Le tasse sulla birra sono aumentate del 70% in 10 anni – Lanciata una raccolta di firme online
di Informacibo
Ultima Modifica: 07/10/2013
Milano 7 ottobre 2013. Assobirra, per provare a fermare la decisione del Governo di aumentare le accise sulla birra a partire dal 10 ottobre, ha avviato una raccolta di firme online, chiamando all’azione gli oltre 35 milioni di consumatori di birra. «Si tratta di una tassa che paghiamo ogni volta che beviamo una birra, in pizzeria , a casa, dovunque», spiega il presidente dell’associazione Alberto Frausin.
La decisione del Governo è stata presa per finanziare il DL Scuola e il DL Cultura ed è prevista in tre fasi: i rincari scattano il 10 ottobre 2013, il 1° gennaio 2014 e il 1° gennaio 2015. Nel caso della birra l’imposta cresce da 2,33 a 2,66 euro per ettolitro e grado il 1° ottobre, e di 2,70 euro dal 2014. Spiega ancora Frausin: «Le nostre aziende sanno che ci sono settori, come l’istruzione e la cultura, che hanno bisogno di investimenti, ma quello che chiediamo alle istituzioni e alle forze politiche è di non continuare a trovare le risorse necessarie aumentando ancora le tasse. Già oggi 1 sorso su 3 va al Fisco, in pratica su una birra da 66cl da 1 euro ben 37 centesimi sono di tasse; e con i nuovi aumenti si arriverebbe a un sorso su due! Senza contare che questi aumenti rischiano di mettere in ginocchio un settore in cui operano oltre 500 aziende che danno lavoro direttamente a 4.700 persone (+4,4% rispetto al 2011), che arrivano a 144.000 se si considera l’indotto. Dalle nostre stime, inoltre, l’aumento dell’accisa porterà anche ad un calo ulteriore dei consumi di birra di circa il 5-6% (consumi peraltro già in diminuzione nei primi mesi del 2013). Sono settimane che continuiamo a chiedere al Governo: perché si penalizza un settore che funziona e che crea ricchezza, anziché tagliare la spesa pubblica improduttiva?”.
Salva la tua birra, così si chiama l’iniziativa dell’associazione, si fonda su una serie di considerazioni molto circostanziate.
1) La birra è l’unica bevanda a bassa gradazione alcolica che paga le accise in Italia (pagano l’accisa solo i vini liquorosi e aromatizzati, i distillati e i liquori, non il vino). Nell’ultimo decennio, poi, le accise sono cresciute nell’ultimo decennio di quasi il 70% (senza contare che l’aliquota Iva della birra è da poco arrivata al 22% e l’accisa stessa è gravata dall’Iva). I consumatori italiani pagano tre volte le accise sulla birra rispetto a spagnoli e tedeschi.
2) La tassa è inefficace, perché si riducono i consumi e le entrate per lo Stato, come ha illustrato anche la Ragioneria generale dello Stato. Dopo un 2012 difficile per i consumi di birra, chiuso con un sostanziale pareggio rispetto all’anno precedente, nei primi 7 mesi del 2013 le vendite interne delle aziende associate sono già scese del -2,8% con un conseguente calo degli incassi da accisa.
3) L’aumento mette in difficoltà il sistema delle imprese e l’indotto (500 aziende, 150milaaddetti, 300 giovani imprenditori dei microbirrifici, 200 mila bar, pub, ristoranti e alberghi, gli agricoltori che producono le materie prime) può avere effetti dannosi. Tanto più che il 70% della birra consumata in Italia è prodotta nel nostro Paese e oltre2 milioni di ettolitrisono esportati
4) Accisa più alta, “pizza e birra” più cara per tutti. Conclude Frausin: «La birra è una bevanda naturale (quattro semplici ingredienti: acqua, cereali, lievito e luppolo), moderatamente alcolica (4-6 gradi le birre più comuni), poco calorica (un bicchiere da 20cl di birra chiara conta 68 calorie, come il succo d’arancia), accessibile a tutti (il prezzo medio al supermercato di una bottiglia da 66cl è 1 euro). Aumentare le accise significherebbe colpire uno degli ultimi piaceri – la serata in pizzeria e l’accoppiata birra e pizza – che è rimasto a tante famiglie».
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