La classifica delle aziende Bio alla vigilia di Sana
“Sfida aperta nel bio”, uno studio di Pambianco: attratte dalla crescita double digit del comparto entrano in gioco le grandi aziende generaliste
di Donato Troiano
Ultima Modifica: 02/09/2019
Mentre si avvicina a BolognaFiere, l’apertura di Sana, e domani 3 settembre, si terrà la Conferenza stampa di presentazione del programma “Dalla Rivozione Verde alla rivoluzione Bio”, esce il primo studio di Pambianco Strategie di Impresa sui fatturati delle dieci aziende italiane leader del comparto BIO.
I consumi bio nel 2018 sono cresciuti a doppia cifra (+14% nei primi sette mesi dell’anno nella sola gdo, secondo le ultime rilevazioni di Osservatorio Sana), ma il beneficio derivante da questo boom, per le aziende specializzate nella trasformazione dei prodotti da agricoltura biologica, è limitato.
Ad affermarlo è il primo studio di Pambianco che, messe assieme, hanno incassato lo scorso anno oltre 400 milioni di euro, ottenendo una progressione leggermente superiore all’1%. Un piccolo passo in avanti se confrontato con il grande passo fatto dal comparto green, che certamente non soddisfa i diretti interessati, come del resto non li accontenta il risultato legato alla redditività in generale e ancor più se confrontato con quella dell’esercizio precedente: la percentuale di ebitda sul fatturato nel 2018 è stata pari al 6% contro il 7% del 2017.
La spiegazione per questo rallentamento, secondo quanto affermano le aziende specializzate nell’ambito bio, va ricercata nella competizione messa in atto dai produttori generalisti, alcuni dei quali hanno fatto breccia in un mercato sempre più promettente, aprendo una parte di trasformazione bio (pur senza abbandonare il convenzionale) proprio per assecondare le richieste dei consumatori finali. In questo contesto, al di là dei singoli casi, la lieve crescita complessiva è stata ottenuta dagli specialisti proprio sacrificando i margini, scelta necessaria per poter competere con le aziende che operano anche nel convenzionale e che, per dimensioni, possono far leva sul prezzo.
Il leader italiano del biologico è Rigoni di Asiago, con 112,5 milioni di ricavi realizzati al termine di un anno caratterizzato da un lieve calo di vendite, ma durante il quale l’azienda vicentina amministrata da Andrea Rigoni ha posto le basi per la propria crescita futura, inserendo il nuovo socio Kharis Capital (con quota di minoranza rafforzata) in sostituzione del Fondo Italiano di Investimento per poi ottenere, a marzo 2019, un finanziamento di 50 milioni di euro da un pool di banche che verrà utilizzato per potenziare l’export, che vale attualmente quasi il 40% del fatturato complessivo.
Al secondo e terzo posto della classifica, divisi da meno di un milione di euro, troviamo Alce Nero e Brio. La prima, nome storico del biologico made in Italy, ha incassato 74,3 milioni di euro con un incremento di circa il 2% che dopo due esercizi con il turbo, conclusi rispettivamente al +25% nel 2017 e +45% nel 2016, può essere interpretato come un ottimo consolidamento.
Assolutamente significativo è anche il risultato di Brio, terzo player italiano del bio, che ha chiuso a 73,5 milioni di ricavi con un balzo dell’11,5% anno su anno, ottenendo però la crescita in assenza di marginalità.
Al quarto posto della classifica si posiziona l’azienda protagonista del “colpo” più importante dell’anno ovvero la siciliana Damiano, specializzata nella trasformazione della frutta secca bio, forte di un giro d’affari di oltre 45 milioni di euro. A fine luglio, Damiano è stata acquisita da Progressio Investimenti III, fondo gestito da Progressio sgr, e rappresenta in qualche modo l’eccezione alla regola non solo per capacità di attrazione verso gli investitori, ma anche perché, in un anno complesso, ha ottenuto un incremento del 16,5% di fatturato con una marginalità prossima al 10% dei ricavi.
Al quinto posto si inserisce Probios, realtà ormai consolidata nella distribuzione degli alimenti biologici vegetariani, presente anche in Germania con la consociata Probios Deutschland che ha chiuso l’esercizio con poco più di 25 milioni di ricavi. A seguire, la classifica è completata da Natura Nuova, Sarchio, Scaldasole, Germinal Italia e Poggio del Farro. Tra queste aziende si distingue per risultato Poggio del Farro, realtà di Firenzuola (Firenze) specializzata negli alimenti bio a base di farro, che è stata in grado di realizzare una crescita di quasi il 20% ottenendo al tempo stesso il più importante ebitda percentuale del comparto (18% sul fatturato).
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