Olio di palma: la verità dall’industria dolciaria
di Informacibo
Ultima Modifica: 03/11/2015
di Mariella Belloni
La demonizzazione eccessiva dell’olio di palma, causata da una campagna mediatica denigratoria, rischia di diffondere informazioni parziali e inappropriate allarmando così il consumatore finale.
Per la prima volta, Aidepi ha organizzato al Park Hyatt di Milano un incontro per sfatare i tanti “falsi miti” che circondano questo ingrediente, ossia l’olio vegetale più usato al mondo (35% del totale) dalle aziende del settore dolciario per i propri prodotti.
Con il supporto di esperti nutrizionisti (Luca Piretta, Medico-Chirurgo, Specialista in Gastroenterologia ed Endoscopio Digestivo, Specialista in Scienza della Nutrizione Umana, Dipartimento di Scienze Cliniche dell’Università “La Sapienza” di Roma) e ricercatori in ambito medico-scientifico (Elena Fattore, Responsabile Unità valutazione del rischio degli inquinanti ambientali IRCCS Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri), nel corso dell’incontro con la stampa, Aidepi ha raccontato la sua verità su questo ingrediente, con l’obiettivo di fare chiarezza e tranquillizzare i consumatori sui reali impatti dell’olio di palma sulla salute umana.
Solo l’11% dell’olio di palma importato in Italia finisce in creme spalmabili, biscotti e merendine.
Allo stesso modo, appena il 10% del totale dei grassi saturi assunti nella dieta degli italiani, pari a circa 3 grammi al giorno, si deve a questo ingrediente. Per questo l’olio di palma non dovrebbe essere demonizzato, visto che se i grassi saturi sono un problema il 90% della responsabilità va imputato ad altri alimenti…
“L’olio di palma è un ingrediente di cui si sta molto dibattendo in questo periodo e, come AIDEPI, vorremmo che ci fosse un approccio corretto a questo argomento, senza demonizzazioni o prese di posizione “a priori”, soprattutto dal momento che – ad oggi – non esistono evidenze nella letteratura scientifica che mostrino la dannosità o la pericolosità per la salute provocata dal suo consumo, ed anzi il Commissario della DG SANTE’ Europea, Vytenis Andriukaitis ha risposto a una interrogazione parlamentare affermando che l’EFSA ha fornito un recente parere scientifico sulla composizione essenziale degli alimenti per bambini in tenera età e non ha espresso preoccupazioni scientifiche in merito all’olio di palma. Oggi abbiamo deciso di partire da questo punto per ribadire alcuni concetti e provare così a tranquillizzare il consumatore,
sfatando i tanti falsi-miti che circondano questo ingrediente” – ha spiegato Mario Piccialuti, direttore di Aidepi .
Olio di palma: l’Italia importa solo 2,4 del totale prodotto (di questo 11% va a produzione dolciaria)
Partiamo da un dato di fatto. Oggi l’olio di palma è l’olio vegetale più consumato al mondo, tanto che copre il 35% dell’intera produzione mondiale di oli vegetali (segue la soia col 27%, la colza col 14%, il girasole col 10%, mentre l’olio di oliva si ferma all’1% …).
Entro il 2050 la FAO stima una crescita di domanda e produzione del +40%, questo è dovuto ad una vera e propria esigenza “globale”, ossia sfamare gli oltre 800milioni di persone che supereranno la soglia di povertà e avranno bisogno di raggiungere un fabbisogno di grassi pari ad almeno il 30% della loro dieta (come auspicato dalla FAO e da OMS).
Anche in Italia l’olio di palma è usato come ingrediente in diversi prodotti alimentare, sebbene solo una piccola parte di quello che arriva qui sia destinato al settore dolciario.
Nel nostro Paese, fatto 100 il totale di olio di palma che importiamo – parliamo di 1 milione e 660 mila tonnellate (fonte: Coeweb-Istat), pari al
2,4% della produzione mondiale – solo il 21% è destinato all’alimentare nel suo complesso.
L’industria del dolce, in particolare, ne utilizza appena l’11% (175.000 tonnellate), pari allo 0,3% della produzione mondiale.
In pratica, additando biscotti, merendine e creme spalmabili come i principali utilizzatori di questo ingrediente si fornisce un’informazione sbagliata: il 90% di utilizzo di olio di palma, fa capo infatti ad altri comparti.
“Come industria del dolce scegliamo l’olio di palma – ha aggiunto Piccialuti – per alcune caratteristiche, come la capacità di aumentare la durata del prodotto, di ridurre il food waste, di conferire ai prodotti la necessaria “croccantezza” o cremosità – oltre al fatto di essere inodore e avere un sapore neutro. Per questo abbiamo potuto impiegarlo al posto di margarine e grassi idrogenati, a tutto vantaggio della salute del consumatore.
L’Olio di palma 100% certificato RSPO, obiettivo raggiunto dalle grandi aziende…
“Le grandi aziende aderenti ad Aidepi – ha continuato Mario Piccialuti – si sono impegnate ad acquistare il 100% di olio di palma sostenibile certificato RSPO. E hanno già raggiunto l’obiettivo. Possiamo dire che rispetto a una media mondiale di olio certificato RSPO del 18%, da noi siamo già a livelli di almeno il 60-70%. E stiamo lavorando perché anche le aziende più piccole si adeguino al più presto”.
Grassi saturi, dai dolci solo il 10% dell’intake quotidiano (circa 3 grammi)
Un altro importante aspetto messo a fuoco nel corso dell’incontro – di fondamentale importanza per i consumatori – riguarda la quantità di grassi saturi apportati realmente nella dieta degli italiani da questo ingrediente.
Si è scritto che la principale fonte di grassi saturi sarebbero infatti proprio i dolci, biscotti e merendine, in virtù dell’utilizzo dell’’olio di palma. Ma non è vero.
Se da una parte è giusto ricordare che il palma contiene effettivamente circa il 49% di grassi saturi (come il burro, anche se a differenza del burro non contiene colesterolo),è anche necessario sottolineare che
la percentuale di acidi grassi saturi che ogni giorno ci deriva dai dolci è effettivamente solo il 10% (3 grammi circa) del totale (circa 28 grammi procapite) assunto.
L’altro 90% dei grassi saturi che mangiamo viene infatti da altri alimenti per lo più di origine animale.
Studio Mario Negri: ecco il reale mix di alimenti che portano grassi saturi nella dieta degli italiani
In uno studio – “L’olio di palma e gli effetti sulla salute” – dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, firmato dalla dott.ssa Elena Fattore e dal Dr. Roberto Fanelli, commissionato da AIDEPI per verificare il reale impatto dei diversi alimenti sul consumo giornaliero di acidi grassi saturi, si sono combinati i dati di consumo medi nella popolazione italiana (Leclercq et al. 2009) con il contenuto di acidi grassi saturi delle principali categorie alimentari, rilevabile nelle tabelle di composizione degli alimenti dell’INRAN.
Si è arrivati così a individuare “i formaggi come categoria alimentare che contribuisce maggiormente all’assunzione di acidi grassi nella dieta, seguiti dall’olio di oliva, dalle carni e insaccati, dal latte, yogurt e dai dolci. L’intake totale medio di acidi grassi saturi ottenuto con questa stima è risultato pari a 28 g/persona-giorno e il contributo dei prodotti dolciari 2,88 g/persona-giorno, corrisponde al 10%”.
Formaggi e latticini – chiarisce lo studio – rappresentano il 41% del nostro intake di grassi saturi, l’olio d’oliva il 19% (in virtù del fatto che ne consumiamo in grande quantità), la carne rossa e gli insaccati il 13%.
Anche sulla base di queste evidenze la maggior parte dei nutrizionisti sostiene che l’olio di palma non vada demonizzato. Bisogna certamente tenere sotto controllo le quantità consumate, come deve accadere con qualsiasi altro alimento che contiene grassi saturi.
Bisogna evitare infatti di consumare complessivamente troppi grassi saturi e mantenersi comunque entro il livello di assunzione raccomandati (circa il 10% delle calorie assunte, e quindi non più di 22-28 grammi al giorno a testa in una dieta da 2.000-2500 kcal – fonte Cra-Nut ex INRAN).
Un prodotto fornito dalla natura
L’olio di palma è l’olio vegetale più utilizzato al mondo, nel 2014 l’olio di palma e l’olio di palmisto hanno rappresentato 60 dei 173 milioni di tonnellate di oli vegetali prodotti a livello mondiale (Fonte USDA)
Deriva dal frutto della palma da olio (Elaeis guineensis e Elaeis Oleifera, una pianta originaria dell’Africa occidentale e diffusa nella fascia equatoriale di cui si hanno evidenze fin dai tempi dell’antico Egitto (2600 a.c.). L’albero di palma cresce in regioni equatoriali e tropicali dove trova temperature ideali che variano tra i 24 ed i 32 gradi centigradi.
L’olio di palma si ricava dai frutti che vengono sterilizzati tramite vapore, denocciolati, cotti, pressati e filtrati per l’ottenimento dell’olio di palma. Il processo estrattivo è effettuato senza l’uso di solventi.
A seguito della spremitura, possono essere ottenuti ulteriori prodotti attraverso processi di raffinazione uno di questi, ad esempio è il frazionamento con cristallizzazione utile a separare la frazione liquida (principalmente composta da oleina) da quella solida (principalmente composta da oleina) da quella solida (principalmente composta da stearina):
La palma da olio si coltiva in 17 Paesi della fascia equatoriale, due dei quali, Malesia ed Indonesia, da soli rappresentano circa l’86% della produzione mondiale e fornisce sussistenza economica a diversi milioni di persone.
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