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Italiani nel mondo milioni tra viaggi e tortellini – Il Fatto Quotidiano fa i conti degli sprechi delle Regioni

di Informacibo

Ultima Modifica: 30/03/2014

I ladroni sono molto più di quaranta. Sparsi su venti regioni, senza colore né convinzione politica. Un’intesa larghissima che diventa abbuffata. Parliamo delle associazioni che si dedicherebbero agli italiani nel mondo. Tutte con sede regionale, perché lì il piatto è più ricco. Milioni di euro e miliardi di lire buttati nella presunta causa degli italiani emigrati, ma che a conti fatti sono spesso finiti in grandi viaggi di chi guidava le associazioni e in bevute tra presunti connazionali. Oppure in libri mai venduti, delegazioni ospitate da chissà quale parte del globo. Hotel, ristoranti e business class. Prima degli indiziati è la rossissima Emilia Romagna, che si inventò una consulta per dare un lavoro a Silvia Bartolini. La stessa che, per la prima volta in 50 anni, fece perdere alla sinistra la guida del Comune di Bologna a vantaggio di Giorgio Guazzaloca, per tutti il macellaio dell’altra Bologna. Bartolini perse, ma il partito nel 2006 le disegnò un posto su misura: presidente della Consulta degli emiliano romagnoli nel mondo.

I soldi sprecati a Bologna
Oggi, nonostante sia passato qualche anno e molti, molti soldi, quell’associazione è dentro a un fascicolo giudiziario. Truffa aggravata ai danni della Regione, l’accusa. Il sospetto è che non tutti i progetti vincitori dei bandi avessero davvero i requisiti richiesti. Ma resta anche da capire se la Regione abbia messo in atto i controlli. Va detto che la lista delle associazioni beneficiarie dei finanziamenti è piuttosto ridotta. A spartirsi la gran parte della torta sono stati tre enti: l’Istituto Fernando Santi, il Comitato tricolore per gli italiani nel mondo e il Movimento cristiano lavoratori dell’Emilia Romagna. In sei anni, dal 2008 al 2013, hanno avuto in totale 303 mila e 372 mila euro, per 27 progetti. Tra questi vere e proprie iniziative fotocopia. Nel 2008 il Movimento cristiano ottiene 10 mila e 400 euro per un non meglio precisato progetto intitolato El viento del sur. Nel 2010 stessa cosa: 10 mila euro per Seguendo el viento del sur. E si potrebbe andare avanti a lungo. Altri 10 mila e 500 euro sono stati spesi per Parole e immagini della nostra bandiera e degli stemmi dei comuni dell’Emila Romagna. “Un libro? Una mostra? Non si sa, non c’è traccia nemmeno sul sito della Consulta stessa”, fa notare Liana Barbati, consigliere regionale dell’Idv. Il Movimento 5 stelle ha fatto anche una rassegna delle pubblicazioni promosse dalla Consulta: delle 27 mila e 300 copie di volumi dedicati ai connazionali all’estero e pagati 239 mila euro, oltre 4300 sono rimaste in magazzino, avvolte nel cellophane. “Così è un carrozzone mangia soldi”, è l’accusa che vanno ripetendo i 5 stelle da mesi. Eppure, nonostante le inchieste, le decine di interrogazioni firmate da tutte le forze dell’opposizione, e le promesse di spending review regalate ciclicamente della giunta, la Consulta per gli emigrati è sempre al suo posto. È costata 7 milioni in 7 anni, di cui 658 mila euro messi a bilancio per il 2014. Molti soldi sono finiti per i viaggi fatti da Bologna all’estero, cene, alberghi di lusso.
È in buona compagnia. Di enti dedicati ai connazionali all’estero ce ne sono un po’ ovunque in tutta Italia. Cambiano il nome, variano i soldi a disposizione, ma non la sostanza. Sono quasi sempre enti regionali, spesso gestiti dall’assessorato di competenza. In tutti i casi finanziano viaggi, conferenze e progetti per tenere allacciati i legami con gli emigrati. Rapporti talmente preziosi per la Regione Calabria, che la giunta ha addirittura pensato che una sola struttura non bastasse.

Alla Calabria una non basta
E così nel 2011 la Consulta dell’emigrazione (costata solo nel 2010 82 mila e 700 euro) è stata affiancata dalla Fondazione dei Calabresi nel mondo, del parlamentare di Forza Italia, Giuseppe Galati. È un ente alla Regione, sostenuto solo nel 2013 con 440 mila euro. In Sardegna invece la Consulta per l’emigrazione ha dovuto stringere la cinghia. Si fa per dire. Nel 2012 ha avuto a disposizione circa 3 milioni e mezzo. L’anno successivo le risorse si sono dimezzate, scendendo a 1 milione e mezzo. Non proprio spiccioli. Più drastici in Abruzzo, dove il rubinetto è stato chiuso almeno fino al 2015. Così come in Lombardia e in Veneto, dove i legami con gli emigrati si mantengono a zero euro dal 2012.
Non poteva mancare la provincia autonoma di Trento. Loro di soldi ne hanno e ai connazionali ci tengono assai. Anche troppo. Tanto che la Corte dei conti ha chiesto la giustificazione per una spesa di 5 milioni di euro per una serie di progetti di aiuto per le famiglie di trentini in Brasile, Paraguay, Argentina e Uruguay, dal 2004 al 2009. La guardia di finanza vuole capire come si siano concentrate le spese. Legittimo, visto che non si tratta di spiccioli.

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Capo Redattore