Mandorlato: il dolce della Serenissima
di Informacibo
Ultima Modifica: 12/12/2012
Venezia a Natale si presenta come fosse un’altra città. Vetrine sfavillanti, in festa, addobbate con grande gusto, attirano al passeggio nonostante il freddo che punge. Percorrendo le calli si è rincorsi da un profumo di pasticceria da forno che incuriosisce , stuzzica e fa venire l’acquolina in bocca. Finalmente capisco: il mandorlato. In Veneto, territorio della Serenissima, vi è una grande diffusione di mandorlato, torrone, croccantini al caramello con o senza glassa, in una infinità di tipologie. In Venezia si presenta come un dolce candido e ricco di mandorle, per cui da secoli è noto come “mandorlato”, prodotto di eccellenza. La storiaafferma la potenza della Serenissima e la tradizione insegna che in città giungevano dal lontano oriente spezie, ogni tipo di merce e frutti di gran pregio, per cui Venezia è sempre stata molto selettiva. L’opulenza dei suoi commerci permetteva alla repubblica marinara il più alto livello di esigenza. Ecco perché a Venezia è sempre giunto “l’ottimo”.
Dalla Puglia provenivano e provengono le migliori mandorle di una particolare cultivar autoctona a guscio duro di forma ovoidale di sapore dolce che abbinate al miele ed alle chiare d’uovo hanno dato luogo ad un prodotto simile al torrone, ma più morbido. All’inizio era di preparazione semplice, poi con l’arrivo della pomposa cucina rinascimentale divenne sempre più ricercato. Il “Perfetto Amore” rivestito da una glassa di cioccolato, limone o caffè, l’“Ingranito” avvolto in una grana di zucchero ricoperto da piccoli confetti, il “Torrone del Papa” molto morbido con pinoli e frutta sciroppata così da poter essere gustato anche in età senile. Lo scorrere del tempo – da sempre – premia la qualità ed ecco un prodotto classico nella sua semplicità che si traduce in materie prime tradizionali e selezionate.
Un ottimo dolce di semplice formula, profumato al palato, lo troviamo a Dolo (VE): il Mandorlato Scaldaferro. Ci hanno spiegato che la bontà del prodotto è data, oltre che dai prodotti usati (la Scaldaferro usa miele “salato”, il miele di barena che aiuta l’albume a montare), dalla tecnica di preparazione. Infatti viene composto senza l’uso di mezzi meccanici, ed è interamente “posato” a mano, fiocco per fiocco, su un letto di cialde assumendo la caratteristica conformazione “a stalagmite”. In questo modo ne è mantenuta intatta la friabilità e la consistenza. Richiede un lunghissimo processo di cottura (circa dieci ore) durante le quali il prodotto perde l’acqua in eccesso. Estratto con un cucchiaione dal calderone, tassativamente di rame, viene posizionato nelle forme e confezioni aziendali, creando piccoli capolavori, meglio dire piccole opere d’arte. Il Torronificio Scaldaferro è nato nel 1919 e le ricette dei suoi prodotti sono state custodite gelosamente, tramandate da padre in figlio oralmente per mantenerne la tradizionale qualità. Attualmente sono state aggiunte una linea di pasticceria che mostra, oltre alla bontà, anche una particolare cura nelle confezioni ed una linea di prodotti per la grande distribuzione. Questi prodotti sono un richiamo nelle vetrine delle migliori pasticcerie in tutta Italia, ma si possono acquistare anche presso lo spaccio aziendale. (Torronificio Scaldaferro – via Cà Tron 31 – 30031 Dolo (VE) – tel. 041 410467 – www.scaldaferro.it).
In Veneto il mandorlato si fa da tempo immemore. Ogni azienda, pur mantenendo la base classica del mandorlato, propone la propria variante aggiungendo aromi differenti. A Cologna Veneta Rocco Garzotto (www.garzottorocco.it) fin dal 1840 ha dato origine ad un prodotto di eccellenza, subito imitato da altri Maestri Pasticceri. Da assaggiare il Mandorlato Bauce sempre di Cologna Veneta ([email protected]) e il Mandorlato Marani a Rovereto di Guà ([email protected]).
Non si deve dimenticare che il torrone è il simbolo di Cremona. All’ombra del Torrazzo ecco la “Antica bottega Sperlari” (via Solferino 21 accanto al Duomo – tel. 0372 22346 ). In vetrina fanno bella mostra le torte di torrone, nelle diverse specialità: alla mandorla, alla nocciola tenera, al cacao, bianche o ricoperte di cioccolato insieme ad accattivanti confezioni di “mostarda”, una salsa tipica a base di frutta selezionata, miele e senape, molto saporita. Un torrone da provare è quello di Asti e di Alba, prodotto utilizzando la Nocciola gentile IGP del Piemonte e miele locale. Il torrone di Sulmona (AQ) si presenta di impasto morbido ricoperto di cioccolato. Il “Torrone di Benevento” è identificato in quattro tipologie, torrone bianco con mandorle, torrone bianco con nocciole, torrone bianco morbido con mandorle, torroncino croccantino ricoperto di cioccolata. Ad Avellino la specialità è a base di una farcia di castagne dell’area castanicola IGP castagna di Montella. Nel Lazio, ad Alvito, si producono torroncini legati alle festività natalizie, di piccole dimensioni lavorati in 14 modi differenti, mentre nella provincia di Nuoro in Sardegna la variante è al miele dolce oppure al miele amaro, con la superficie ricoperta di decorazioni fatte con le mandorle.
Come si fa il torrone? La impastatrice del mandorlato è formata da due calderoni di rame, in uno dei quali una pala rotante, girando velocemente, riesce a montare l’albume d’uovo ad una temperatura inferiore ai 50°C. mescolandolo con lo zucchero e il miele. Uno dei calderoni poggia su dell’acqua calda contenuta nell’altro. Il metodo di cottura “a bagnomaria” assicura un calore umido ed uniforme e da inizio alla “coagulazione” che rende omogeneo il composto. Nella torroniera vengono aggiunti gli altri ingredienti, tranne l’ostia. Il “segreto di produzione” è dato dall’ordine in cui i prodotti vengono inseriti, in quanto questo è determinante per la friabilità del prodotto, diversa per i torroni morbidi e per quelli classici.
La storia del torrone crea grande confusione tra origini arabe e romane. Il torrone bianco cupedia è citato da Terenzo, Varrone e Plauto in tomi scritti nell’antica Roma come “prelibatezza”. In latino cupedia significa anche “cupidigia” nel senso di gustare un cibo molto desiderato. La terminologia araba cubbaita intende un dolce a base di miele e sesamo tuttora comune in Sicilia, mentre qubbat significa “mandorlato”. Questo tanto per cominciare. Ma non finisce qui: pare che nel 1300 un cuoco cremonese per non buttar via degli albumi avanzati durante la preparazione di un suntuoso pranzo li montò a neve, li mescolò al miele e dopo aver cotto il composto che risultò molto duro, gli diede la forma di torre, il Torrazzo (Torrione), da qui il nome torrone. C’è anche chi sostiene che il termine turròn sia un sostantivo spagnolo ed altri vedono la provenienza da turrar, dal verbo latino “torrere”, tostare. E’ provato che nel 1441 al banchetto delle nozze celebrate a Cremona fra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti fu servito questo dolce, in forma pomposa, arricchito da mandorle. Sicuramente il torrone era considerato un cibo di gran lusso attraverso il quale ostentare prestigio, potere e ricchezza.
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