Il biologico non conosce crisi e grande è la crescita delle vendite nella Gdo
di Informacibo
Ultima Modifica: 03/07/2017
Come dimostrano i dati, sempre più italiani hanno deciso di acquistare alimenti biologici, e a sua volta la Gdo ha iniziato ad investire con proprie linee dedicate al bio e ad un consumo sempre più consapevole.
E i dati della Gdo sono davvero sorprendenti: nei 12 mesi chiusi il 31 marzo, solo in Iper e Supermercati, le vendite di alimenti biologici hanno superato il valore di 1,27 miliardi di euro, in crescita del 19,7% rispetto all’anno precedente.
“Ai numeri della grande distribuzione vanno aggiunti: poco meno di 900 milioni nel canale dei negozi specializzati, circa 350 milioni nella ristorazione e circa 1,8 miliardi in export. Con i canali minori (vendite dirette, on-line) superiamo i 4,5 miliardi” precisa Roberto Zanoni, Presidente di AssoBio.
Una crescita in assoluta controtendenza rispetto allo scenario generale in cui versa il settore food & beverage, le cui vendite nel 2016 in Italia sono state “inchiodate” a un asfittico +0,1% rispetto al 2015.
Un impegno importante sul versante Bio arriva dalla Conad con il nuovo marchio Verso Natura Conad, sviluppato in quattro linee differenti per assecondare le richieste di una clientela sempre più esigente.
Oltre a Verso Natura Bio esistono infatti Verso Natura Veg, rivolto ai vegetariani o a chi ha deciso di ridurre il consumo di carne all’interno della propria dieta, Verso Natura Eco, che propone detergenti ecosostenibili e carta riciclata, per terminare con Verso Natura Equo, una linea di prodotti attenta alle esigenze dei lavoratori e alle economie locali.
«Ai tradizionali brand Conad si affianca ora Verso Natura, un marchio che è testimone di una nuova cultura di Conad, ancora più sensibile, più attenta ai nuovi trend di consumo, più consapevole della necessità di soddisfare meglio i bisogni di quanti fanno la spesa», esordisce Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad. «E’ sicuramente un marchio ben articolato – prosegue – per rispondere a stili di vita emergenti legati a scelte consapevoli, alla crescente attenzione al benessere e alla salute, alla qualità di ciò che si porta in tavola, al rispetto dell’ambiente e al rispetto dei diritti dei lavoratori. In linea con i valori della nostra impresa e nella consapevolezza che l’evoluzione dei consumi è un’opportunità per far crescere e sviluppare la nostra marca».
Oltre al rilancio delle 60 referenze da agricoltura biologica già in assortimento, Conad ha pianificato il lancio di un’ampia gamma di nuovi prodotti: 94 nella linea Bio – dall’ortofrutta ai legumi secchi, dalle carni avicole e bovine ai surgelati, dai biscotti al latte e agli infusi –, 27 in quella Veg – dai gelati ai sostitutivi di latte e yogurt a base soia, dai piatti pronti freschi vegetali ai sostitutivi di carne surgelata e alle zuppe fresche –, 9 in quella Eco – carta, detergenti casa e detergenti bucato – e 6 in quella Equo – cacao, caffè, cioccolato e te. Si tratta di circa 200 referenze, che saranno presenti nei punti vendita Conad entro il primo trimestre del 2017.
Tornando al boom del bio nella Gdo, per rendersi conto del fenomeno basta citare il fatto che nel 2016 il biologico ha rappresentato il 3 per cento degli alimenti confezionati venduti negli iper e nei supermercati, per un valore complessivo di 843 milioni di euro, mentre nel 2000 era fermo allo 0,7 per cento, pari a 129 milioni (fonte Nielsen).
«L’elemento di novità che sta caratterizzando questa nuova fase della crescita degli acquisti di prodotti bio nel mercato interno è certamente il ruolo da protagonista che sta assumendo la Gdo, con un rinnovamento e una crescita costanti degli assortimenti che stanno diventando il motore più potente dell’aumento a due cifre dei consumi di biologico. Un aumento che secondo i dati di Nielsen e AssoBio ha contribuito per circa il 40% alla crescita dei consumi alimentari in Italia nel 2016, facendo del biologico e del suo sviluppo negli assortimenti sui banchi della Gdo il traino indispensabile per tutta la distribuzione moderna in Italia», dichiara Paolo Carnemolla, presidente di FederBio.
Ma quali sono gli alimenti bio che più piacciono ai consumatori?
A farla da padrone sono la pasta di semola integrale, il farro e il kamut, che all’interno della loro categoria di prodotto rappresentano il 52,8 per cento delle vendite, per un valore complessivo di 42,6 milioni di euro. Al secondo posto ci sono i sostitutivi del latte a lunga conservazione, che pesano per il 32,7 per cento sulla categoria di prodotto e valgono 59,1 milioni di euro, mentre al terzo posto, con un peso pari al 30,8 per cento sul tipo di prodotto, si trovano le gallette, che con i loro 97,8 milioni sono anche l’alimento bio che ha il più elevato valore in milioni di euro all’interno di una classifica composta da 15 differenti tipologie di alimenti.
CHI E' ASSOBIO
AssoBio è l’Associazione Nazionale delle Imprese di Trasformazione e Distribuzione di Prodotti Biologici e Naturali. Costituita nel 2006, l’associazione è registrata a Padova, Reg. Atti privati 10107 del 25.10.06. L’associazione ha carattere e strutture democratiche ed è indipendente da partiti politici, organizzazioni o enti di qualsiasi natura.
Allo scopo di salvaguardare la propria autonomia e contemporaneamente realizzare il massimo di unità a livello nazionale, oltre che per portare specifici contributi di elaborazione e di scelte, l’associazione aderisce a FederBio, la federazione unitaria italiana del settore biologico e biodinamico.
AssoBio ricerca rapporti di collaborazione e il confronto con tutte le organizzazioni, enti ed organismi che perseguano finalità convergenti con le proprie.
CHI è FEDERBIO
FederBio è una Federazione di organizzazioni operanti in tutta la filiera dell'agricoltura biologica e biodinamica di rilevanza nazionale, nata per rappresentare e tutelare il Biologico italiano, favorendone lo sviluppo e promuovendone la conoscenza e la più ampia diffusione.
Dopo oltre tre anni di dibattito, proprio sul filo di lana della presidenza Ue di Malta mercoledì 28 giugno le istituzioni Ue hanno raggiunto un accordo politico su nuove regole sulla coltivazione biologica e la commercializzazione dei prodotti da agricoltura bio.
Ma è un compromesso al ribasso per l'Italia.
La Commissione a dire il vero avrebbe voluto l'approccio italiano e belga, che prevede soglie di tolleranza o meglio soglie limite, al di sopra delle quali il prodotto non può essere più certificato biologico. Ha vinto invece l'approccio più mercantilista delle agricolture del nord. Fatte salve le regole nazionali vigenti, dal 2020, in caso di presenza di un fitofarmaco in un prodotto bio, esso viene “sospeso”, ovvero decade dallo status, fino ad approfondimento. Se la contaminazione fosse deliberata o il coltivatore non avesse applicato le nuove misure precauzionali previste dal regolamento, perderà lo stato di biologico, altrimenti potrà essere reimmesso in commercio come bio.
Il commento del commissario per l'Agricoltura, Phil Hogan
Dopo la riunione decisiva del 28 giugno, il commissario per l'Agricoltura, Phil Hogan, ha dichiarato: "Accogliamo con favore la conclusione positiva del trilogo di oggi e dell'accordo raggiunto sul regolamento e riteniamo che il nuovo quadro legislativo corrisponda al dinamismo e alle aspettative di questo settore in rapida crescita, supporti il suo sviluppo e la sua capacità di innovare e lo aiuti a raggiungere il suo pieno potenziale”.
“Ora – ha concluso Hogan – il testo di compromesso dovrà essere approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei ministri dell'Agricoltura”.
Dall'Italia, tra i paesi leader nel bio con 1,5milioni di ettari coltivati, 60mila operatori e un valore di oltre un miliardo, sono arrivate soprattutto critiche.
I commenti
Paolo Carnemolla, presidente di FederBio, pur apprezzando l'impegno della Commissione, ha definito l'acccordo “ancora provvisorio e molto al disotto delle aspettative. L'Italia dovrà interrogarsi su come gestire la propria normativa in materia di contaminazioni affinchè non rimanga solo un elemento penalizzante per i mpropri produttori, senza per questo dare garanzie reali ai consumatori”.
“Alla fine la montagna ha partorito un topolino”. E’ questo il commento di Aiab alla notizia della mediazione trovata in extremis sul nuovo regolamento europeo sul biologico che chiude rischiose diatribe e soluzioni divisive tra i Paesi membri non cambiando sostanzialmente nulla.
“Rispetto al rischio di considerare biologico il fuorisuolo e certificare ugualmente come bio anche i prodotti con residui per contaminazione accidentale – dice Vincenzo Vizioli, presidente di Aiab – è indubbiamente un risultato a cui, va detto, ha contribuito la posizione ferma del nostro Ministero che su questioni nodali ha fedelmente rappresentato il parere del tavolo tecnico per l'agricoltura biologica a cui noi partecipiamo”.
Dal punto di vista delle premesse e dell'importanza dei temi in discussione, secondo Aiab è, invece, un'occasione persa.
“Del resto – continua Vizioli – erano talmente ampie le differenze di vedute, soprattutto tra biologico mediterraneo e biologico nord-europeo, cioè tra chi produce e chi commercializza, che se la soluzione trovata sarà quella annunciata, si potrebbe chiudere senza troppi danni. Va detto, però, che la risoluzione sulle soglie di principi attivi non ammessi nel prodotto bio, ferma una deriva pericolosa ma rischia di essere un contentino che qualcuno considererà penalizzante per l'Italia e non un'occasione di promozione del biologico italiano, più fedele alle attese dei consumatori”.
Cosa prevede l'accordo
Il compromesso raggiunto da Commissione europea, Consiglio Ue e Europarlamento prevede un giro di vite sui controlli, anche per la vendita al dettaglio, l'ampliamento della platea di prodotti che potranno ottenere la certificazione bio (sale, sughero, cera d'api), un regime di certificazione di gruppo per le piccole aziende agricole e norme più stringenti sulle importazioni. Le nuove regole si applicheranno dal 2020. I paesi, come l'Italia, che hanno in vigore valori limite per la contaminazione accidentale di prodotti bio da pesticidi non autorizzati, potranno mantenerli, con la Commissione che potrebbe proporre una legislazione sul tema non prima del 2024. Fino al 2030 vengono 'congelate' le deroghe per la coltivazione in serra richieste da alcuni paesi del Nord Europa. Il testo di compromesso dovrà ora essere approvato dall'Europarlamento e dal Consiglio prima che possa entrare in vigore.
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