Retail e marketing, capire Greta per capire i consumatori di domani
Secondo uno studio della US Chamber of Commerce Foundation, i retailer stanno subendo questo fenomeno perché i giovani della Generazione Z rappresentano già oggi un mercato di 600 miliardi di dollari
di Vito de Ceglia
Ultima Modifica: 09/10/2019
Chi sono i giovani della Generazione Z? Quali aspettative hanno per il loro futuro? Come influenzeranno le strategie di marketing delle aziende nei prossimi anni? Sono solo alcuni degli interrogativi che assillano in questo momento le aziende del retail di tutto il mondo, alle prese con il fenomeno Greta Thunberg (foto in alto) e il movimento di lotta per i cambiamenti climatici rappresentato dalla prima generazione “mobile-first” della storia.
Nati dal 1995-2000 in poi, i giovani “Z” hanno attualmente 15-20 anni e saranno i consumatori di domani, quelli che decideranno – nel bene o nel male – la sorte di un brand con le loro decisioni di acquisto.
Mercato Usa
A quanto pare però, secondo uno studio della US Chamber of Commerce Foundation, la loro influenza è già oggi molto forte nel retail e pesa sulle scelte di acquisto la bellezza di circa 600 miliardi di dollari negli Usa.
Non solo, l’Istituto americano prevede che nel 2020 i consumatori della Generazione Z costituiranno il 40% del totale del mercato dei beni di consumo. Da dove partire, quindi, per intercettarli?
I dati provenienti dagli States ci parlano di queste persone come fedeli ricercatori di informazioni, anche quando la ricerca riguarda i prodotti. Oltre alla ricerca, amano imparare da auto-didatti: il 33% guarda lezioni online, il 20% legge i libri di testo sul tablet, e il 32% collabora con i propri colleghi online.
Nativi digitali
Il problema, per le aziende, è che con questa generazione sembra più difficile dialogarci rispetto alle precedenti: innanzitutto, perché i nativi digitali sono per definizione i primi ad essere cresciuti con pieno accesso alla rete e alle nuove tecnologie. Non a caso, utilizzano una media di 5 dispositivi (contro i 3 dei Millennials) – smartphone, desktop, notebook, TV, tablet e iPod -, ma soltanto 1 su 5 visita le pagine social delle aziende; hanno una soglia di attenzione molto bassa, 8 secondi al massimo; comunicano con velocità e soprattutto attraverso le immagini, vedi Instagram, e non più attraverso Facebook; preferiscono veicoli social più attenti alla privacy come Snapchat, Secret e Whisper; prediligono i servizi in streaming come Netflix e possono fare a meno della televisione o del PC, ma non di smartphone e di computer portatile, su cui passano 26 ore la settimana.
Brand e retailer
Pragmatici, iperconnessi e omni-channel sono considerati anche esperti nell’effettuare ricerche online e quindi sono poco propensi ad acquistare nei negozi fisici. E questo significa che brand e retailer dovranno trovare modi innovativi per attirarli nei punti vendita e creare con loro relazioni durature. Per farlo, devono però tenere conto che i giovani della Generazione Z sono molto consapevoli e preoccupati per l’impatto dell’uomo sul pianeta, motivo per cui esigono dalle aziende trasparenza nei processi produttivi. Parole come “naturale”, “sostenibile” e “organico” hanno infatti un forte impatto su di loro.
Idealismo, ma non solo
Un altro aspetto che differenzia fortemente la Generazione Z da quella precedente è la forte presenza di un forte spirito di imprenditorialità e di intraprendenza. Ben il 72% degli attuali studenti di scuola superiore intendono gestire un proprio business nei prossimi anni, mentre addirittura il 76% vorrebbe che il proprio hobby diventasse un lavoro. Secondo Fortune, infatti, se i Millennials aspettano di essere scoperti, i giovani della Generazione Z sono “pronti a sgobbare pur di riuscire”. Tutto questo, però, all’insegna dell’idealismo: vogliono provocare un impatto positivo sulla vita delle persone, e lasciare il proprio segno nel mondo attraverso le loro future attività di business. E cosa c’è dopo la generazione Z? Forse è ancora prematuro parlarne, ma si parla già di Generazione Alpha, quella dei nati dopo il 2010, chiamati anche screenager, che nascono con gli schermi touchscreen e crescono smanettando con il tablet.
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