Non solo Bio: l’esaltazione della Natura nella diversità dei vini abruzzesi - InformaCibo

Non solo Bio: l’esaltazione della Natura nella diversità dei vini abruzzesi

di Informacibo

Ultima Modifica: 01/06/2016

di Giuseppe Simigliani
 
 
Definiamo i concetti di artigianalità e sostenibilità nel mondo del vino attraverso un confronto con tre cantine abruzzesi: Tenuta Arabona, Emidio Pepe e Podere Della Torre.
 
Siamo andati nel Padiglione 8 del Vinitaly 2016, per comprendere le varie sfaccettature di un mercato in piena crescita, ma che si sta anch’esso diversificando in delle nicchie di mercato distinte. Troviamo uno spazio destinato a tre associazioni differenti, accomunate da una forte etica in termini di sostenibilità, artigianalità e filiera corta: FederBio, ViVit e FiVi. Analizziamo le analogie e le differenze di queste tre diverse correnti di pensiero attraverso l’incontro con tre cantine abruzzesi che aderiscono distintamente a queste tre associazioni.
 
Quanti di voi, tra eno-appassionati e wine-lovers, hanno cercato di comprendere le differenze che sussistono tra i molteplici appellativi dei produttori di vino, magari andando alla ricerca di un vino artigianale, fatto “come una volta” o in qualche modo genuino? Le nomenclature sono molteplici: vini biologici, naturali, biodinamici, demeter, artigianali, ecc.. Tra certificazioni, autocertificazioni, associazioni e marchi commerciali, ci addentriamo in quello che è un vero e proprio labirinto di sigle.
La certificazione più diffusa riguarda i vini biologici, qui va fatta una distinzione tra chi è biologico “in vigna”, e chi è biologico sia “in vigna” che “in cantina”.
L’Agricoltura Biologica è disciplinata a livello nazionale, europeo ed internazionale e certificato da organismi riconosciuti dal Ministero dell’Agricoltura. E’ un modello per la sicurezza alimentare e per la tutela dell’ambiente.
L’Agricoltura Biologica è un sistema che favorisce la gestione razionale delle risorse e l’utilizzo di mezzi agronomici preventivi per la difesa delle piante, con il divieto di utilizzare prodotti chimici di sintesi e di prodotti contenenti OGM.
 
Discorso diverso va fatto invece per i vini biodinamici, che hanno una duplice certificazione, infatti, sono sia vini biologici certificati, sia biodinamici, quest’ultima certificazione è regolata dall’associazione internazionale Demeter.
I produttori di vini biodinamici possiamo definirli i filosofi del vino, seguono le pratiche del Dott. Steiner e di quanto emerso nel corso delle conferenze del 1924, note come “Impulsi scientifici e spirituali per il progresso dell’agricoltura”. In tali conferenze il cosmo è identificato quale creatore delle forze vitali profuse negli esseri viventi quali piante, animali e uomo. Un docente di chimica, Silvano Fuso, ha definito la biodinamica una “pseudoscienza”, ma per comprendere che essa in fondo non si discosta molto dalle innumerevoli pratiche spesso osservate in cantina, descriviamo un piccolo esempio: la tradizione (o credenza popolare), prevede che le potature in vigna, e “i travasi” in cantina, siano fatti in fase di luna calante, questo può sembrare bizzarro, la validità di queste pratiche, infatti, è parzialmente dimostrata scientificamente, tuttavia proprio Steiner, tra i vari argomenti, tratta anche gli influssi dei pianeti sulla terra e l’influenza del calendario lunare in agricoltura.
 
Quando invece parliamo di vini “naturali”, il discorso si fa più complicato, la dicitura “vino naturale” infatti, non è propriamente lecita. Tra le associazioni di produttori che promuovono i vini “naturali”, tra le più autorevoli ci sono Vi.Te., ViniVeri e Vinnatur. Uno dei capisaldi di Vinnatur è dimostrare a posteriori che il vino sia fatto in maniera “naturale”. Per aderire, infatti, un produttore deve autorizzare Vinnatur ad effettuare delle analisi sui propri vini, al fine di esaminare se in essi vi sia la presenza di residui di pesticidi, o di trattamenti chimici in vigna. Il “vino naturale” secondo Vinnatur “deriva da metodi di lavoro che prevedono il minor numero possibile di interventi in vigna e in cantina, l’assenza di additivi chimici e di manipolazioni da parte dell’uomo”. Una commissione d’assaggio stabilisce se nel vino vi siano i caratteri distintivi di territorialità, legame con il vitigno e “naturalità” del prodotto. Altre associazioni di produttori di vini naturali invece scelgono una sorta di autocertificazione, o meglio si dichiarano “naturali” e lasciano liberi gli altri soci e i consumatori di visitare la cantina, osservare le pratiche agricole in vigna o effettuare delle analisi sui propri vini, al fine di constatare la “naturalita” delle pratiche vitivinicole.
 
La FIVI, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, non distingue i produttori in base alle loro pratiche vitivinicole o enologiche, per cui mette alla pari i produttori di vino biologico, biodinamico, “naturale” e i produttori di vino “convenzionale”,  bensì pone l’attenzione sulla filiera corta e raggruppa i viticoltori che curano tutto il ciclo produttivo, dalla raccolta delle proprie uve, fino all’imbottigliamento. I produttori devono soddisfare diversi criteri, tra cui segnaliamo i due che, a nostro avviso, sono i più importanti:
In primo luogo, il vignaiolo coltiva le sue vigne, imbottiglia il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto, con il suo nome e la sua etichetta. Il secondo punto: il vignaiolo rinuncia all'acquisto dell'uva o del vino a fini commerciali e rispetta le norme enologiche della professione, limitando l'uso di additivi.
 
Iniziamo il nostro percorso di degustazione all’interno di VinitalyBio, lo spazio del Vinitaly dedicato al vino biologico certificato, organizzato in collaborazione con FederBio, dove circa 70 produttori italiani e non, espongono i loro prodotti.
Qui incontriamo Domenico Radica e Simona Pellettieri di “Tenuta Arabona”, una cantina situata, neanche a farlo apposta, in “via dei vigneti”, nei pressi dell’abbazia di Santa Maria Arabona a Manoppello Scalo, ai piedi della Majella, in provincia di Pescara.
Degustiamo i vini “Mia Natura”, nome che con due semplici parole racchiude i valori dell’agricoltura biologica, di chi la propria natura la rispetta, la vive e rinuncia fieramente all’utilizzo di additivi chimici, i vigneti sono coltivati infatti da oltre 20 anni con i metodi dell’agricoltura biologica. Il legame con il territorio è evidente quando apprendiamo che i vini “Mia Natura” derivano solo da vitigni autoctoni abruzzesi. La vinificazione avviene attraverso la fermentazione spontanea dei lieviti indigeni, il vino viene imbottigliato senza chiarifica e solo con una leggera filtrazione, queste pratiche fanno si che i vini abbiano un bouquet complesso e dei profumi floreali molto particolari, il “Mia Natura Montepulciano d’Abruzzo DOC” presenta, infatti, una nota di amarena e un piacevole sentore di viola, oltre ad offrire un tannino molto gradevole nonostante la giovane età, pur trattandosi di un vino rosso dell’ultima annata, che in Abruzzo è stata straordinaria per la qualità delle uve.
 
Proseguiamo il nostro percorso visitando il “ViVit”: Vigne, Vignaioli, terroir. Il Vinitaly infatti ha dedicato spazio anche ai vignaioli indipendenti del ViVit, dell’associazione Vi.Te. Il ViViT “riunisce produttori di tutto il mondo che vogliono esprimersi nella trasparenza, nell'autenticità e nell'individualità. I vini vogliono essere l'espressione autentica del territorio che li produce”.
All’interno dello spazio dedicato al ViVit incontriamo l’azienda Emidio Pepe di Torano Nuovo in provincia di Teramo. L’azienda Pepe si tramanda nel tempo di padre in figlio da ben quattro generazioni. In vigna non si usano prodotti chimici ma solo zolfo, acqua di rame e preparati biodinamici. Sono circa 350.000 le bottiglie che riposano per 30/40 anni nella storica cantina sotterranea, questo luogo racconta un po’ la storia del Montepulciano d’Abruzzo, dal 1964 fino ad oggi.
L’azienda Emidio Pepe vanta circa 15 ettari, divisi tra Montepulciano e Trebbiano. E’ lecito considerare Emidio Pepe un precursore della biodinamica, infatti, tutta la lavorazione e la selezione delle uve avviene a mano, la vendemmia è effettuata in modo tradizionale e il vino riposa in vasche di cemento, e poi imbottigliato. Nel corso degli anni si forma un po’ di deposito, così le bottiglie sono stappate, travasate e imbottigliate nuovamente.
I vini sono eccellenti, su tutti il Trebbiano d’Abruzzo, di cui degustiamo diverse annate, in cantina ci sono bottiglie a partire addirittura dal ’74. L’evoluzione nel tempo di questo vino denota la notevole capacità di invecchiamento di un vino bianco, se lavorato “artigianalmente” da mani sapienti.
 
Proseguiamo il nostro percorso facendo due passi e quattro chiacchiere all’interno dello spazio dedicato alla FIVI, con Diego Della Torre e Franco Graziano, dell’azienda agricola “Podere Della Torre” di Spoltore, in provincia di Pescara.
Osservando le schede tecniche dei vini, si nota una piccola accortezza, ma molto importante per sottolineare la “territorialità” dei vini di Podere Della Torre. Per ogni vino, infatti, è indicata l’esatta provenienza delle uve, ad esempio se volessimo sapere da quale vigneto provengono le uve di una bottiglia di “Cococciola” IGT Podere Della Torre”, è sufficiente comprendere la sigla “fg 12 part. 147” indicata nella scheda tecnica, infatti si tratta del vigneto che nei registri del catasto è individuato dalla particella 147 che trovate nel foglio 12, questo significa che c’è la massima trasparenza nell’indicare la tracciabilità, in linea con i principi della FIVI sulla filiera corta e la cura di tutto il ciclo produttivo del prodotto. Ricordiamo che la cococciola è un vitigno autoctono abruzzese, che di recente sta riscoprendo un notevole successo e la cui vinificazione è interpretata ottimamente da Diego e Franco. Podere Della Torre è un esempio di azienda agricola certificata biologica in vigna ma non in cantina, o meglio non ancora, i vigneti, infatti, sono già in regime di agricoltura biologica, mentre i vini saranno certificati biologici dalla prossima annata, dovendo osservare, un periodo di “conversione biologica” di alcuni anni.
 
Concludiamo il nostro racconto con una riflessione sulla maggiore critica che viene mossa nei confronti dei vini biologici, “naturali” o “artigianali”, ovvero che questi vini spesso presentano dei difetti organolettici. Sicuramente i produttori delle suddette categorie di vino avranno meno tecnologie a disposizione per correggere un eventuale difetto nel vino, oltre ad un’etica ferrea che impedisce loro moralmente di ricorrere a delle tecniche “innaturali”. Bisogna sottolineare però, che nel momento in cui degusteremo un vino biologico, “naturale” o “artigianale” di alto livello, avremo il privilegio di degustare dei vini di qualità fine, dal bouquet complesso, e i cui profumi autentici doneranno alla mente l’emozione di tornare indietro nel tempo.

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Capo Redattore