La Bologna, un salume ricco di storia, tradizione e gusto.
Alla scoperta delle origini della mortadella Igp: come è nata, perchè si chiama così e perchè è così speciale
di Ines Roscio Pavia
Ultima Modifica: 03/05/2021
Il passato ci insegna che l’Italia si è sviluppata intorno ai fornelli. La storia della Bologna, la mortadella, ne è un esempio lampante. Parlare di un prodotto tipico significa passare di un territorio, della sua economia, delle sue persone e tradizioni.
Il passato ci insegna che l’Italia si è sviluppata intorno ai fornelli, dicevamo. E’ anche il frutto di una ricerca effettuata per Expo 2015, attingendo notizie da archivi privati, religiosi e di Stato. Da questi testi apprendiamo come i nostri antenati coltivavano le loro terre, le vigne, i frutti, i vegetali, gli alimenti da essi derivanti, predisponevano lo smercio dei prodotti, la loro conservazione presentandoli con parsimoniosa quantità nelle antiche, profumate botteghe.
L’umanità ha dovuto da sempre imparare “a sfamarsi” giusto per sopravvivere, ma riflettendo, attraverso la nostra tradizione possiamo sostenere che abbiamo migliorato lo sfamarsi “in gustare per sopravvivere”: dunque lasciamoci prendere per la gola.
Dove nasce un’eccellenza
Una zona feconda è sicuramente la Pianura Padana. Il luogo fa pensare a molte ricchezze enogastronomiche. Ci sentiamo attirati e sommersi dalla Strada del vino e dei sapori “Città, Castelli e Ciliegi”, da visite guidate per esplorare i frutti del territorio, ma anche per promuovere il sistema produttivo, culturale, scientifico e turistico regionale. L’Emilia è il luogo ideale anche per scoprire vini di nicchia, autoctoni e antichissimi, rari e pregiati ma poco conosciuti al di fuori del loro territorio d’origine, come il Centesimino, lo Spergola o il Burson.
Bologna è città di grande fama. Vi si respira un’atmosfera amichevole e festosa e rispecchia il carattere gioviale dei suoi abitanti. Antichissimo centro prima etrusco (Felsina), poi romano (Bononia) ha avuto, soprattutto nei secoli dal XI al XVII, una storia ed una vita culturale intensa. La sua Università è la più antica e per secoli è stata una delle più illustri in Europa.
Vive di una ricca gastronomia, rinomati i tortellini e le tagliatelle ma anche tantissimi prodotti tipici, come la patata Dop che nasce in queste zone. Ma l’opulenza di Bologna si manifesta attraverso il salume che porta il suo nome: la Bologna ovvero la mortadella che nel 1998 ha ottenuto l’indicazione geografica protetta (reg. Ce n.1549/98 – Guci L.202. del 17.07.1998) , un salume che nella collettività si è inserito come abbondante e prorompente, ma che si deve considerare anche salutare, in quanto ora è molto meno grassa rispetto al passato, tanto da poter dire che cento grammi di prodotto hanno la stessa quantità di colesterolo di un branzino.
Che differenza c’è fra la mortadella normale e la mortadella Igp Bologna?
Sta nella composizione delle carni. La mortadella di Bologna è composta solo da carne suina senza aggiunta di proteine. La fetta di un bel rosa brillante mostra quadretti di grasso in una percentuale minima del 15%. Può essere di forma ovale o cilindrica con involucro naturale o sintetico.
Il Consorzio Mortadella Bologna riunisce una trentina di aziende che producono la Mortadella Bologna Igp localizzate tra Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia, Veneto, la provincia di Trento, Toscana, Marche, Lazio. Ha sede a Milano, e garantisce il percorso di produzione in tre parole: controllo, garanzia, qualità. E’ il risultato del lavoro di operatori qualificati di grande professionalità che hanno trasmesso da generazione in generazione la ricetta e la passione per questo salume.
Oltre alla qualità e al gusto il prodotto garantisce al consumatore caratteristiche uniche ad alto valore nutritivo, con una composizione di minerali e grassi insaturi in linea con le più attuali scienze nutrizionali. La vendita del prodotto registra una crescita costante e offre molta versatilità in cucina.
Perchè si chiama così?
L’etimologia del termine mortadella porta a due ipotesi. La prima si riferisce al mortaio, l’utensile usato dai Romani per tritare finemente le carni suine (murtatum), mischiandole alle spezie. La seconda ipotesi risale sempre ai Romani che parlavano di farcimen mirtatum per indicare un insaccato di carne suina, di grossa taglia cotto a secco, condita con bacche di mirto triturata al mortaio.
I salumai bolognesi, riuniti nella Corporazione di Salaroli sin dal al 1376, avevano adottato come stemma un mortaio e un pestello. Boccaccio, intorno al 1350 nel Decamerone cita l’insaccato come “mortadello”. Nel 1400 i Visconti di Milano consegnavano ogni anno alla città di Bologna un bue grasso per averne in cambio prelibate mortadelle.
Le prime regole per la produzione di questo salume risalgono al seicento all’epoca del Cardinale Farnese che, fra l’altro, impose l’utilizzo esclusivo di carne di maiale, una specie di Dop o Igp ante litteram.
Al Museo del Patrimonio Industriale di Bologna (tel. 051.6356611) è visitabile una sezione dedicata alla mortadella che, da gustoso cibo riservato solo ai ricchi, grazie alle innovazioni tecnologiche degli ultimi due secoli è diventata produzione industriale, quindi disponibile su largo consumo.
Ennio Pasquini, l’ultimo artigiano, e il suo salame rosa
A Bologna, fino al 2017, esisteva artigiano che prepara la mortadella di Bologna secondo la ricetta dei nonni: Ennio Pasquini, morto a 83 anni lo scorso anno. Per ottenerla si utilizzano solo “suini pesanti” italiani in composizione variabile; la cottura avviene in stufe di pietra e come involucro viene usata la vescica del suino. Al taglio non è rosata, ma tende leggermente al marrone chiaro, il profumo è delicato e complesso in quanto riflette la concia, inaccessibile segreto familiare. Altro fiore all’occhiello di questo inimitabile artigiano era il salame rosa, una leccornia difficile da rintracciare sul mercato: ha la forma di una mortadella ma, pur essendo un salume, ha il profumo e il gusto di un arrosto.
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