Il meglio dei salumi italiani: tappa in Emilia Romagna
di Alessandra Favaro
Ultima Modifica: 22/07/2019
Un vecchio detto popolare dice che “del maiale non si butta via niente”. E così infatti è, fin dai tempi più antichi. Nell’alimentazione contadina, il maiale costituiva una delle principali fonti di proteine animali.
Per assicurare una migliore conservazione delle carni da lavorare, la macellazione del maiale avveniva nel periodo più freddo dell’anno, tra dicembre e gennaio. L’animale era scannato e lasciato dissanguare. Il sangue veniva raccolto in un recipiente e utilizzato per fare i sanguinacci.
Era un’operazione “cruenta” a leggere i passaggi, ma necessaria a ottenere tantissimi prodotti, alimentari e non. L’operazione che seguiva, consisteva nell’asportare le setole, ammorbidendole con acqua bollente e raschiandole con un coltello. Il maiale era poi appeso a una trave e tagliato in due longitudinalmente. Le interiora venivano asportate, ripulite, e utilizzate per insaccare salami e salsicce. La vescica veniva gonfiata, lasciata essiccare, e poi utilizzata come recipiente per lo strutto. Polmoni e fegato erano messi da parte per essere insaccati come “mazzafegati” (salsicce di fegato) o cucinati alla brace come fegatelli, foderati di “rete” conditi con pepe, sale e foglie di alloro.
Trascorso un paio di giorni, si provvedeva a “spolpare” le mezzene (le due metà del maiale). La carne veniva selezionata per diversi usi: si realizzavano subito salami e salsicce, cotechini e coppa, mentre prosciutti, spallette, capocolli e guanciali si mettevano sotto salatura per qualche giorno. Erano quindi lavati con vino bianco, asciugati, conditi con pepe e aglio e appesi a stagionare.
Le nuove tecniche di produzione e la tecnologia non hanno mai cancellato la tradizione e la tipicità, anche se si è avuto un continuo e ininterrotto sviluppo che ha adeguato il prodotto alle necessità nutrizionali.
I salumi sono un alimento sano e in linea con le tendenze nutrizionali più moderne, grazie ai cambiamenti introdotti nelle tecniche di allevamento dei maiali e alle modifiche nei processi di lavorazione allo scopo di ottenere salumi più leggeri ma immutati nelle caratteristiche organolettiche.
I principali salumi italiani risultano essere più in linea con le richieste nutrizionali dell’uomo di oggi. Cominciamo quindi oggi un viaggio attraverso alcuni dei salumi italiani più rappresentativi delle regioni dove nascono. Ce ne sono molti altri, dalle storie curiose, per questo vi invitiamo a scriverci nei commenti segnalandoci i vostri salumi tipici preferiti.
I salumi sono molto gustosi e graditi a tutte le età, a partire dall’infanzia. Forniscono calorie, proteine, grassi, minerali, e alcune vitamine, che sono nutrienti essenziali. Sono facili da conservare e preparare e le diverse tipologie sono adatte a varie diete, da quelle ipocaloriche a normocaloriche e ipercaloriche. Nell’alimentazione dello sportivo e non solo, sono una buona alternativa al secondo piatto o, con il pane, lo spuntino ideale, perchè equilibrato e ricco di nutrienti.
I salumi italiani hanno sempre avuto un ruolo importante sia come antipasti che come pietanze a sé stanti, o ancora, come componenti di piatti più o meno elaborati: prosciutto, speck, salame, cotechino, zampone, mortadella e tanti altri prodotti che fanno parte di questa ampia famiglia.
Ogni regione italiana ha mantenuto in vita preparazioni tradizionali, che hanno raggiunto forte notorietà sia in Italia che sui mercati esteri. Vediamo alcuni degli insaccati più conosciuti e consumati sulle nostre tavole.
Cominciamo il nostro viaggio alla scoperta dei salumi italiani con una regione che dei salumi ha fatto tante storie di eccellenza: l’Emilia Romagna.
Coppa piacentina Dop
La coppa piacentina Dop viene lavorata nella provincia di Piacenza. Le nebbie umide della Bassa e le brezze del primo Appennino contribuiscono all’unicità di questo delizioso salume italiano. L’allevamento di maiali nella zona di Piacenza risale al 1000 a.C. La produzione avviene da allevamenti lombardi ed emiliani ma la stagionatura deve compiersi in località che non superino i 900 metri di altitudine. La coppa piacentina si ottiene dal muscolo cervicale del suino, che viene tagliato all’altezza della quarta costola, e non può avere peso inferiore ai 2,5 kg. La carne viene massaggiata, spremuta e rifilata, quindi si procede alla salatura con sale, zucchero, pepe spezzettato e numerose spezie, tra cui chiodi di garofano, semi di alloro, cannella. La stagionatura completa dura almeno sei mesi, a una temperatura costante tra i 10 e i 14 gradi, a umidità controllata. Ha gusto pieno e dolce, profumo delicato e sottile.
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Pancetta piacentina Dop
La pancetta è un salume diffuso in tutta Italia. Gli animali che forniscono la carne devono provenire dall’Emilia Romagna o dalla Lombardia. La zona di lavorazione è la sola provincia di Piacenza. Il gusto della pancetta piacentina è molto particolare; l’elevata percentuale di grasso e la delicata aromatizzazione le conferiscono profumo e un sapore dolce, leggermente speziato, molto gradevole. La produzione avviene esclusivamente nella zona dei Colli Piacentini, non al di sopra dei 1000 metri di altitudine. Quella piacentina è una tipica pancetta arrotolata, di forma cilindrica, dal peso di 4-8 kg, e dal colore rosso vivo al taglio, inframmezzato dal bianco delle parti grasse. E’ un salume Dop che non contiene nitriti e di alta qualità.
Culatello di Zibello
Dal XIV secolo Zibello è celebre per questa delizia gastronomica. Il culatello affonda le radici nella memoria storica della cultura contadina, che ancora oggi resiste nei casolari della Bassa. La zona di produzione del Culatello comprende i comuni di Polesine, Busseto, Zibello, Soragna, Roccabianca, San Secondo, Sissa e Colorno. Fino ai primi decenni del secolo scorso solo pochissime famiglie potevano concedersi il culatello. Un prodotto così pregiato non alimentava grandi commerci. Il fatto che restasse sconosciuto al grande pubblico garantiva la tipicità allo stesso modo in cui ne alimentava la leggenda, circondandolo di un po’ di quella nebbia che non ha mai abbandonato la gente di questi luoghi, e che tanto partecipa alla creazione di un prodotto unico. Il culatello di Zibello è probabilmente il salume italiano di suino più pregiato e costoso. Il prezzo, che supera abbondantemente i 70 euro al kg dal produttore, è dovuto in parte alle sue caratteristiche in parte alla produzione non elevata che determina un divario notevole tra domanda e offerta.
Dolce, con sentori che sfumano tra la rosa il muschio, il culatello viene sapientemente speziato e stagionato per almeno 10 mesi. Per gustarne la fragrante delicatezza e sfilare più facilment il sottile strato di budello che lo protegge, bisogna avvolgerlo in un tovagliolo imbevuto di vino bianco secco, lasciandolo riposare per qualche giorno al riparo da luce e calore. E’ ottimo servito con buon pane antico della zona di produzione assieme a qualche ricciolo di burro, soprattutto nella stagione fredda.
Prosciutto di Parma DOP
Risale al Cinquecento una delle prime testimonianze sul prosciutto di Parma, in una poesia di Pomponio Torelli.A quell’epoca risalgono anche diverse leggi che vietavano la libera circolazione dei maiali in città, segno che l’allevamento dei suini era molto sviluppato.
Il prosciutto continua la sua ascesa nelle case dei nobili fino ad arrivare a Roma a Palazzo Farnese in occasione della visita della regina Cristina di Svezia, a Papa Alessandro VII.
Questa Dop regionale si produce nella zona compresa tra la Via Emilia e il letto del fiume Enza, soprattutto attorno alla zona di Langhirano. Si contraddistingue per un sapore unico e per la “corona”, il marchio impresso a fuoco solo sul prosciutto di Parma originale. Viene anche chiamato Prosciutto Dolce per la poca quantità di sale impiegata durante la lavorazione. La salatura è accompagnata da un breve periodo di riposo in celle frigorifere e seguita dal cospargimento di sugna.
Questo processo garantisce una lenta asciugatura, in modo che la coscia possa stagionare per molto tempo, almeno 12 mesi, aggiungendo poco sale appunto, l’unico conservante ammesso da disciplinare. Ne deriva un sapore dolce e delicato, poco salato e con aroma fragrante.
Il prosciutto in cucina è un grande alleato, gustato da solo o come ingrediente (basti pensare al ripieno dei tortellini). Per apprezzarlo al meglio va affettato sottilmente e conservato al fresco, avvolto in un canovaccio umido.
Salame di Felino Igp
II primo documento relativo al salame Felino rintracciato di Parma risale al 1456 quando Niccolo Piccinino, condottiero al soldo del duca di Milano che qui aveva una delle sue basi operative ordino che gli si procurassero “porchos viginti a carnibus pro sallamine” ovvero
venti maiali per fare salami.
È l’unico insaccato italiano ad essere rappresentato in un luogo sacro.
La piu antica riproduzione del salame Felino si trova infatti in una delle lastre dedicate ai mesi e alle stagioni presenti nel Battistero di Parma. È prodotto nella cittadina di Felino (da cui il nome) e in alcuni comuni limitrofi come Sala Baldanza e Langhirano tutti in provincia di Parma. In tutta l’Emilia-Romagna e
anche in altre regioni si produce un salame simile chiamato comunemente salame ‘tipo Felino”. Ha un colore rosso intenso con il bianco del grasso macinato. La compattezza della carne è legata alla lunghezza del periodo di stagionatura. II profumo e intenso molto caratteristico mentre il sapore e delica-
La tecnica di preparazione e quella di una volta, con carne magra fresca e di prima scelta ottenuta da suini nati allevati in Italia. E uno degli antipasti piu
tipici del Parmense. La tradizione che venga affettato con un taglio inclinato di 60 allo scopo di evidenziare la grana e di evitare la sbriciolatura dell.
fetta nel caso in cui venga consumato fresco. Va conservato al fresco, avvolto in un canovaccio di cotone inumidito con un filo di vino bianco.
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