Nasce l’Unione Italiana Food e si schiera subito contro le etichette a semaforo
di Informacibo
Ultima Modifica: 29/03/2017
L'alimentare italiano fa più squadra e subito si fa sentire schierandosi contro contro le etichette dei cibi "a semaforo", che indicano cioè il grado di salubrità dei cibi in una scala a tre colori per grassi, zuccheri e sale.
E' stata ufficializzata a Milano martedì 28 marzo la nascita della più grande associazione dell'alimentare in Europa e si chiama “Unione Italiana Food”, una nuova realtà associativa che nasce dalla fusione di Aidepi e Aiipa (due tra le maggiori associazioni di categoria dell'alimentare italiano), e mette insieme 450 imprese italiane di oltre 20 settori merceologici, con 65.000 addetti per un fatturato di oltre 35 miliardi di euro.
Presidente sarà Paolo Barilla, vicepresidente Marco Lavazza. Fanno parte della squadra del Consiglio di Presidenza Cesare Ponti (Ponti), Paolo Casoni (Perfetti Van Melle), Edo Milanesio (Ferrero) e Angelo Trocchia (Unilever).
L'obiettivo, hanno spiegato assieme il presidente e vicepresidente "è semplificare il sistema, ed essere più efficaci. Per farlo bisogna essere uniti e aiuteremo Federalimentare a lavorare meglio e i nostri associati a crescere".
E proprio da Paolo Barilla arriva una forte presa di posizione contro le etichette dei cibi "a semaforo", che indicano cioè il grado di salubrità dei cibi in una scala a tre colori per grassi, zuccheri e sale.
"La strada italiana – ha spiegato Barilla – che è quella di inserire i prodotti all'interno di ricette non è esattamente la strada dei semafori che è più pragmatica, ma è fatta di divieti che le persone non capiscono". Barilla suggerisce, invece, di "investire nella cultura degli individui soprattutto a scuola dove i ragazzi possano apprendere i fondamenti della buona alimentazione".
Via twitter è arrivato subito l'appoggio di Francesco Pugliese, Ad e direttore generale Conad: “Pienamente d' accordo, con il «semaforo» non si fa corretta informazione”
Le 6 multinazionali a favore del semaforo
A rilanciare l’ipotesi del semaforo sono in prima linea sei multinazionali del food che rispondono ai nomi di Coca-Cola, PepsiCo, Mars, Mondelez, Nestlé e Unilever, che con un comunicato congiunto hanno reso noto che metteranno su una task force comune per individuare i parametri della bollinatura e di seguito li applicheranno unilateralmente a tutti i loro prodotti venduti in tutta Europa.
Cosa è il semaforo
Si chiama semaforo e dovrebbe essere un sistema semplificato di comunicazione al consumatore per avvisarlo sul contenuto calorico (e non solo) dei cibi in vendita. È un vecchio cavallo di battaglia della grande distribuzione inglese, prevede tre colori/bollini (rosso, giallo e verde) ed è stato al centro negli anni scorsi di una dura battaglia in sede comunitaria, scontro che sembrava derubricato dopo Brexit.
I rischi del made in Italy
Da sempre l’industria alimentare italiana ha considerato l’ipotesi del semaforo come un’aggressione alle produzioni tipiche del Paese come Prosciutto di Parma, Parmigiano Reggiano e Grana Padano che rischierebbero di essere contrassegnate da un imbarazzante bollino rosso. Persino l’olio extravergine di oliva, nelle valutazioni fatte negli scorsi anni, rientrerebbe nella categoria di fatto sconsigliata ai clienti.
La confindustria contro le multinazionali
Nei giorni scorsi la vicepresidente di Confindustria Lisa Ferrarini ha emesso un durissimo comunicato: . «è paradossale che sei multinazionali che non rappresentano l’industria europea né tantomeno quella italiana tentino di imporre in Europa un sistema talmente grossolano da penalizzare le produzioni leader nella qualità mondiale come quelle italiane». I sistemi a semaforo sono accusati di «massificare e appiattire i consumi alimentari» a scapito della dieta mediterranea. Di conseguenza Confindustria «si opporrà fermamente all’introduzione di questo sistema e chiede al governo di dar seguito alle dichiarazioni del ministro Maurizio Martina».
In poche parole il semaforo rappresenta agli occhi dei critici una sorta di comunicazione distorta con la scusa di dare maggiori informazioni al consumatore.
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