Idrissa Kaborè, chef di Bergamo "Leggo la Storia d'Italia per farmi forza" - InformaCibo

Idrissa Kaborè, chef di Bergamo “Leggo la Storia d’Italia per farmi forza”

La storia dello chef nato in Burkina Faso e cresciuto a Genova. Oggi in una Bergamo devastata dal dolore, ci aiuta a guardare avanti, con fiducia. Ecco come.

di Alessandra Favaro

Ultima Modifica: 22/04/2020

Idrissa Kaborè, 42 anni, è chef del ristorante Le Goût di Bergamo. È lui l’ospite della seconda puntata del podcast Cucine in Quarantena. Una quarantena particolarmente difficile per Idrissa, primo perchè si trova a Bergamo, una delle città più martoriate da Covid-19 e perchè in queste settimane ha perso sua madre Anna, che si trovava a Genova e a cui per il lockdown non potrà dire addio con un funerale.

Nato in Burkina Faso e  cresciuto a Genova, molti lo conosceranno anche per le sue partecipazioni televisive a trasmissioni come  La prova del cuoco alla Rai e a Cuochi d’Italia con Alessandro Borghese.

Idrissa però è anche un uomo forte e positivo, e così riesce a trovare lo stesso i lati positivi della quarantena e farne un motivo di arricchimento per il domani.

“Questa quarantena mi ha tolto molto ma mi ha dato anche molto – spiega -Ad esempio il tempo con mio figlio. Prima, con gli orari di un ristorante, non potevamo stare così tanto tempo assieme. Ora invece mi sto godendo ogni attimo” confida a Informacibo.

E così le giornate di quarantena per Idrissa e la sua famiglia sono diventate modo per creare nuove routine e nuove idee.

“Al mattino, con mio figlio Pasquale, ci alleniamo. Lui fa sci agonistico e facciamo assieme diversi esercizi per mantenerci in salute. D’altronde dice il detto mens sana in corpore sano“. E poi, legge la storia d’Italia.

“Leggo la Storia Italiana perché mi dà forza. Gli italiani ce l’hanno sempre fatta, si sono sempre rialzati, senza perdere mai umanità e creatività. E questo per me è fonte di coraggio e di ispirazione”.

La quarantena sarà l’occasione anche per pensare alla futura riaperturaa Bergamo Bassa del ristorante Le Goût(che significa Il Gusto in francese) e nuovi piatti e nuove “contaminazioni” di sapori, ma con un principio ben chiaro “I prodotti locali, le filiere locali saranno protagonisti” sottolinea Kaborè “Ancora di più. Il made in Italy sarà la chiave per ripartire e anche per creare e favorire sempre più micro economie locali, reti di produttori, ristoranti e attività che vivono solo se collaborano l’una con l’altra”.

Kaborè fa parte anche di Ristoranti Bergamo, un’associazione che riunisce ristoranti di Bergamo e provincia che offrono esperienze gastronomiche per far vivere ai loro ospiti un’emozione, gustando la loro cucina con menù a tema e a prezzi promozionali. Divulgando cultura e sapore. Un’attività che sarà ancora più importante durante la ripartenza secondo Kaborè

“Perchè ogni ristorante sarà ambasciatore di un prodotto, di un racconto e di una cultura preziose, soprattutto ora che i nostri anziani sono stati colpiti così duramente dalla malattia, abbiamo bisogno di conservare storie e memorie”.

Lo chef per primo in questi giorni usa i fornelli e le mani in pasta per ricordare sua madre Anna, la prima che instillò in lui l’amore per la cucina. “Per far ricordare la nonna a mio figlio, preparo spesso i piatti che preparava lei. La cucina è un modo immediato per conservare un ricordo. “

ristorante le gout bergamo
Il ristorante Le Gout di Bergamo

Ecco la sua storia e la sua intervista su Cucine in Quarantena:

https://www.spreaker.com/user/11781386/episodio-2-chef-idrissa-kabore-dal-burki

Non è mai facile parlare di se stessi. Mi chiamo Idrissa Kaborè, sono nato in Africa ed esattamente in Burkina Faso il 25/12/1977, lì ho trascorso i primi anni della mia vita, che mai avrei immaginato mi portassero fin qui. All’età di 12 anni sono arrivato in Italia dove mio padre ha sposato quella che poi è diventata la mia mamma italiana che ha adottato me ,mia sorella e mio fratello.

Sinceramente appena arrivato sarei subito tornato indietro … mi sentivo soffocare, mi mancava la mia terra rossa, la polvere che si alzava correndo da un albero all’altro con la speranza di beccare un po’ d’ombra per poi raggiungere la scuola e, cosa fondamentale, mi mancava la libertà.

Sono nato in quello che tutti chiamano Terzo Mondo ma per me era il Mondo Migliore. Avevo una gallina donatami dalla nonna che mi regalava tutti i giorni l’uovo da mangiare , avevo il mio pezzettino di terra che coltivavo producendo arachidi che vendevo al mercato della città più vicina che raggiungevo a piedi ed infine avevo tanti amici con cui giocare. In Italia, invece, avevo la stanzetta da dividere con i miei fratelli che era in una casa che si trovava in un condominio che aveva porte, finestre e balconi, insomma mi sentivo in gabbia. Piano piano e con molte difficoltà mi son dovuto abituare alle regole e agli spazi occidentali.

La mia mamma italiana per farci stare tranquilli ci faceva mettere le “mani in pasta”, cioè ci coinvolgeva nei sui lavori tra i fornelli. C’era chi schiacciava gli ingredienti nel mortaio per il pesto alla genovese, chi impastava e preparava la pasta fresca da condire col suddetto pesto, chi tirava la sfoglia per fare i ravioli, e poi tutti davamo una mano a preparare la torta di mele. Era tutto nuovo per me ma ho ritrovato in questi piccoli gesti la gioia che avevo lasciato in Africa. A scuola sono stato fortunato, il mio compagno di banco mi ha aiutato quando ne avevo bisogno sia con le materie scolastiche che con i compagni di classe, non ho perso nessun anno e ho seguito la classe nonostante abbia dovuto imparare una nuova lingua nel più breve tempo possibile.

Dopo la scuola dell’obbligo ho pensato che avrei dovuto fare qualcosa che non mi facesse mai più provare la fame che avevo vissuto in Africa e mi sono iscritto all’ Istituto alberghiero Marco Polo di Genova perché mi era nata questa grande passione per la cucina che la mia “nuova” mamma mi ha trasmesso con i suoi pranzetti quotidiani. Mi piaceva quella scuola, mi piaceva la forchetta che conservavo nella tasca per poi assaggiare i piatti che cucinavamo, mi piaceva il professore che finalmente rispondeva alle mie curiosità e mi spiegava i segreti delle cotture dei cibi, anche i più semplici come quella di preparare perfettamente un uovo sodo.

La mia mamma italiana ha sempre pensato a noi, però io ero abituato ad essere indipendente e quindi per poter disporre di qualche soldo in più durante gli studi aiutavo a scaricare le cassette di frutta al mercato sotto casa e pulivo qualche negozio alla chiusura, il lavoro non mi ha mai spaventato. Negli anni della scuola ho partecipato a vari stage e appena diplomato sono partito per le Stagioni presso: • Ristorante Amici Miei, Monaco Montecarlo. • Hotel Roccaforte di Lurisia Terme , Lurisia CN • Grand Hotel Mediterraneè , Alassio Il percorso non è stato facile, ma ho sempre preso il meglio da ogni esperienza. Fondamentalmente sono una persona positiva ed ho fiducia nella vita. Ad un certo punto mi sentivo nuovamente soffocare … dovevo andare via, dovevo mettermi in gioco e così dopo averne parlato con la mia famiglia , che naturalmente voleva rimanessi in Italia, son partito direzione Francia.

Lì ho trovato lavoro facilitato dal francese che parlo correttamente, e così a testa bassa sono entrato in cucina come Seconde de Cuisine presso il Bar Restaurant Maurine des Maures, Saint Tropez. Avevo uno scopo, imparare, e così ho “rubato” un po’ da tutti il mestiere diventando sempre più consapevole tra i fornelli.

Ho fatto la gavetta, quella dura, formata da giornate infinite trascorse tra fornelli e pentole, andando a dormire distrutto dopo il turno e la pulizia della cucina, ma soddisfatto … sapevo che stavo facendo la cosa giusta.

Poi sono ritornato in Italia, mi sentivo pronto ad affrontare nuove sfide lavorative ed ho lavorato come chef al Ristorante dell’Agriturismo Le Risaie Basiglio, capo partita al Blue Note Jazz Club& Restaurant Milano, chef al Restaurant Caffè Blanco Genova.

Sono stato un po’ in giro, finalmente facevo quello che desideravo il Cuoco. Quando pensavo alla mia vita al mio futuro l’ho sempre immaginato da solo, i cuochi lavorano tutti i giorni della settimana non c’è sabato, né domenica e quando gli altri festeggiano loro stanno chiusi in cucina a preparare le pietanze.

Le donne che ho incontrato nella mia vita mi hanno sempre fatto pesare la mia assenza, e proprio per questo motivo mi ritrovavo a stare sempre da solo.

Idrissa e Brunella

Poi ho incontrato, dopo quasi 20 anni dal mio arrivo in Italia, la figlia della cugina della mia mamma italiana. Con sua sorella erano venute per un weekend a Genova e appena l’ho vista ho capito subito che era la donna giusta, il Vero Amore, però io ero a Genova e lei a Napoli … non ho esitato mi son trasferito ed ho trovato lavoro.Stavo bene in questa nuova vita mi sentivo in famiglia, i ragazzi della brigata dei ristoranti di Napoli mi hanno accolto col calore che solo i napoletani hanno e che un po’ ricorda l’accoglienza dei miei amici africani. Anche questa volta non ho perso occasione di imparare, ma questa volta è stato diverso dal solito, imparavo anche da mia suocera, da lei ho imparato i piatti della tradizione partenopea, prima tra tutte la “genovese”, che non ha nulla a che fare con Genova …

Queste preparazioni, questi accostamenti aggiunti a quelli che avevo imparato durante tutte le mie esperienze hanno dato un nuovo impulso alla mie conoscenze, la cucina francese unita ai sapori della tradizione mediterranea mi hanno dato la possibilità di sperimentare nuove ricette e nuove sensazioni. Dopo una convivenza di poco più di un anno sentivo che ci voleva qualcosa, qualcuno per completare il noi.

Come tradizione ho chiesto a Brunella di sposarmi e dopo una meravigliosa luna di miele è arrivato lui, l’orgoglio della mia vita mio figlio Pasquale, ha il nome di mio suocero che ricordo con grande affetto pertanto mi è sembrato naturale dargli il suo nome, vista anche la sua scomparsa prematura. Pasquale è esattamente così come lo immaginavo con i capelli ricci come i miei e gli occhi sorridenti della mamma. Il senso di responsabilità si faceva sentire forte, oramai avevo una famiglia mia e dovevo provvedere a loro. Ho lavorato sempre sodo, ma dopo qualche anno mi sono accorto che non provavo più gioia quando andavo a lavoro, io amo il mio lavoro e l’ho sempre fatto con entusiasmo, questa situazione mi ha portato a riflettere ed ho capito ed ho sentito che era arrivato il momento di aprire un ristorante tutto mio dove poter sperimentare nuovi sapori e dove poter dare alla mia cucina una nuova vita.

Mia moglie Brunella è la mia forza e la mia ragione di vita e come sempre l’ho trovata pronta al mio fianco a sostenermi e incoraggiarmi, ha accettato questa nuova avventura con me ed ha rinunciato, per amor mio, al suo lavoro in un’azienda orafa, tradizione familiare ed insieme portiamo avanti il mio sogno.

La ricetta per gli ascoltatori di Idrissa Kaborè: quiche lorraine “bergamasca”

In ogni puntata ogni ospite ci regala una “sua ricetta” facile da rifare a casa, con ingredienti rappresentativi del suo territorio. Idrissa ci regala una rivisitazione della classica quiche lorraine, ma con la polenta al posto della pasta sfoglia e taleggio per la farcitura. Ecco come farla!

Quiche lorraine “alla bergamasca” con polenta e taleggio

Una ricetta che ci regala lo chef del ristorante Le Gout di Bergamo, Idrissa Kaborè, che rivisita la classica torta salata con ingredienti bergamaschi per creare, con ingredienti della tradizione, una ricetta del tutto nuova!

Chef Idrissa Kaborè

Ingredienti

  • farina di mais bramata a grani frossi
  • Taleggio
  • Carciofi freschi
  • Parmigiano Reggiano
  • Sale e pepe
  • Creme Fraiche
  • 3 uova

Istruzioni

  1. Cominciamo preparando la polenta. Le quantità di solito si basano sulla proporzione di 4 litri di acqua per 1 kg di farina, e in media per 4 persone sono sufficienti 500 grammi di farina e quindi con 2 litri di acqua.

  2. Portare l'acqua a bollore e poi salarla. Versare a filo la farina di mais e cominciare e mescolare prima con una frusta per non creare grumi e poi con un cucchiaio di legno.  Procedete mescolando e facendo addensare la polenta per circa 40 minuti, un'ora.

  3. Nel frattempo, avrete portato il forno a temperatura di 170 gradi.

  4. Foderare una teglia da forno,  "spalmate"la polenta sulla superficie, al posto della pasta sfoglia

  5. Mescolate assieme le uova, con il formaggio taleggio tagliato a dadini, la creme fraiche, il parmigiano grattuggiato, sale e pepe e carciofini tagliati a fettine sottili

  6. Spalmate questo ripieno sulla vostra base di polenta e infornate nel forno già caldo per trenta minuti.

  7. In uscita, aggiungere carciofi tagliati sottili a julienne che daranno croccantezza al piatto.

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L'Autore

giornalista