Quale futuro per la mixology? Ce lo racconta Pietro Collina
Come si evolve il mondo dei cocktail e quali sono i trend della mixology. Intervista al bar director del The NoMad di New York
di Simone Pazzano
Ultima Modifica: 28/05/2019
Grazie a Mattia Pastori e a Share Experience, il suo ciclo di masterclass per professionisti e aspiranti bartender, ho avuto la fortuna di conoscere Pietro Collina, il bar director del The NoMad di New York, che da due anni è primo in classifica nel nord America e quarto a livello internazionale tra i World’s 50 Best Bar. Ho approfittato quindi della sua presenza in Italia per parlare di mixology e commentare alcune delle ultime tendenze. Dai cocktail premiscelati al food pairing, senza dimenticare ambiente e sostenibilità.
Trend, il cocktail piace sempre più a bassa gradazione o analcolico
Le nostre abitudini di vita e, di conseguenza, i nostri gusti sono sempre in evoluzione. Anche quando si tratta di cocktail. In questo momento, ad esempio, come ci ha raccontato Pietro Collina il trend è all’insegna della leggerezza. Sono sempre più richiesti drink a bassa gradazione o analcolica.
Le persone escono anche 3-4 volte a settimana e non voglio essere appesantite dall’alcol. Vogliono rilassarsi, bere un drink rinfrescante e parlare con gli amici. Per questo vanno molto cherry, i diversi tipi di vermouth e vini aromatizzati.
Ma c’è anche chi predilige soluzioni analcoliche. Questo perché ormai è sempre maggiore il numero di persone che bevono per il gusto dell’esperienza, non per il contenuto alcolico.
Perché gli piace il gusto e si possono creare davvero tante combinazioni. E poi non dobbiamo dimenticare che tante persone per diversi motivi non possono bere alcolici (donne incinta, persone in cura), ma in questo modo riescono a sentirsi parte del gruppo.
Sostenibilità, bisogna impegnarsi sempre di più
La sostenibilità ambientale è un tema che si sta affacciando ogni giorno di più anche nel mondo della mixology. Sia dal punto di vista degli ingredienti che dei materiali usati. E il bar manager del The NoMad ne è consapevole.
Sulla sostenibilità dobbiamo essere davvero attenti a fare le cose nel modo giusto. È un argomento molto importante e infatti negli ultimi anni sono tanti gli chef e i mixologist che hanno scelto la strada green e utilizzano prodotti locali e bio. Ed è una cosa bellissima. Ma sicuramente si può e si deve fare sempre di più.
In che modo?
Al The NoMad, ad esempio, ormai è più di un anno che non utilizziamo le cannucce di plastica. Aggiungo che tantissimi di questi spirits vengono trasportati da tutte le parti del mondo e questo è certamente un fattore su cui possiamo migliorare molto. Avere un bel packaging per ogni bottiglia ha il suo fascino, certo, credo però che tante aziende potrebbero proporci anche un’opzione alternativa. In modo da comprare più prodotti in una confezione sola e non in tanti piccoli imballaggi.
Cocktail pre-miscelati, un’ottima soluzione
Negli ultimi tempi, nel mondo della mixologist sono arrivati i cocktail premiscelati. Una nuova tendenza che Pietro Collina accoglie con piacere.
Devo dire che se un barman è bravo non c’è differenza. Ci sono tanti locali che hanno prodotti miscelati in precedenza, diluiti alla perfezione e poi messi in frigo. A quel punto basta metterli in bicchiere e guarnire e il risultato è ottimo. Io però non lo faccio mai quando si tratta di succo o altri ingredienti più instabili. L’importante è avere una buona organizzazione, altrimenti diventa complicato.
Si tratta quindi di un grande aiuto per professionisti come te…
Sono un’ottima soluzione quando si ha a che fare con grandi volumi, perché assicurano maggior precisione ed efficienza nella preparazione e velocità nel servizio, oltre che un notevole risparmio di spazio dietro al bancone. E poi anche le aziende ci forniscono sempre più prodotti di livello a riguardo. Comunque, tutto dipende sempre dalla bravura del mixologist.
Food pairing: cucina e bar, due mondi che si ispirano a vicenda
Una volta pronto il cocktail però dobbiamo decidere cosa mangiarci insieme. E la scelta sta diventando sempre più ampia. Il food pairing, ovvero l’accostamento col cibo, è un altra delle tendenze del momento. Cucina e bar non sono mai stati così vicini.
Chef e mixologist devono lavorare insieme. Io quando ho cominciato nel mondo dell’ospitalità ho iniziato proprio da cuoco, a 16 anni a Londra. Guardavo sempre al bar e pensavo che anche lì si potevano sfruttare tutti gli elementi della cucina, come tecniche e stagionalità degli ingredienti.
La tua carriera si è sviluppata alla grande, come dimostrano le esperienze al The NoMad e all’Eleven Madison Park (3 stelle Michelin e miglior ristorante al mondo nel 2017), ma da questo punto di vista le cose non sono cambiate. Sei sempre attentissimo a cosa propone la cucina.
Quando ho cominciato all’Eleven Madison Park prima di fare qualunque lista dei cocktail volevo assolutamente parlare con la cucina. Per me era fondamentale sapere che ingredienti avrebbero usato gli chef, quali nuove tecniche introducevano e in che modo avrei potuto abbinare i loro piatti ai miei cocktail. E ora al The NoMad bar usiamo direttamente anche i prodotti della cucina: ci servono per fare sciroppi e infusioni.
Quantità e qualità, un matrimonio possibile se c’è organizzazione
Gestisci un bar di successo che vanta numeri davvero impressionanti. Com’è possibile convivenza tra quantità e qualità. Un matrimonio possibile, secondo il bar director del The NoMad.
Quantità e qualità si trovano là dove ci sono formazione e preparazione continua. Se ogni giorno devi fare migliaia di cocktail, devi aver calcolato ogni minimo dettaglio: le bottiglie posizionate al posto giusto e in modo coerente con l’uso che ne farai, gli sciroppi già preparati, le guarnizioni fatte in anticipo e anche alcuni spirits già miscelati per essere più veloce e non dover prendere troppe bottiglie. L’ottimizzazione è tutto e il training è indispensabile. Solo in questo modo puoi fare tanta quantità senza perdere in qualità.
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