“Mettere il territorio in bottiglia”: la filosofia delle Tenute Lunelli
Con Marcello Lunelli, direttore enologo Marcello Lunelli, viaggio tra le tenute e i vigneti del Gruppo. Non solo in Trentino.
di Emanuele Scarci
Ultima Modifica: 11/12/2020
Mettere il territorio in bottiglia. E’ la filosofia delle Tenute Lunelli che partendo dalle bollicine Trentodoc e dai bianchi trentini hanno trovato il coraggio di investire sui vini rossi toscani e umbri.
“Non è stato facile approcciare Sangiovese, Montefalco e Sagrantino, ci siamo cacciati in un ginepraio – scherza il direttore enologo Marcello Lunelli (terza generazione insieme ai cugini Camilla, Alessandro e Matteo) – ma ne siamo venuti fuori, raggiungendo l’obiettivo della qualità. Oggi produciamo 150 mila bottiglie nella Tenuta Margon, 130 mila a Podernovo in Toscana e 120-140 mila a Castelbuono in Umbria”.
In tutto sono oltre 400 mila bottiglie.
Tenuta Margon: non solo bollicine
Negli anni 80 la famiglia Lunelli decise di produrre anche etichette di vini fermi, ottenuti da uve coltivate nei vigneti alle pendici dei monti che cingono Trento. Fra 350 e 600 metri di altitudine il clima è caratterizzato da forti escursioni termiche, una buona condizione per sviluppare aromi e profumi.
In Trentino i Lunelli producono Villa Margon Trentino Chardonnay Doc, Maso Montalto Pinot Nero e Pietragrande Trentino Bianco Doc.
“Il Pietragrande è un vino bianco, fresco e aromatico da servire al bicchiere – spiega Lunelli -. Il Maso Montalto è invece un vino storico: Pinot nero in purezza vinificato in rosso. Dovrebbe riprendere lo stile della Borgogna, ma non siamo in Borgogna. Ci manca la spinta della longevità, ma siamo molto contenti. Facciamo 10 mila bottiglie che vendiamo regolarmente”.
A Podernovo trionfa il Sangiovese
Dal 2000 di proprietà dei Lunelli, è un poggio incastonato nelle colline pisane, tra olivi e vigneti (25 ettari in produzione in un corpo unico).
“Abbiamo puntato sull’autoctono per eccellenza, il Sangiovese – sottolinea l’imprenditore trentino – ma abbiamo anche Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Colorino, Teroldego. Tuttavia i vini che abbiamo definito sono il Sangiovese in purezza Solenida, il Cabernet Franc Auritea, e poi Aliotto e Teuro che sono due versioni di uno stile più internazionale dove prevale il Sangiovese, ma con Cabernet e Merlot. A Podernovo il terreno è limoso-sabbioso, ricco di conchiglie fossili. Una volta la nostra zona, chiamata Ricciola, era il fondo di un mare. Quindi le caratteristiche climatiche – conclude Lunelli – beneficiano del caldo ventilato della costa toscana e del freddo del Chianti. Insomma, prendiamo le due positività del territorio”.
Tenuta di Castelbuono
La Tenuta umbra Castelbuono è stata acquisita nel 2001 e comprende 30 ettari nei comuni di Bevagna e Montefalco. I primi investimenti puntarono sui vigneti, con nuovi impianti e la valorizzazione di quelli esistenti: nel 2003 nasce il Sagrantino e, l’anno successivo, il Montefalco Rosso.
“In Umbria abbiamo puntato sui due vini simbolo – sottolinea Lunelli –. Da una parte, il Lampante Rosso di Montefalco, quindi un Sangiovese arricchito con Sagrantino e Cabernet Merlot, nella versione normale e riserva; dall’altra, il Carapace cioè il Sagrantino al 100%. In tenuta abbiamo terreni diversi, molto argillosi e con caldo intenso, ma ricorriamo a vinificazioni moderne anche per ossigenare questi tannini. E poi invecchiamenti separati: con il Sagrantino in botte più grande, da 30 ettolitri, per il Montefalco più barrique e tonneaux”.
E la crisi degli ultimi anni per i vini potenti, come il Sagrantino e il Montefalco? “E’ in atto una ripresa apprezzabile – risponde Lunelli -. Forse anche per l’evoluzione dello stile: del Montefalco è aumentata la qualità ed è anche più bevibile”.
Per “addomesticare” il Sagrantino invece Lunelli vinifica vigneti di 12-14 anni di età. “Alla fine troviamo un tannino più equilibrato, più maturo e rotondo. Grazie anche all’introduzione del sistema Anima Vitis che consente di calcolare l’esatta data della vendemmia, anche all’interno dello stesso vigneto. Insomma abbiamo affinato le tecniche di vinificazione e maturazione per gestire la varietà più tannica del mondo”.
Quando lo spartitraffico del tannino morbido? “Dal 2015 – risponde di getto Lunelli -. Prima c’erano delle asperità ma oggi sono davvero contento. Chiaro però che il Sagrantino deve piacere: rimane un vino cupo, che sa di confettura di more, che non si libera nell’aria come un Sangiovese, un Pinot Nero o un Nebbiolo”.
Leggi anche:
Condividi L'Articolo
L'Autore