La ristorazione è finita. Uno scritto di Gianluigi Veronesi - InformaCibo

La ristorazione è finita. Uno scritto di Gianluigi Veronesi

di Informacibo

Ultima Modifica: 02/05/2013

Editoriale di Gianluigi Veronesi

Bologna maggio 2013. Per molti consumatori l’abitudine è sempre stata quella di entrare al ristorante, sedersi ad un tavolo apparecchiato di tutto punto, ordinare, mangiare alcuni piatti a scelta fra quelli proposti e chiudere con dolce e caffè. La propensione era quella di spendere meno se si trattava di un ristorante comune (sui 20 o 30 euro) e spendere di più se si trattava di un locale famoso, modaiolo, blasonato o capitanato dal grande chef (dai 50 euro in su). Tutto finito o quasi, in brevissimo tempo la musica è cambiata. Centinaia di ristoranti italiani oggi soffrono, il giro della clientela abituale si è interrotto, la grande crisi e il cambiamento di questo secolo di internauti hanno radicalmente stravolto le abitudini dell’avventore, così la ristorazione tradizionale spesso fa fatica a fare i conti e a pagare dipendenti e fornitori.

Tra i primi rivoluzionari a puntare i piedi e dare il via al giro di boa lo chef Davide Oldani, che un decennio fa diede vita ad una ristorazione basata sulla cucina economica, essenziale (non nel gusto, ovviamente) capace di unire buono e accessibile.

Poi Cesare Marretti, con i suoi locali minimal improntati sull’italianità, sull’arte e sul buon mangiare, dove si pranza anche a soli 10 euro ma con cibi di grande qualità italiana. Due famosi chef, diversi per natura, ma vicini per scopo: quello di mettere a sedere le persone senza farle strafogare e senza per forza far spendere loro 50 euro a testa; tutt’altro. Avevano ragione, avevano visto bene e di lì a poco sono stati centinaia gli chef pronti a seguire l’esempio. Fondamentalmente bisogna riscoprire i piatti base della cucina mediterranea, per esempio le tante verdure di cui disponiamo in abbondanza, la buona pasta e i tanti ingredienti italiani per dar vita a piatti di grande qualità. La catena interminabile fatta da antipasto, primo, sorbetto, secondo, contorno, caffè e ammazzacaffè è ormai un ricordo desueto: oggi si pranza con il primo o il secondo piatto, magari si scelgono i tanti piatti unici e si riscoprono le zuppe e le vellutate o si fanno carrellate di assaggi; magari pochissime cose, ma davvero buone. Siamo sazi con meno, la vita nelle nostre città è drasticamente cambiata e si sprofonda nelle comodità, quasi nessuno fa più fatiche fisiche importanti. Inoltre, un ristorante deve ispirare, deve offrire delle motivazioni per frequentarlo, anche solo per un veloce spuntino, deve colpire, lasciare un segno, generare delle emozioni. Il locale anonimo con arredi demodé, sedie oramai decrepite e moquette ai muri con tende anni 80 ha stancato, ora il format che funziona si configura con stili che si legano perfettamente fra cibo e vino di qualità, in un particolare contesto di arredi, cucine a vista, architettura, cultura e musica, suoni e design.

La ristorazione quindi guarda avanti e si trasforma, passando sempre più da luogo canonico e datato a spazi diffusi, allargati, particolari, fuori dalla routine, che passano anche attraverso i concetti rivisitati di “street food”, con gustosi assaggi da passeggio che però si mangiano seduti, fino a concetti di “prestige food” non convenzionale, alti cibi per tutti insomma, sempre più ambiti. Gli esempi non mancano, a partire dal “Delight” di Milano in via Ponte Vetero (davvero un’esperienza unica), il maestoso “EatalyRoma” presso l’Air Terminal Ostiense o il “Buonissimo” di Brescia: direi 3 locali che rappresentano degnamente i concetti espressi e che vi invito a provare, visto che tutto il mondo desidera anche copiarli! Questo non significa che all’estero aspettino noi, tutt’altro!

I locali concettualmente “nuovi” non mancano e al riguardo posso consigliarvi un’esperienza sotterranea davvero insolita e piacevolissima. Se capitate a New York, recatevi nel piano più basso del terminal della 42esima strada, dove da tempi non sospetti (era il lontano 1913) si trova il “Gran Central Oyster Bar”, un tempio dedicato alle ostriche e al buon pesce, dove puoi mangiare con 10/15 dollari ottimo pesce ed ostriche accompagnate da una buona birra, una “dining experience” con i fiocchi. Insomma, è tempo di cambiare, gli esempi vincenti non mancano e il pianeta, inesorabile, continua a girare, non aspetta.

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Capo Redattore