Informagiro tappa 21 : scoprire il gusto di Roma in 10 assaggi
di Alessandra Favaro
Ultima Modifica: 24/05/2018
Roma, con i suoi tramonti rosa sui tetti non poteva che essere lei la protagonista della tappa conclusiva del Giro d’Italia. Capitale dell’Italia e della buona tavola, tra le osterie e trattorie romane sono entrati nella tradizione e nella conoscenza collettiva piatti storici come la Pajata (citata persino al cinema ma per un periodo “bandita” come vi spieghiamo più in fondo), i bucatini all’amatriciana, la cacio e pepe, i supplì, i maritozzi…
Una città dove è nato il concetto stesso di banchetto e il termine “luculliano“, per definire un pranzo o cena particolarmente abbondanti e fastosi. Il termine nasce da Lucullo, antico aristocratico Romano, in ricordo dei banchetti fastosi con cui il ricchissimo aristocratico intratteneva i suoi amici.
Se il Giro d’Italia 2018 con questa tappa finisce, non finiscono le ispirazioni, i sapori e gli assaggi che ha saputo regalarci a ogni tappa. Scopri la tappa di Roma dal punto di vista enogastronomico, e rivivi tutte le tappe di Informagiro cliccando qui
Roma a tavola… in 10 assaggi
- OGGI Lo chef stellato Igles Corelli ha scelto Roma. Lasciato il ristorante Atman di Lamporecchio, 1 stella Michelin, si concentra sulla Capitale, dove recentemente ha firmato la proposta culinaria di un nuovo ambizioso progetto: Mercerie.
- IERI Fu con la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero Romano, che la condizione alimentare dei Romani cambiò radicalmente. In particolare la battaglia di Azio (31 a.C.) segnò l’avvio dei contatti commerciali con l’Egitto, e quindi con l’Oriente e l’Asia così che, a partire dall’età augustea, iniziarono ad arrivare nell’Urbe prodotti provenienti da ogni paese e si può dire a ragione, insieme a Plinio, che Roma conobbe “tutto quanto la terra produce di bello e di buono”. Da questo momento si passò “dai cibi ai sapori”, ovvero si cominciò a vivere il piacere e il lato culturale dell’alimentazione. Nacque l’usanza di investire ingenti capitali nella preparazione di fastosi banchetti in cui facevano bella mostra di sé prodotti esotici ed elaborate pietanze. Per le classi benestanti romane, era come ostentare la propria ricchezza, come riferisce Marziale (Ep., XII,41) quando sottolinea la moda del suo tempo di mostrarsi e far parlare di sé tramite il gusto di mangiare: “non è sufficiente, per te, Tucca, essere goloso: vuoi che così si dica di te, e così apparire…”. (fonte: Ministero Beni Culturali)
- TERRITORIO L’agroalimentare del Lazio copre il 3% della ricchezza dell’intera economia regionale, con 6,3 miliardi di fatturato annui (dati Lazioinnova-Agrifood).Conta 409 Pat (prodotti agroalimentari tradizionali), 29 indicazioni geografiche per il settore food e 36 per il wine che insieme esprimono 90 milioni di euro di valore alla produzione (fonte: XV Rapporto Ismea – Qualivita sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane Dop Igp Stg). Solo il vino, nel 2017, segna un export di 62 milioni di euro, il doppio rispetto a dieci anni fa, con un incremento del 15% sul 2016 (dati Istat).
- A TAVOLA Coda alla vaccinara, carciofi alla giudia, pajata, spaghetti alla carbonara, crostata alle visciole, polpette, pasta cacio e pepe, pasta (gricia e amatriciana, Saltimbocca alla romana…
- NEL BICCHIERE Docg Cesanese del Piglio (rosso), Cannellino di Frascati (bianco), Frascati superiore (bianco), Doc Castelli romani (bianco, rosso e rosato).
- STREET FOOD Il Trapizzino, praticamente una scarpetta da asporto. Lo ha inventato Stefano Callegari, nel suo locale di Testaccio 00100, ed è diventato subito un must. Il nome lascia intuire di cosa si tratti: golosità allo stato puro: un triangolo di pizza bianca a mo di tramezzino, ripieno di cucina tipica romanesca: polpette al sugo, amatriciana, lingua, trippa, seppie con piselli, ecc… Dopo il locale di Testaccio, ribattezzato Trapizzino, è nato un omonimo locale a Ponte Milvio.
- FORSE NON LO SAPEVI Roma non è solo la capitale mondiale del cattolicesimo. La comunità ebraica di Roma è la più antica d’Europa. E si può mangiare cucina kosher nella zona del Ghetto, al Portico d’Ottavia.
- NEI DINTORNI La zona del Lago di Bracciano è famosa per le norcinerie.
- TENTAZIONI Dolce romano (e del centro Italia) per eccellenza, i maritozzi sono una tentazione irresistibile costituita da una pagnottella soffice ripiena di panna montata. Meno conosciuta ma altrettanto storica, è la crostata con le visciole.
- TRADIZIONI La pajata (in romanesco) o pagliata (in italiano) evoca la tradizione culinaria romana, tanto da aver trovato spazio anche in film e luoghi tipici, come quando il celebre attore Alberto Sordi che ne parla nel film “Il Marchese del Grillo”, ai luoghi diventati iconici per il piatto, come le trattorie nei quartieri più “popolari”: Testaccio, Trastevere, Garbatella. Eppure, lo storico piatto è tornato sulla tavola degli italiani solo nel 2015, dopo 14 anni di stop. Era infatti il 2001 quando l’Unione Europea né vietò commercio e consumo per limitare la diffusione della cosiddetta sindrome da mucca pazza (Bse). A causa delle restrizioni sanitarie adottate, il piatto a base di intestino di vitello sparì dai menu o divenne “clandestino”. L’emergenza è rientrata da diversi anni. E si può dire che questo piatto della tradizione capitolina sia stato l’ultima vittima della “mucca pazza”.
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