Il museo della Mandorla di Avola e delle tradizioni agricole avolesi
Alla scoperta di prodotti tipici locali tra le sale di un'antica masseria siciliana
di Alessandra Favaro
Ultima Modifica: 09/08/2018
Sembra di fare un tuffo indietro nel tempo varcata la soglia della masseria dove da maggio ha aperto il Museo della Mandorla di Avola e delle tradizioni agricole avolesi, nato per iniziativa del Consorzio di tutela della Mandorla di Avola, col Comune e Pro Loco. Uno spazio espositivo che illustra ai turisti e ricorda agli abitanti il legame profondo tra questa produzione di eccellenza e la sua terra.
Il Museo della Mandorla di Avola nasce in una masseria un tempo appartenente a una famiglia di produttori. L’edificio, dopo essere stato lasciato dei proprietari rischiava il degrado. E’ stato acquistato dal Comune, ristrutturato e ora è sede del museo oltre a offrire diversi spazi espositivi e di aggregazione.
Il nome della cittadina in provincia di Siracusa è conosciuto per due prodotti tipici rinomati nel mondo: la mandorla di Avola e il vino Nero d’Avola. Il museo è nato quindi per raccontare la storia di queste tipicità in un percorso a tappe alla scoperta della tradizione agricola avolese e delle caratteristiche uniche di questi tesori enogastronomici.
Ci sono due modi per vivere il museo: con la visita guidata al campo didattico e tra i locali (2 euro), oppure con la visita guidata e la degustazione (5 euro), un tassello in più per “toccare con mano” la differenza tra la mandorla di Avola e tutte le altre.
La prima tappa è esterna: il campo espositivo (realizzato in collaborazione con gli studenti dell’istituto agrario cittadino) dove sono presenti una vigna di Nero d’Avola, mandorli di varietà Pizzuta, Fascionello e Romana, alberi di limone Femminello siracusano e canna da zucchero.
Non tutti sanno infatti che era proprio la canna da zucchero la coltivazione principale nel territorio di Avola fino ai primi del Novecento. Importata dagli arabi in Sicilia, serviva per produrre rum. La coltivazione però richiedeva abbondanza di acqua, e nel tempo lasciò spazio a piante più in sintonia con il clima locale, più secco e poco piovoso.
La seconda tappa sono le sale interne della masseria, con il palmento e il frantoio. Un lavoro che ha coinvolto enti, commercianti, ma anche i privati cittadini che hanno contribuito con donazioni di loro antichi strumenti agricoli.
Alle pareti foto d’epoca e attrezzi illustrano le diverse fasi di lavorazione dei prodotti agricoli, le macchine per la sgusciatura e calibratura e una bassina in rame, utilizzata per la produzione dei prestigiosi confetti con le mandorle avolesi.
La lavorazione della mandorla impegnava tutta la famiglia, lo raccontano le foto d’epoca affisse ai muri e un tavolo di legno antico. Dopo il raccolto effettuato dagli uomini, erano le donne e i bambini a togliere il mallo verde dai frutti che venivano infine messi a seccare.
Le mandorle messe a seccare cambiavano l’aspetto della città: distese di mandorle sui marciapiedi e per le strade. Qualcuno in città se lo ricorda ancora, e si ricorda che si dormiva all’aperto, sopra le mandorle, per evitare che qualcuno le potesse rubare.
Tappa finale al cooking demo per un percorso esperienziale di degustazione: dal campo alla tavola. Il visitatore gusta confetti, latte di mandorla e biscotti preparati “in diretta” nei locali del museo, con le ricette tradizionali avolesi.
C’è anche uno shop nell’ultima sala: prodotti tipici avolesi, mandorle e vini. La prossima tappa di riscoperta delle tipicità locali sarà il museo del vino: l’apertura per l’anno prossimo a Palazzo Modica di San Giovanni, una dimora storica avolese.
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