La polemica (assurda) contro La Molisana e perché meriterebbe anche delle scuse
di Alessandra Favaro
Ultima Modifica: 07/01/2021
Ci sono articoli che abbiamo scelto di non scrivere. O meglio, polemiche che non ci sentiamo di alimentare oltre misura.
La più recente? Quella che ha visto il noto pastificio La Molisana oggetto di recente di una campagna di attacchi via social e web, un vero e proprio shitstorm, come si dice in gergo internettiano, a causa di un suo formato (storico) di pasta: le conchiglie, nate con il nome di “abissine” (il nome è stato cambiato proprio dopo le recenti polemiche). Un tipo di pasta che è presente anche in molti altri marchi, nato nella prima metà del Novecento.
Il nome, come è facile intuire richiama alla conquista dell’Abissinia (oggi Etiopia) durante gli Anni Trenta, in pieno regime fascista.
La polemica contro La Molisana
E qui viene il problema: qualcuno si è accorto di un’espressione infelice (poi ritirata) che la scheda-prodotto riportava sul formato di pasta. Ma attenzione, il testo raccontava appunto la storia e le curiosità legate al formato in questione: dalla nascita ai tempi del colonialismo italiano, i cambio di nome all’estero del formato perché considerato troppo fascista. Alcuni però tra quelle righe, certo scritte forse male e di fretta, hanno letto del revisionismo storico e un ammiccamento al Ventennio.
Sul sito di La Molisana era scritto:
Da questa descrizione, fatta con eccessiva leggerezza è partita una macchina del fango senza precedenti contro l’azienda di pasta di Campobasso, a cui hanno partecipato, con tweet e post al vetriolo su Facebook, anche personaggi noti e politici. Come se con quelle parole intendessero spalleggiare l’antico regime dittatoriale.
E chi se ne frega se nel concreto La Molisana sta facendo un serio e importante lavoro sulla filiera corta del grano italiano, che l’azienda fu proprio tra quelle che durante il fascismo venne distrutta dai nazifascisti, chi se ne importa se anche altri siti di noti pastifici parlano anche loro dei formati di pasta nati durante il Ventennio (è storia, non si può cambiare). E chi se ne frega se nomi di paste “dal sapore littorio” esistano anche in altri brand noti di pasta, come le “Tripoline”. L’attacco al pastificio è partito senza approfondire, senza ragionare, senza dialogare.
Controcorrente GamberoRosso, che in un interessante articolo (che potete integralmente leggere qui) scrive:
“La storia dei formati di pasta è, appunto, storia. Di più: è parte del patrimonio culturale e industriale dell’identità italiana e delle sue aziende più riconosciute nel mondo. Alcuni formati di pasta dell’epoca vengono ancora utilizzati oggi e sono in catalogo presso vari pastifici: ci sono le tripoline che richiamano alla conquista della Tripolitania nel 1912 e ci sono le mafalde che omaggiano un importante membro della famiglia Savoia. Avere in catalogo tripoline e mafalde, tuttavia, non significa essere ne colonialisti ne nostalgici della monarchia (nessuno in decenni di Repubblica ci ha mai neppure pensato), significa solo continuare a produrre da cent’anni formati storici di pasta secca, che semmai vanno tutelati e protetti, non certo stigmatizzati. Allo stesso modo escludiamo che ogni pizzeria che ha in menu la “margherita” stia surrettiziamente facendo propaganda per Casa Savoia o sia nostalgica dei tempi del Regno”.
Anche Anpi difende La Molisana
Anpi, l’associazione nazionale partigiani d’Italia, ha difeso da subito l’azienda Molisana. Michele Petraroia, dell’Anpi Molise ha infatti dichiarato all’Ansa:
“Per chi conosce la storia della famiglia titolare del Pastificio ‘La Molisana’ non possono sorgere incomprensioni su un tema così delicato. I nazifascisti ritirandosi da Campobasso distrussero la loro azienda e nel dopoguerra come spesso ricordava l’on. Alfredo Marraffini del Pci, il capostipite della famiglia Ferro partecipava alle sottoscrizioni della Festa de L’Unità. In tutti i casi è opportuno che ‘La Molisana’ chiarisca, se necessario anche in modo più fermo, la propria totale estraneità ad ogni riferimento col fascismo”.
La Molisana “Nessun intento di celebrare quel periodo storico”
Precisazione che il pastificio di Campobasso ha prontamente fatto. Rossella Ferro responsabile marketing ha dichiarato a La Repubblica:
“Non abbiamo alcun intento celebrativo quando parliamo di questi formati storici, nati negli anni ’30. E infatti abbiamo appena provveduto a cambiare le schede descrittive dei prodotti. Siamo molto attenti alla sensibilità dell’opinione pubblica e in questo caso l’unico errore è stato non ricontrollare tutte le schede affidate all’agenzia di comunicazione. E invece è la conferma che non si può perdere di vista nemmeno un dettaglio. Ribadisco che per noi non c’è alcun sentimento di celebrare quel periodo storico”.
La scheda prodotto è stata cambiata, la polemica su un presunto ammiccamento al fascismo smontata pezzo per pezzo. Ma chi, tra quanti hanno persino definito “fascista” il pastificio che fu vittima dei nazifascisti avrà ora il coraggio di chiedere scusa per le sue affermazioni così violente? È davvero corretto cancellare la storia? Conta più il marketing (un copy uscito male e poi corretto) o un lavoro lungo anni di filiera con grano solo italiano e attenzione alla materia prima, l’impegno nel sociale?
Vi sembra davvero un “pastificio fascista”?
Nel frattempo, l’associazione Area Rieti ha inviato una lettera alla Molisana spa per richiedere la donazione di una parte dei pacchi di pasta che verranno ritirati dal commercio per colpa di questa polemica.
“Crediamo che al netto della sterile polemica – ha dichiarato Chicco Costini al quotidiano Il Tempo – nata sui marchi di produzione del pastificio di Campobasso, che aveva secondo i sacerdoti del pensiero unico, la colpa di ricordare la storia coloniale italiana, che, come altre epoche, secondo le vestali dell’antifascismo dovrebbe non solo essere misconosciuta ma anche definitivamente cancellata, sarebbe allucinante che quintali di pasta, a causa del loro nome, vengano ritirate dal mercato e buttate, mentre il popolo italiano vive la più grande crisi economica della sua storia. Onde evitare questo spreco, la nostra associazione ha richiesto che un quantitativo di questo prodotto possa esserci donato, al fine di poterlo distribuire alle famiglie italiane in difficoltà.
Che faranno ora gli altri marchi?
Deriva altrettanto grave: sui social, molti incoscienti che hanno reagito di pancia commentano che getteranno i pacchi della pasta “rea” di aver raccontato la sua storia. A livello di spreco alimentare, e soprattutto in un momento così delicato, parole altrettanto gravi da condannare.
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