Formaggio senza latte fresco? Made in Italy a rischio
di Informacibo
Ultima Modifica: 28/06/2015
Parma 28 giugno 2015. Alcuni giorni fa la Commissione europea ha ribadito all'Italia la richiesta di consentire la produzione di formaggi senza l'utilizzo di latte fresco. In poche parole senza latte!
Dopo il cioccolato senza burro di cacao e il vino senza uva ora le multinazionali vanno all'attacco di un settore trainante della nostra economia agricola.
Ed è subito polemica aspra su questa decisione della Commissione europea.
La legge nazionale italiana del 1974 (la numero 138) è infatti accusata di limitare la “libera circolazione delle merci”, quando, invece, ha permesso negli ultimi anni di proteggere e assecondare i prodotti made in Italy che caratterizzano il nostro Paese.
Consentire la produzione di formaggio con latte in polvere porterebbe a un impoverimento del prodotto, il quale perderebbe la sua unicità e le caratteristiche dovute alla diversità di prodotti primi e di territorio, arrivando ad essere merce industrializzata ed omologata. In questo modo verrebbero favorite le grandi lobby europee a sfavore di piccole produzioni agricole e di artigianato alimentare che in Italia permettono la produzione di oltre 400 tipi di formaggio differenti.
Maurizio Martina, il ministro alle Politiche agricole e alimentari, oltre a ricordare che la richiesta europea non riguarda i formaggi Dop, promette: “Difenderemo fino in fondo la qualità del sistema lattiero caseario italiano e la trasparenza delle informazioni da dare ai consumatori. Ribadiremo alla Commissione europea la necessità di un intervento più approfondito sull'etichettatura del latte, che sappia rispondere meglio alle esigenze dei nostri produttori soprattutto dopo la fine del regime delle quote. Non siamo disposti a fare passi indietro su questi principi”.
Quei 400 formaggi che senza latte perderanno il loro gusto di Carlo Petrini (da La Repubblica)
dall’ennesimo attacco della burocrazia dell’Unione europea»
A Bra dal 18 al 21 settembre la manifestazione internazionale – che dal 1997 si batte a favore del latte crudo, delle produzioni d’alpeggio e delle razze autoctone – dirà un forte no ai formaggi “senza latte”
L’Italia dell’agroalimentare di qualità ancora una volta subisce un attacco sleale, e stavolta a essere colpito al cuore è il settore che più di tutti rappresenta la biodiversità e il savoir-faire del nostro paese: il formaggio. Il pressing arriva dalla Commissione europea con una lettera di diffida che chiede all’Italia di abrogare la legge nazionale 138 dell’11 aprile 1974. Una norma italiana di cui andare fieri che vieta l’uso di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per fare yogurt, caciotte, robiole, mozzarelle. Secondo Bruxelles tale provvedimento rappresenterebbe una restrizione alla “libera circolazione delle merci”.
«Auspichiamo che il Governo italiano difenda questa normativa che ci ha consentito fino a oggi di consumare ed esportare prodotti che non hanno eguali nel mondo», commenta Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità.
«Dopo il cioccolato senza burro di cacao e il vino senza uva, le grandi industrie provano ad attaccare un altro settore di punta dell’agroalimentare italiano, secondo una logica al ribasso che danneggia pesantemente il nostro paese. Se questa nuova istanza venisse accolta, il comparto lattiero-caseario di qualità, già schiacciato dai prezzi del latte troppo bassi e dalle difficoltà della produzione per chi va in alpeggio, subirebbe un grave contraccolpo. Come Slow Food ci battiamo da anni per promuovere i formaggi a latte crudo, le produzioni d’alpeggio, le tecniche tradizionali e le razze autoctone. Da quando organizzammo la prima edizione di Cheese, nel 1997, e lanciammo la raccolta di firme a favore del latte crudo che consegnammo alle istituzioni europee. Il prossimo settembre a Bra ci saranno i migliori produttori d'Europa per combattere insieme a noi questa ultima assurdità e lavorare affinché l’esempio italiano si estenda a tutta l’Europa».
In Italia esistono oltre 400 tipi di formaggi, dalle tome di montagna alle paste filate del sud: piccole produzioni che potrebbero determinare il futuro dell’agricoltura e dell’artigianato alimentare, nel nostro paese come nel resto d’Europa. È necessario difenderle attraverso leggi ad hoc e combattere la tendenza verso l’omologazione delle materie prime, delle tecniche, della provenienza. Dall’altro lato, è necessario informare i consumatori affinchè possano scegliere consapevolmente cosa stanno mangiando e, conseguentemente, quale tipo di agricoltura e di allevamento stanno sostenendo. In questo senso, sono fondamentali le etichette che, nel caso dei formaggi ad esempio, non sono esaustive con quel semplice “latte, caglio e sale” previsto dalla legge. «Vogliamo siano indicati fattori determinanti come l’alimentazione dell’animale o la tipologia di fermenti utilizzati. Senza questi elementi è difficile districarsi per il consumatore che acquista nella grande distribuzione tra le centinaia di proposte», conclude Sardo.
L’appuntamento per tutti quelli che hanno a cuore il patrimonio lattiero-caseario europeo di qualità è quindi a Bra, dal 18 al 21 settembre con Cheese 2015.
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