La parola a Paolo Ignazio Marongiu: dopo il Covid, il digitale sempre più strategico per il Paese
“La mancanza di una profonda cultura digitale ci ha già penalizzato nei settori che ora soffrono di più come il turismo”. Cosa fare? “come nell’immediato dopoguerra, favorire innovazione e coesione sociale”
di Donato Troiano
Ultima Modifica: 30/06/2020
Abbiamo chiesto a Paolo Ignazio Marongiu, tra i grandi esperti di marketing digitale, legato al prodotto e al territorio, come vede, dal suo osservatorio, la rivoluzione digitale di cui l’Italia ha un estremo bisogno per ripartire.
Ecco come Paolo racconta per i nostri lettori i ritardi del nostro Paese e come possiamo riappropriarci di una vera cultura digitale in questo periodo storico caratterizzato dal Covid – 19.
“Senza il digitale tutto sarebbe crollato……”
L’importanza del digitale per questo Paese è diventata ancora più chiaro durante il periodo del lockdown.
Dalla sera alla mattina tutta l’Italia si è ritrovata in casa con tante attività strategiche che si sono dovute fermate. Senza il digitale tutto sarebbe crollato invece grazie a un’infrastruttura resiliente è stato possibile continuare a lavorare e produrre anche nel manifatturiero se attrezzato da macchinari controllabili da remoto.
Questo è stato valido anche per i settori che hanno più risentito dell’emergenza Covid come quello dell’ Horeca che in alcuni limitati casi ha potuto evitare il collasso completo con il delivery e con altre formule innovative.
I ritardi dell’Italia in questo strategico settore
Questa pandemia, per altro ancora non terminata nel mondo, ci ha fatto capire che ormai senza digitale non ci si può organizzare in maniera efficiente. Eppure in Italia, ma non solo, questo fatto tarda ancora a manifestarsi pensando che una volta finita l’emergenza, tutto possa tornare come prima.
In realtà non è così anche perché già prima della pandemia il nostro ritardo nel formarci una cultura digitale ci ha già penalizzato proprio nei settori che ora soffrono di più come il turismo. Settore che ha bisogno di grosse dosi d’innovazione per tornare a produrre reddito. Questo vale ancora di più per i territori che devono imparare non solo ad attendere il turista/visitatore ma a seguirlo, a “vendere” i propri valori e i propri prodotti al di fuori del momento del soggiorno, facendo del follow up un momento essenziale e costruendo una logistica efficiente che sostenga un intelligente sistema di e-commerce. Per fare questo ci vorrebbe una strategia di ampio respiro che ancora non si vede compiutamente a livello macro.
Fare come nell’immediato dopoguerra: favorire innovazione e coesione sociale
Manca ancora quello che si fece nell’immediato dopoguerra e che favorì innovazione e coesione sociale, portare luce, energia e telefono dappertutto anche dove era antieconomico. Ora è fondamentale per il rilancio territoriale fare la stessa cosa con il digitale. Nessuno deve rimanere indietro si dice, ma si fa poco per coinvolgere le fasce deboli a partire dalla scuola, passando dai lavoratori a rischio, arrivando alle imprese. Senza un’educazione digitale di livello i nostri giovani e anche gli adulti non saranno pronti a creare valore aggiunto per loro e per il Paese con uno spreco di risorse che non ci possiamo permettere. E’ il momento di agire con un piano a lungo termine di formazione continua e d’investimenti in innovazione partendo da questa crisi e trasformandola in un’opportunità.
Qualcosa però si muove, consapevoli che le “crisi” possono ritornare
Qualcosa si muove comunque a livello micro, come ho potuto costatare anche nei webinar organizzati dalla rivista Digitalic che seguo da vicino. Le aziende e gli operatori più accorti di ogni settore sanno che le crisi in un tempo molto incerto saranno frequenti ed è meglio attrezzarsi con il digitale e strumenti predittivi, Big data e IoT aiutano ad anticipare le crisi e sono a portata di Piccola Media Industria e anche di micro imprese (anche se è meglio attivare strategie di rete). Cambiando mentalità e capendo lo spirito del tempo si è proattivi e si anticipano i propri concorrenti. Questo vale ancora di più per il settore alimentare che ha fatto sforzi in questo ambito ma che ancora può fare di più per affrontare e battere una concorrenza sempre più serrata a livello mondiale.
Per questo è importante migliorare la qualità della cultura digitale anche nel settore alimentare soprattutto davanti a fenomeni come l’Italian sounding e alle crescenti barriere tariffarie vedi Stati Uniti
Legare il digitale alle specificità dei produttori e dei territori
C’è bisogno sempre più di legare il digitale alle specificità dei produttori e dei territori e lavorare sull’immaginario di consumatori che hanno un’immagine affettiva precisa ma culturalmente e geograficamente sfuocata dell’Italia alimentare.
Un lavoro di qualità che permette di mettere a fuoco i nostri asset tangibili e intangibili e di usarli strategicamente per:
fidelizzare la clientela,
aumentare i margini di valore,
portare i consumatori raggiunti, successivamente, a vivere i prodotti e territori nei luoghi di origine.
Questa è una delle possibilità che il settore alimentare ha davanti a sé per uscire vincente da una crisi mondiale complessa e migliorare anche la propria quota di mercato sui diversi mercati mondiali
Paolo Ignazio Marongiu
Paolo è nato nel 1959 in Sardegna a Tortolì. Maturità Liceo Classico e Laurea in economia e Commercio. Esperto di marketing e sviluppo territoriale, (in particolare ha contributo alla definizione del concetto di Albergo Diffuso collaborando con il Professore Giancarlo Dall’Ara), ha contributo alla crescita e alla nascita di diverse startup innovative. Influencer su twitter (dove è stato nella top ten della classifica degli innovatori stilata annualmente da Talent garden) , collaboratore di Digitalic Mag.
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