento insolito per un Sauvignon Blanc, con crostini con baccalà mantecato su una purea di basilico.

  • Annata in commercio: 2020
  • Bottiglie prodotte: 4.000

Le More

Le More Sangiovese Ronchi di Castelluccio

Le More è un vino che nasce da un omaggio al sottobosco. Il Sangiovese parla normalmente un linguaggio (di frutti e di fiori) di colore “blu”. A Modigliana il microclima e le grandi estensioni dei boschi che la contraddistinguono fanno virare il colore verso sfumature più ‘dark’. Ecco spiegato il perché delle more in etichetta, una delle grandi intuizioni di Gian Vittorio Baldi.

Le More 2020 nasce come lo si faceva tradizionalmente a Castelluccio, da una selezione di quelle che sono le vigne più ‘giovani’, ovvero Vigna Sottovento e la cosiddetta Grossa Vigna, ma anche, in parte, dai Ronchi. Le More 2020 nasce da 15-20 giorni di fermentazione spontanea in acciaio e affinamento di circa 8 mesi sulle fecce fini, parte in cemento e parte in acciaio, per poi riposarsi altri tre mesi in bottiglia prima di essere commercializzato. È un vino ‘gioioso’, beverino e fruttato, fragrante, con tannini ‘leggiadri’, mai eccessivo, una vera fotografia del Sangiovese d’altura.

  • Annata in commercio: 2020
  • Bottiglie prodotte: 30.000

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L'Autore

Giornalista

Giornalista e digital strategist per ViaBagutta Comunicazione. Scrivo di food & beverage per testate di settore come Informacibo.it e Osserva Beverage de La Repubblica. Curo "Onde", una newsletter dedicata ai temi della comunicazione e "Blu Mediterraneo", community per gli amanti del mare.