Gestione sicurezza alimentare: “Solo chi ha le risorse resisterà”
L’analisi di Ambrosetti che delinea il ruolo e la sfida della Marca del distributore all’interno di un ecosistema che vede coinvolti 4 ministeri più 21 organi, enti e autorità. Un “apparato” che genera tanti costi e diverse inefficienze
di Vito de Ceglia
Ultima Modifica: 14/01/2019
“Gestire la complessità dell’apparato significa avere tante risorse. Solo chi le ha, resterà competitivo sul mercato. Infatti, oggi i migliori retailer sono quelli che hanno fino a 50 persone dedicate esclusivamente a governare i processi aziendali che coinvolgono la sicurezza alimentare”. L’ “apparato”, secondo Valerio De Molli, ceo di The European House – Ambrosetti, è quel complesso e articolato ecosistema – costituito da 4 ministeri e 21 organi, autorità ed enti – che sorveglia a monte la qualità dei prodotti che troviamo sugli scaffali dei nostri supermercati.
Ecosistema della sicurezza alimentare
Ambrosetti ha provato a mapparlo, per la prima volta, su richiesta di Adm – l’associazione della Distribuzione Moderna (Dm) che aggrega Federdistribuzione, Ancc-Coop e Ancd-Conad – in vista di Marca, l’evento organizzato a Bologna il 16-17 gennaio. “Un evento – ha puntualizzato Giorgio Santambrogio, presidente di Adm – che quest’anno evolverà da semplice fiera a manifestazione culturale”. Per riuscirci, il primo passo è stato quello di informare l’opinione pubblica sul ruolo che svolge la Distribuzione moderna in tema di sicurezza alimentare, che tipo di investimenti ha messo in campo, quali sono le regole che deve rispettare e infine qual è il valore strategico che negli ultimi anni il prodotto a marchio del distributore (Mdd), cioè quello con il logo dell’insegna, ha avuto nell’industria alimentare italiana in termini economici, sociali, cognitivi e ambientali.
Investimenti raddoppiati in 10 anni
La Mdd, puntualizza la ricerca di Amrosetti, si è evoluta verso referenze a più alto valore qualitativo e di prezzo, cioè premium a detrimento del primo prezzo. Si tratta di un cambiamento per certi versi radicale che si è accompagnato anche ad un diverso approccio da parte delle aziende del commercio verso temi strategici come quelli della sicurezza alimentare: nel 78% dei casi, riporta lo studio, oggi è nelle mani dell’amministratore delegato o direttore generale. Dieci anni fa, invece, la maggioranza dei responsabili della sicurezza e qualità riportava al direttore commerciale oppure al direttore marketing.
La ricerca certifica inoltre come le aziende della Distribuzione moderna stiano impiegando maggiori e crescenti risorse nella gestione della qualità e della sicurezza alimentare: quasi il 70% delle insegne ha almeno raddoppiato i propri investimenti negli ultimi 10 anni e alcune insegne investono fino a 5 milioni di euro all’anno. Le stime del 100% degli addetti ai lavori prevedono che cresceranno anche in futuro: già nei prossimi 5 anni, soprattutto sul versante dell’innovazione tecnologica per aumentare l’efficienza nei processi.
Due milioni e 300 mila test pubblici e privati
I numeri di Ambrosetti riportano che in media vengono effettuati nei supermercati italiani 2 milioni e 300 mila test (pubblici e privati). In ognuno dei 26 mila punti vendita disseminati sul territorio, ci sono cinque o sei controlli all’anno coinvolgendo, tra gli altri, i ministeri della Salute, dell’Agricoltura, dell’Economia e dell’Ambiente, le agenzie sanitarie e le agenzie di tutela della salute sul territorio. A questi controlli vanno sommate le centinaia di migliaia di test che le imprese distributive con i loro uffici controllo qualità affidano ad istituti specializzati indipendenti. E i circa 2 mila controlli sulle industrie fornitrici di prodotti alimentari per la Mdd e di prodotti freschi e freschissimi.
Burocrazia, i costi dell’inefficienza
Come in tutte le macchine molto complesse e articolate, il sistema dei controlli sui punti vendita e prodotti venduti nei supermercati necessita di una semplificazione per arginare le tante (e a volte incomprensibili) inefficienze o disparità interpretative delle norme tra le regioni o tra gli enti locali. Inefficienze che di fatto gravano sulle nostre imprese in termini di costi e tempo.
Di esempi ce ne sono tanti, ecco un caso limite che fa scuola: per fare un prodotto Dop (Denominazione di Origina Protetta) con il marchio proprio, un’insegna distributiva deve riportare nell’etichetta le informazioni imposte dal Consorzio, cioè territorio d’origine, ingredienti e molto altro ancora. Un’ispezione dell’Asl può però contestare le indicazioni del Consorzio, ritenendole insufficienti o inadeguate. Ma anche la Guardia Forestale può dire la propria in merito, introducendo ulteriori elementi di novità o criticità. Non solo: l’Organismo di certificazione, preposto alla vigilanza, può inoltre fornire la sua interpretazione contestando quanto deciso fino a quel momento. Come se non bastasse, ci può essere anche il controllo dell’ICQRF (Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressione delle Frodi di prodotti agroalimentari). Un impiego inefficiente di tempo e risorse che invece potrebbe essere evitato con un maggior coordinamento tra gli enti preposti ai controlli.
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