Intervista a Pietro Mattioni, neo amministratore delegato di Zonin1821
"Non mi aspetto nessun cambiamento dei consumi fino a Pasqua. Poi, con ritmi diversi, il Sud ripartirà un po’ prima, per l’arrivo della bella stagione, e il Nord dopo."
di Emanuele Scarci
Ultima Modifica: 15/02/2021
“Sicuramente saremo bloccati fino a Pasqua e poi dovremo capire quando ci libereranno. Non mi aspetto nessun cambiamento dei consumi fino a Pasqua. Poi, con ritmi diversi, il Sud ripartirà un po’ prima, per l’arrivo della bella stagione, e il Nord dopo.
Il punto d’incertezza è settembre 2021: se in quel mese avremo un numero di vaccinati sufficiente è possibile che il calvario diventi via via meno gravoso. Altrimenti si continuerà a soffrire sino al termine dell’anno”: il futuro è ancora incerto per Pietro Mattioni, neo amministratore delegato di Zonin1821, che è approdato a Gambellara in una fase di profondo cambiamento aziendale.
Zonin è il quarto gruppo privato del vino per fatturato in Italia. Nel 2019 ha realizzato ricavi per 195 milioni, per oltre l’80% all’export e gli Usa primo mercato, e 50 milioni di bottiglie (4 euro medi a bottiglia). La cantina vanta 8 tenute in Italia, suddivise in 7 regioni, e 2 all’estero.
In gennaio Zonin1821 ha incassato il via libera del ministero delle Politiche agricole per due progetti promozionali finanziati con i fondi Ocm per 3,5 milioni su un budget di 7 milioni.
“Oggi lavoro dalle 8 alle 22 – commenta Mattioni – e sarà così per i prossimi 8-10 mesi. All’inizio si va ad esaurimento delle energie per le tante cose da fare. Poi ti costruisci la squadra, inizi a indovinare qualche vittoria che ti dà un po’ di respiro. Quindi organizzi il lavoro in modo più strutturato e tiri un sospiro di sollievo e magari a pranzo riesci a farti una passeggiatina”.
Avete sostituito una parte rilevante della prima linea. Continuerà?
In realtà quando sono arrivato il direttore marketing e sviluppo commerciale Stefano Silenzi era appena andato via. Il direttore Italia Giacomo di Feo ha deciso, di sua volontà, di trasferirsi in terra Moretti. Mentre su alcune posizioni, come Piera Alberta, direttore marketing, e Alessandro Marchesan, corporate export director, sono intervenuto personalmente. Di solito l’organizzazione è funzionale alla strategia ma Zonin non ha una strategia sbagliata: è semplice ed efficace.
Cos’è che non funzionava?
La messa a terra. L’organizzazione non era allineata ai bisogni strategici dell’azienda. Per questo a dicembre abbiamo fatto un fine tuning per rimescolare le carte e appiattire la struttura, in alcuni casi troppo verticalizzata. Ora è più agile e dinamica.
In quali aree si sono manifestati i problemi?
Glielo dico con una metafora: Zonin è una nave che navigava in direzione dei 200 milioni, ma una volta toccata la boa il business model era maturo e andava aggiornato. Ora sto ponendo grande attenzione alla ricomposizione della squadra Italia, vista l’urgenza. E per sopperire alle funzioni mancanti del key account del canale moderno e del direttore commerciale Italia svolgiamo un grande lavoro di squadra che apprezzo moltissimo.
Quando arrivano i titolari delle funzioni mancanti?
Quando li trovo. In Italia siamo molto avanti e spero di avere una risposta presto. Sulle altre posizioni, che gestisco ad interim, ci stiamo ancora pensando. Ci vorrà del tempo, ma non ho fretta.
Quale la nuova strategia di Zonin?
Mi mette in difficoltà. Lasci che porti a casa qualche risultato e poi le spiegherò qual è e perché l’ho scelta. A grandi linee, abbiamo 3 pilastri: le bollicine, i vini delle tenute, che migliorano anno dopo anno, e i vini più commerciali che produciamo a Gambellara. Questi hanno bisogno di strategie dedicate e attenzioni. Il mio sforzo è chiarire quali siano i bisogni di ciascuno di questi tre pilastri ed evitare che le strategie si mescolino. Abbiamo un focus importante sui mercati esteri, con l’80% dell’export, su cui continueremo a battagliare. Non vogliamo abbandonare l’Italia e reputiamo che l’estero sia un grande polmone di sviluppo. La nostra filiale americana continua a crescere mentre quella inglese dovrà esprimere a pieno il potenziale.
In agenda potrebbe entrare la cessione di una delle 10 tenute?
Non siamo venditori. Non abbiamo in programma cessioni e, in questa fase, non ne abbiamo bisogno. Crediamo moltissimo nella nostra capacità di generare crescita organica. In passato abbiamo investito per aumentare la nostra quota nell’Horeca: i vini premium delle tenute sono fatti apposta. Ciò detto le nostre tenute possono offrire al cliente ogni tipo di vino: quello di tutti i giorni o l’esercizio di stile di alto livello, uno del Sud Italia o toscano. Pochi in Italia hanno la ricchezza della gamma Zonin. Un elemento di distintività che però può diventare un problema se non sai che farne.
Quali le tenute non sufficientemente valorizzate?
In alcune regioni abbiamo iniziato prima il percorso di sviluppo, come in Toscana e in Friuli con Ca’ Bolani; in Puglia e Sicilia siamo arrivati in ritardo ma vogliamo portarle tutte allo stesso livello. Le potenzialità dei vini nel mondo variano a seconda della regione: con i toscani è più facile ma quelli del Sud stanno registrando un grande momento.
Avete la fama di prosecchisti: quanto pesa il Prosecco sulle vendite?
Ne facciamo tanto: tante private label, poi il marchio Zonin e quelli secondari. Solo il Prosecco a marchio Zonin pesa per il 22%, ma nel complesso siamo abbastanza lontani dalla metà.
Quale il preconsuntivo 2020 del gruppo?
Causa pandemia, sul fatturato abbiamo subìto un calo, ma solo a una cifra. Siamo stati bravi a trasferire nel canale moderno una parte delle vendite mancanti in seguito alla chiusura della ristorazione. Inoltre è andato bene l’e.commerce. Mi sarei aspettato un calo maggiore ma anche gennaio è partito bene.
Tra Italia ed estero chi ha tenuto meglio?
L’Italia ha fatto bene ma non c’è un grande divario di performance. Mi sarei aspettato maggiore difficoltà nel nostro Paese, dove l’Horeca è più consistente. Siamo stati aggressivi sul Prosecco e questo ci ha consentito di accelerare le vendite.
L’emergenza pandemica e il calo delle vendite hanno pesato sul debito finanziario che, secondo Mediobanca, nel 2019 era di 151 milioni?
Nel 2020 non abbiamo avuto un appesantimento rispetto al passato e non abbiamo tensioni sulla parte finanziaria che gira molto bene. I numeri possono sembrare importanti, ma sono assolutamente sotto controllo.
Quale mercato si aspetta quest’anno?
Ci sono consumatori che a casa bevono vini più costosi. E in alcuni paesi i canali moderni si sono strutturati per vendere etichette di valore più elevato: andrà verificato quanto questo possa durare nel post pandemia. Poi inevitabilmente in molte geografie il reddito medio si ridurrà per la disoccupazione o la cassa integrazione: ci sarà un downgrade. Sarà un mercato molto fluido nel quale dovremo agire con estrema velocità.
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