Patto per il dopo Expo: Forum del Corriere della Sera con Maurizio Martina, Giuliano Pisapia, Fabrizio Sala, Giuseppe Sala, Diana Bracco, Gianluca Vago, Aldo Fumagalli e Leopoldo Freyrie
di Informacibo
Ultima Modifica: 13/10/2015
Riprendiamo il Forum Il patto per il dopo evento organizzato dal Corriere della Sera il 10 ottobre 2015
Gli impegni per il futuro a cura di Sergio Rizzo ed Elisabetta Soglio Expo, risorse e regole
Il dibattito al Corriere con VIDEO
La cosa più importante, e forse il punto di partenza più corretto, è sedersi tutti intorno allo stesso tavolo e confrontarsi.
Come è avvenuto al Corriere della Sera, durante il forum sul dopo Expo al quale hanno partecipato i rappresentanti di tutti i soggetti coinvolti in questa delicata partita.
Tutti a ripetere che serve un «patto istituzionale»: per garantire un futuro alle aree di Expo che diventi modello per il Paese e per l’Europa, bisogna anzitutto lavorare in squadra e non farsi condizionare dalle campagne elettorali prossime venture, dagli scatti in avanti e dalle manie di protagonismo. Serve un «progetto identitario», servono soldi (la Regione è pronta ad aggiungere 50 milioni), serve tempo, serve un’intesa fra pubblico e privato. Serve, soprattutto, un’alleanza.
Hanno partecipato all'incontro: Maurizio Martina, ministro per le Politiche Agricole e delegato ad Expo; Giuliano Pisapia, sindaco di Milano; Fabrizio Sala, assessore ad Expo, Regione Lombardia; Giuseppe Sala, commissario unico di Expo; Diana Bracco, presidente di Expo 2015 spa; Gianluca Vago, rettore dell’Università Statale; Aldo Fumagalli, vicepresidente di Assolombarda; Leopoldo Freyrie, presidente dell’Ordine degli Architetti.
Maurizio Martina
«Ci sono risorse straordinarie e l’impegno del governo» – «Questi mesi ci hanno dimostrato che Milano e il suo territorio hanno risorse davvero straordinarie. Vedo dunque una grandissima occasione per tutto il Paese, anche se siamo consapevoli dei rischi. Pur senza avere un ruolo operativo, in questo periodo abbiamo lavorato intensamente perché ci sentiamo corresponsabili. Arexpo cambierà natura: prima doveva semplicemente vendere i terreni, ora dovrà sviluppare l’area. E il governo ci sarà, con una quota importante in Arexpo perché Milano possa diventare l’apripista per affrontare il problema della città metropolitane. Per il successo dell’operazione bisogna dare un’identità chiara attorno a cui costruire tutto il resto. L’impegno dell’Università Statale è importante perché esiste una connessione evidente fra il tema di Expo e la nuova frontiera delle scienze della vita. Per quanto riguarda i tempi, distinguerei la necessità di impostare il lavoro rapidamente dall’avere un risultato subito. Il nostro Paese deve smettere di giudicarsi solo sulle tempistiche: sarebbe un grosso errore se a settembre 2016 partisse la polemica perché sul sito non c’è ancora nulla. L’importante è che si lavori a un grande progetto che necessita di una sua maturazione».
Giuliano Pisapia
«Un patto tra le istituzioni. E batteremo la corruzione» – «Che sia una sfida difficile non c’è alcun dubbio. Non possiamo nascondere i tanti problemi che ci sono stati, a cominciare dai tre anni di ritardo con cui siamo partiti. Ma in questi mesi non si è stati affatto fermi: ci siamo continuamente confrontati in via riservata. Avrebbe dovuto esserci un vertice a Roma giovedì scorso, per impegni del ministro è stato rinviato di pochi giorni. Partiamo da una base di partenza che gode di consenso unanime e in questo periodo ho ricevuto altre offerte anche da privati, come quella che mi è stata fatta da Illy per Altagamma, pronti ad entrare nella partita con un finanziamento importante. So che di mezzo avremo la campagna elettorale, ma sono certo che ciò non creerà ostacoli e il patto istituzionale stretto fra noi continuerà. Dopo il primo passo, l’ingresso del governo in Arexpo, dovremo affrontare il tema del protocollo d’intesa. Sono certo che in Italia è possibile fare grandi opere in tempi ragionevolmente celeri, senza infiltrazioni mafiose e corruzione».
Gianluca Vago
«I segnali sono positivi. Ora serve chiarezza sul futuro» – «L’assetto di Arexpo è un punto centrale e considero una svolta il fatto che il governo abbia deciso di prendere in mano la situazione. Questa convergenza di intenti è assolutamente positiva. Se il progetto funzionerà avrà dimensione nazionale. Quindi dovremo valutare bene i contenuti: perché un conto è investire, per esempio, su una dorsale digitale, altra cosa declinare il tema delle scienze umane che poneva Martina. Bisogna capire che connessione si stabilisce. Serve chiarezza sulla destinazione d’uso, va tutto scritto e formalizzato: è a parer mio la cosa più importante. Quanto alla gestione, è necessario ricondurre tutto a un’entità ben definita, ma non saprei dire se un commissario o la società Arexpo. Serve però di sicuro un punto di riferimento chiaro».
Aldo Fumagalli
«Tante dimostrazioni d’interesse da aziende grandi e piccole» – «Anche per noi quelle del governo sono dichiarazioni importanti. Avevamo auspicato un coinvolgimento diretto nazionale proprio perché Expo è stato costruito come patrimonio di tutti. Perché un’operazione come questa abbia successo occorrono tre elementi: condivisione, governance adeguata e un gruppo di cervelli, architetti, urbanisti ed economisti a cui affidare il compito di sviluppare un business plan che stia in piedi. Da parte nostra abbiamo proposto un hub della conoscenza con studenti, università e imprese. Non c’è da inventare nulla, basta seguire gli esempi di chi nel mondo ha già declinato questo tema, come a Berlino, Londra e Mosca. Insistiamo sul fatto che non si possa prescindere dall’information technology, considerando fra l’altro che il 50 per cento del biotech italiano è concentrato nell’area di Milano. Che il governo entri in Arexpo è certamente positivo, ma serve anche un salto di qualità in tempi rapidi. Abbiamo ricevuto tante dichiarazioni di interesse da aziende grandi, medie e anche piccole. Ma tutte vogliono sapere cosa, come e quando: abbiamo bisogno di un interlocutore unico e operativo ».
Giuseppe Sala
«Un piano finanziario concreto ha bisogno anche del privato» – «Dev’essere chiaro che il pubblico da solo non va da nessuna parte. Non ha risorse, capacità e attitudini. Rivediamo l’esempio di Expo: il privato, riconoscendo in questo management conoscenza e professionalità, ha compiuto un atto di coraggio con la concretezza di chi è abituato ad affrontare passaggi del genere. Bisogna trovare una persona capace che però, se non è un avventuriero, vi chiederà subito un piano e i soldi a disposizione. Si parla di Cassa Depositi e Prestiti: ma la banca dello Stato non può fare investimenti se non ha un ritorno garantito. E un piano finanziario concreto ha bisogno di una sponda nel privato. Suggerisco dunque di accelerare la riflessione sulla governance, ricordando che quella è un’area d’oro. Il polo universitario è una idea straordinaria e credo che se si muove il primo passo gli altri arriveranno. Abbiamo appena fatto un incontro con tutti i privati partner di Expo: perché lasciar morire questo patrimonio di aziende che invece potrebbe giocare un ruolo decisivo nello sviluppo futuro?».
Diana Bracco
«Abbiamo pronti gli alloggi per ospitare gli studenti» – «La partecipazione del privato è certo una necessità, e può diventare anche un pungolo per il pubblico. Poi però sento tanti buoni propositi, e vorrei anche chiarezza. Rettore Vago, le dico che ho a disposizione 500 mila metri quadrati. Lei che cosa ha intenzione di portarmi, soltanto laboratori o anche gli studenti? ».(Vago risponde: «Io penso di trasferire nell’area dell’Expo mezza università. Tutte le facoltà tecnologiche, per capirci. Parliamo di ventimila studenti»). «Se arrivano gli studenti abbiamo già pronti per loro e per i docenti gli alloggi di Cascina Merlata. Sono qui anche a rappresentare la Camera di Commercio: ci eravamo offerti di trasferire alcuni dei nostri uffici dentro palazzo Italia, che praticamente è già pronto all’uso. E poi dico anche al sindaco: il tribunale dei brevetti, estremamente qualificante e aperto all’Europa, non avrebbe senso in questo contesto? Infine, che tempi possiamo prevedere? Sappiamo tutti che ci vorranno almeno quattro anni».
Fabrizio Sala
«Investiamo altri 50 milioni. Ci convince l’idea della Statale» – «Sono d’accordo con il sindaco quando dice che qui sta funzionando il patto istituzionale e funzionerà ancora meglio quando anche il governo sarà in Arexpo e avremo tutti e tre ugual peso. Crediamo che l’Expo di Milano abbia segnato l’inizio di un nuovo modo di interpretare le esposizioni universali e quindi possiamo immaginare anche un nuovo modo di affrontare i dopo-Expo. A questo proposito la Regione Lombardia è disponibile a rinunciare al capitale investito per l’acquisto dei terreni e ad investire altri 50 milioni in Arexpo. Molte delegazioni economiche internazionali vengono da noi: siamo capaci di attrarre capitali, la forse dovremmo imparare a governarli. L’idea della Statale ci convince. Così come quella del polo tecnologico, anche perché l’errore più grosso sarebbe quello di limitarsi a concepire l’operazione come il semplice trasloco di sedi di multinazionali. Quell’area dovrà generare una nuova ricchezza e noi siamo disposti ad investire sapendo che passerà un po’ di tempo prima di avere un ritorno».
Leopoldo Freyrie
«Anche in Italia si può lavorare senza commissari e leggi speciali» – «Di fronte ad un progetto del genere bisogna fissare punti certi. Qual è la vocazione dell’area di Expo? Quanti sono i soldi a disposizione? E solo per arrivare a definire queste cose, ad essere molto bravi, servono mesi. Il coraggio sta nello sperimentare con la didattica, integrando con la produzione e il ruolo della conoscenza. Aggiungo una cosa: non mi piace che si stia già pensando a procedure speciali anche per il dopo Expo. Forse è arrivato il momento di dire che siamo cresciuti e vogliano essere capaci di fare da soli senza commissari e leggi speciali. Ora si stanno rimettendo a posto alcune cose. Per esempio si sta predisponendo il nuovo codice degli appalti. Bene, il dopo Expo potrà essere il banco di prova per vedere se funziona».
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