L’effetto Brexit sull’agroalimentare italiano
di Informacibo
Ultima Modifica: 30/06/2016
Roma luglio 2016. La Gran Bretagna se ne va, saluta Bruxelles e lascia l’Europa, cosa cambierà per il made in Italy dell'agroalimentare?.
INformaCIBO dopo aver fatto parlare alcuni produttori di vino della provincia di Chieti e il presidente della Camera di commercio Roberto Di Vincenzo (leggere da INformaCIBO) ora si sofferma su alcune cifre diffuse dalla SACE (gruppo attivo nell’export credit per le imprese italiane).
Cosa cambierà per l'Italia e per il Made in Italy
Con l'uscita dalla UE, la politica commerciale del Regno Unito sarà sottoposta a rinegoziazione. Da un lato, le imprese britanniche non potranno più beneficiare del libero accesso ai mercati europei, dall'altro, il Regno Unito dovrà presumibilmente innalzare le barriere tariffarie verso gli ex partner e ciò riguarderà anche le imprese agroalimentari italiane. Il mercato agroalimentare del Regno Unito rappresenta per l'Italia un giro d'affari di 3,2 miliardi di euro, con una crescita del 9% nel 2015. Per la prima volta da 40 anni, le imprese italiane potrebbero trovarsi per un certo tempo ad affrontare dazi sul mercato britannico, in linea con quanto fanno oggi gli esportatori giapponesi o statunitensi; eventualità questa che si tradurrebbe in prezzi meno competitivi o in una riduzione dei margini per le imprese esportatrici. A ciò si deve aggiungere anche l'effetto svalutazione, in grado, da un lato, di rallentare le importazioni inglesi e, dall'altro, di rendere in generale i prodotti britannici più competitivi sui mercati internazionali presidiati anche dall'Italia (Australia, Canada, Arabia Saudita e Stati Uniti) sebbene i prodotti di origine italiana godano di una distintività rilevante rispetto a quelli britannici.
Secondo le previsioni sviluppate dalla SACE, basate su uno scenario macroeconomico proposto dalla Oxford Economics, l'uscita del Regno Unito dalla UE potrebbe comportare nel 2017 una contrazione delle esportazioni italiane d'oltremanica di entità compresa tra il -3% e il -7%. Tuttavia, l'export agroalimentare italiano verso il mercato britannico non dovrebbe accusare flessioni.
Sempre secondo le previsioni SACE, sia che si fosse verificato lo scenario "NO BREXIT" che in quello "BREXIT, il food and beverage Made in Italy dovrebbe crescere del 7% nel 2016 e di circa il 5,5% nel 2017, in entrambi i casi.
Il Regno Unito rappresenta il quarto mercato di sbocco (dopo Germania, Francia, Stati Uniti) dell'export agroalimentare italiano. In modo speculare, l'Italia si è posizionata all'ottavo posto tra i clienti del mercato britannico con una spesa di oltre 650 milioni di euro. Il saldo 2015 dell'interscambio agroalimentare col Regno Unito, è stato pari a un attivo di 2,6 miliardi (+88% sul 2014).
Le principali voci dell'export del settore nel Regno Unito (2015, in valore) sono, nell'ordine: Vino e Mosti (23% del totale); Ortofrutta fresca e trasformata (22%), Cereali, Riso e derivato (18%), Animali e Carni (7%), Lattiero-Caseari (6%).
I primi tre paesi da cui il Regno Unito importa maggiormente prodotti agroalimentari sono i Paesi Bassi, l'Irlanda e la Francia, cui corrisponde una quota di mercato in valore, pari, rispettivamente, al 14%, al 10% e 10%. Sul totale dell'import agroalimentare britannico, l'Italia intercetta una quota pari al 6% in valore.
Rispetto al 2010, le importazioni complessive di prodotti alimentari del Regno Unito sono aumentate del 36%, a fronte di un +41% messo a segno dall'Italia che, quindi, fa segnare una dinamica più significativa.
Le parole della Wine & Spirit Trade Association
A rassicurare, in qualche modo, i produttori italiani ed europei, dal Regno Unito, arrivano le parole della Wine & Spirit Trade Association, la “lobby” del commercio degli alcolici inglese, che era dichiaratamente favorevole a rimanere nell’Unione Europea. “Il popolo ha votato per lasciare l’Unione Europea, aprendo un nuovo capitolo della nostra storia. Anche se crediamo che al nostro business sarebbe convenuto rimanere nell’unione, lavoreremo per aiutare il Governo nel preservare il nostro accesso al mercato, supportando le imprese inglesi e cercato di arrivare ai migliori accordi possibile per il libero commercio a livello internazionale”.
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