Il vero giacimento che crea ricchezza in Italia è il turismo enogastronomico
di Informacibo
Ultima Modifica: 22/06/2013
Chieti, 22 giugno 2013. Il giacimento che crea ricchezza nel Belpaese? È il turismo enogastronomico, vera industria per l’Italia il cui appeal è dato da quel patrimonio inestimabile che è il Paese stesso con i suoi paesaggi, i suoi prodotti e la sua cultura, che per girare ha però bisogno di sostegno e tutela, investimenti e input che trovino l’appoggio del Governo.
E dalla necessità di unire l’offerta, alla valorizzazione di quel valore aggiunto che è la qualità dell’alimentazione e della cultura del cibo, ad adeguate politiche di sostegno della salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, dalla costituzione di un Osservatorio per la tassa di soggiorno alla diffusione dei nuovi media per la promozione e comunicazione dell’agroalimentare, da una regia unica per la valorizzazione del bello e buono made in Italy fino all’importanza dell’Expo 2015, le Città del Vino si fanno portavoce di tutto il comparto dal Forum “Strade del Vino e Distretti Enogastronomici”, appuntamento della Convention di Primavera delle Città del Vino, di scena oggi a Chieti, per rilanciare il ruolo strategico del settore e dei territori d’origine del made in Italy, mettendo a confronto esperti del settore e da cui nascerà il “Libro bianco” per il Ministro per i Beni, le attività culturali e il turismo, Massimo Bray.
“Ci auguriamo che questo Forum – sottolinea il presidente delle Città del Vino, Pietro Iadanza – sia il punto di partenza che dia il via ad una strategia nazionale unica, una regia comune, e per farlo abbiamo bisogno che il nostro impegno venga ascoltato dagli intelocutori nazionali, dal Governo e dai Ministri, da quello del Turismo a quello dell’Agricoltura. Non possiamo più aspettare, è necessario agire, perchè c’è l’esigenza di un’attenzione particolare per il settore del turismo enogastronomico e di un tavolo istituzionale intorno al quale far sedere tutte le controparti interessate. Il must è lanciare un modello italiano di turismo enogastronomico.
Da qui nasce il “libro bianco” con le proposte delle Città del Vino per il Ministro Bray”.
Una delle parole d’ordine del Forum è stata “unire”, unire per offrire e unire per contare con le Città del Vino che si candidano alla gestione di un coordinamento delle Strade del Vino italiane, attraverso un progetto di comunicazione omogeneo, migliorandone in modo diffuso gli standard minimi di qualità. L’obiettivo? Limitare la disomogeneità delle Strade del Vino, per creare una rete di strade idealmente collegate tra loro, di regione in regione, tra le diverse terre del vino.
Proprio sul tema delle Strade del Vino è intervenuta Magda Antonioli Corigliano, docente del Master in Turismo della Bocconi di Milano: “il successo o l’insuccesso della Strada come rete efficiente di attori dipende da molti fattori, ma soprattutto fondamentale è la logica, trattandosi di “un insieme” per crescere e di “un modo” per differenziarsi e per posizionarsi nel mercato sempre più globale, di realizzare strategie “su misura” tematizzando l’offerta e la creazione di eventi specifici. Valorizzare il territorio attraverso le proprie specificità e un know how adeguato, non solo sfruttando l’inventiva, e ciò vuol dire cavalcare un comparto in forte crescita nel mercato turistico, dove le motivazioni che contraddistinguono le destinazioni, vanno adeguatamente assecondate. Avere dimenticato spesso la parola “turismo”, aver trascurato gli scenari evolutivi della domanda di turismo enogastronomico, nonché l’aspetto per così dire esperienziale del visitatore (“cultural adventure”), oppure ancora avere posto in secondo piano il concetto di “valore” , posso essere tutti elementi riconducibili al fallimento di questo modello. Dobbiamo ritornare a parlare di turismo”.
Fra gli altri punti cardine la qualità dell’alimentazione e la cultura del cibo, che rappresenta, in questo momento, un valore aggiunto in termini di reputazione e competitività dei territori. La sostenibilità del turismo enogastronomico viene identificata anche con l’idea di un’alimentazione veicolo di salute, nonché di valori culturali ed etici. Per questo bisogna mettere a sistema questo immenso patrimonio sostenendo una campagna di educazione alimentare sia in Italia (Dieta Mediterranea e i suoi benefici) sia all’estero come motivazione al viaggio.
“Il prodotto enogastronomico diventa veicolo di un’immagine del territorio in senso più ampio – sottolinea Sabrina Meneghello, ricercatore del Ciset-Centro Internazionale di Studi sull’Economia – e la “lettura” del luogo attraverso il prodotto, attira il visitatore fornendogli un’esperienza non solo del gusto, ma anche della vista e della mente, grazie al paesaggio, al coinvolgimento e alla storia.
Molte sono le opportunità da poter cogliere, dall’interesse delle istituzioni per la valorizzazione del settore all’impegno sempre più evidente dei produttori per un’agricoltura sostenibile, dall’Unione Europea che impone una maggiore attenzione per il fenomeno alla crescente attenzione dei consumatori, e ancora la tendenza dello snapping (consumare nelle ore pomeridiane) o del food shopping, con grandi potenzialità date dai prodotti stessi, come per esempio il vino, grande attrattore, trascinatore e brand del territorio, superiore all’effetto di altre produzioni tipiche”. A proposito di Bacco come medium dei territori e “cantastorie” degli stessi: “Il vino è sempre più bene immateriale che ha incorporato gli immaginari della memoria dei territori d’origine – spiega Cristina Colli, collaboratore del Consorzio Aaster di Sviluppo del Territorio – memorie di luogo e saperi contestuali, ma anche i significati delle comunità di consumatori globali, l’appartenenza vocazionale ed esperenziale delle comunità contemporanee. L’enoturismo è una delle “4 E”del vino, una delle sue facce che vede come punti chiave la scommessa del paesaggio e dell’offerta territoriale integrata e deve vincere la sfida del made in Italy che piace al mondo”. Però, gli aspetti interessanti per il turismo “non si trovano solo nei prodotti – sottolinea Luca Savoja, docente di Sociologia del Turismo dell’Università di Torino – ma anche, forse soprattutto, nei processi organizzativi, relazionali e culturali che danno origine ai prodotti stessi. L’impiego del “tipico” come valore del prodotto e come attrattore dei territori si configura come uno degli aspetti più rilevanti nei modelli turistici contemporanei, soprattutto in Italia, vero “paradigma” della tipicità e della eterogeneità territoriale e produttiva.
La chiave per un turismo di successo, in grado di attrarre i visitatori e di aumentare il valore dei prodotti di riferimento, si trova nella capacità di considerare il “tipico” non solo come una semplice, seppur importantissima, caratteristica del prodotto ma come un “modello culturale” che contrassegna indelebilmente i processi e gli attori coinvolti nella produzione, distribuzione e consumo dei prodotti stessi che avviene in ambito locale. La sfida dunque è quella di favorire l’affermazione di una visione multidimensionale del “tipico”, che va inteso non solamente come garanzia dell’autenticità del prodotto ma come vera e propria attrazione (riportabile all’idea di turismo culturale) che funziona da pull motivation turistica”.
Occorrono, poi, adeguate politiche a sostegno della tutela dell’ambiente e del paesaggio, elementi indispensabili da preservare e comunicare in chiave di appeal turistico; il paesaggio come bene indivisibile e quindi collettivo; sostegno alle imprese vitivinicole, anche attraverso l’utilizzo di specifici fondi della Ocm vino destinati alla promozione, per finanziare progetti di recupero ambientale dando alle imprese un ruolo centrale nella condivisione della gestione del territorio assieme agli enti locali, Comuni in primis.
“Nel paesaggio italiano – spiega Benedetto Benedetti della Scuola Normale Superiore di Pisa – emergono le aree a vocazione vinicola e le stesse strutture di coltivazione e produzione in un’integrazione armonica e unica, con poche valide comparazione in Europa e nel mondo.
È dalla rivalutazione ed evoluzione di questa integrazione economica e culturale, allo stesso tempo, che deve svilupparsi un piano “italiano” di strategie di marketing fondato sull’abbinamento fra elementi visivi del paesaggio storico nella sua continua evoluzione ed elementi produttivi che abbinino le forme della produzione vinicole nelle sue componenti strutturali con la fruizione del paesaggio sia naturale sia costruito”.
Fra le proposte delle Città del Vino, anche la costituzione di un Osservatorio sulla cosiddetta Tassa di soggiorno, a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio che è tutt’oggi oggetto di dibattito in tutta Italia. L’obiettivo dell’Osservatorio è di comprendere come il relativo gettito sia effettivamente destinato a finanziare interventi in materia di turismo, di fruizione dei beni culturali ed ambientali locali, nonché interventi sui servizi pubblici locali. La corretta comunicazione al turista del valore anche “etico” della tassa di soggiorno come strumento a disposizione dei Comuni per la manutenzione, l’adeguamento e la realizzazione dei servizi turistici è, dunque, fondamentale.
Punto cruciale anche il web: la diffusione e l’impiego dei nuovi mezzi di promozione e comunicazione nell’ambito dell’agroalimentare e del turismo enogastronomico, sono strumenti indispensabili per lo sviluppo dei territori rurali; per questo c’è un’estensione a tutto il territorio rurale italiano la possibilità di accesso alla rete wireless per la comunicazione, la promozione e la gestione di progetti di sviluppo turistico. I cambiamenti della domanda individuale e collettiva (prenotazioni on line di viaggi, soggiorni, ristoranti e servizi vari), infatti, si ripercuotono nella comunicazione che deve avvalersi di nuovi modelli operativi per promuovere i territori in Italia e all’estero.
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