Fico d’India: dalla Sicilia un frutto ricco di proprietà
di Collaboratori
Ultima Modifica: 28/08/2023
Il fico d’India è un frutto tipico del bacino del Mediterraneo, dove ha trovato le condizioni climatiche migliori per attecchire e svilupparsi.
La Sicilia, dopo il Messico, è il secondo produttore a livello mondiale. Qui la pianta cresce spontaneamente lungo le strade, caratterizzando il paesaggio con una miriade di frutti colorati da gustare in molti modi: freschi o conservati in salamoia, sott’aceto, canditi o sotto forma di confettura.
Le origini
Si dice che il fico d’India sia giunto in Europa con Cristoforo Colombo, di ritorno dalle Americhe. Ma prima di lui, nell’827, i Saraceni importarono questo frutto gustoso in Sicilia, quando sbarcarono a Mazara.
Il fico d’India, però, ha origini molto più lontane. Nasce in Sud America, esattamente in Messico, dove veniva definito “tenace monumento dei deserti”, per descrivere il carattere del frutto coronato di spine, che sopravvive alle aride e secche temperature desertiche.
Per molto tempo, il fico d’India ha rappresentato un simbolo della tradizione Azteca: l’importanza di questa pianta e di questo frutto per i messicani è tale da incarnare il simbolo del Paese, tanto che appare persino nella bandiera nazionale, sotto l’aquila.
Il fico d’India in Sicilia
Lo stesso è successo più o meno in Sicilia, l’unica zona nel bacino del Mediterraneo dove il fico d’India si è diffuso così tanto. Qui, infatti, ormai rappresenta non solo un elemento costante del paesaggio naturale, ma anche un ingrediente ricorrente sulle tavole e nelle rappresentazioni letterarie e iconografiche dell’isola. Insomma, quasi un vero e proprio simbolo!
Storicamente, i fichi d’India rappresentano la colazione dei contadini durante il periodo della vendemmia. Questa tradizione deriva dall’usanza dei proprietari delle vigne di donare senza parsimonia questi frutti ai suoi vendemmiatori, per evitare che mangiassero troppa uva durante il raccolto.
E’ un pianta che cresce spontaneamente, necessita di poche attenzioni, resiste a siccità e aridità dei terreni.
Il territorio
In Sicilia le “pale” di fico d’India crescono spontaneamente sui suoli sabbiosi e pianeggianti, fornendo frutti di alta qualità e gusto intenso.
In particolare, è coltivato in aree ben distinte: nella zona centro orientale che fa capo al paese di San Cono, nel sud-ovest etneo nei territori di Belpasso, Militello, Paternò, Adrano e Biancavilla, nel Belice (zona sud-occidentale), nei comuni di Menfi, Montevago, e soprattutto Santa Margherita Belice.
La stagione dei fichi d’India
Da agosto a Natale l’isola è un prolificare di questo esotico frutto che conta quattro varietà diverse:
- la gialla, detta sulfarina
- la rossa, nota come sanguigna
- la bianca, denominata muscarella
- quella tipicamente arancione, chiamata moscateddo.
La fioritura della pianta inizia in primavera, mentre i frutti crescono dal periodo estivo. Quelli più pregiati però sono i fichi d’india tardivi, che arrivano sulle nostre tavole a dicembre.
Le varietà
Questi frutti vengono chiamati “bastarduna” o “scuzzulati”: non sono altro che i fichidindia nati dalla seconda fioritura, che si ottiene eliminando dalle piante i primi frutti, più piccoli, e costringendo così la piantina a rifiorire.
I “bastarduna” sono meno numerosi ma hanno un valore di mercato più alto, perchè sono tardivi, e anche perchè sono più grandi e senza semi.
I fichidindia non perfettamente maturi sono invece chiamati “burduni” cioè bastardi, termine che deriva dal latino burdo, che significa mulo, per indicare un animale non puro.
I frutti vengono raccolti a più riprese: in coltura irrigua si possono ottenere produzioni di 250-300q quintali ad ettaro. Dopo la raccolta, i frutti possono essere conservati in frigo a 6 gradi per 2 o 3 mesi. Un impianto specializzato ha una durata di circa 30-35 anni.
Questo frutto in Sicilia si è guadagnato anche l’indicazione geografica della Dop: il fico d’India dell’Etna Dop viene coltivato in numerosi comuni della provincia di Catania, appartenenti alla zona interessata dalle eruzioni dell’Etna.
Fico d’India: proprietà
Sono molteplici gli usi e le proprietà del fico d’India: molte usanze affondano le radici dell’antico popolo azteco. Già all’epoca, gli Aztechi utilizzavano le foglie del fico d’India per allevare un insetto, il Dactylopius coccus costa, che serviva per ottenere il rosso di cocciniglia.
Dal corpo dell’insetto essiccato veniva estratta la colorazione rossa, tuttora richiesta in ambito cosmetico, farmaceutico, tessile e alimentare.
Un tempo, il succo ricavato dalle foglie era utilizzato come lubrificante per agevolare gli spostamenti di grandi massi di pietra. Inoltre, associato a miele e rosso d’uovo, sembrava essere utile contro le scottature provocate dal forte sole messicano,
Tra le proprietà dei fico d’India ci sono quelle terapeutiche: il frutto sembra essere un’ottima cura naturale. Ha proprietà depurative, ed è coadiuvante nella cura dell’osteoporosi grazie alla quantità di ferro, calcio e fosforo. E’ indicato anche nelle diete dimagranti, visto che contiene ha poche calorie, molte fibre e aiutando ad avere un senso di sazietà. Reidratante e rivitalizzante, è ideale anche per chi pratica sport.
Nella medicina siciliana popolare, si consigliava per contrastare le coliche renali, il decotto di fiori essiccati del fico d’India. Lìutilizzo del ficodindia è particolarmente interessante anche in cosmesi, per la produzione di creme umettanti, shampoo, saponi, lozioni astringenti e sembra stimolare la crescita dei capelli.
In cucina
In cucina, la risorsa alimentare più pregiata sono i frutti, chiamati fichi d’India, che oltre a essere consumati freschi possono essere utilizzati per la produzione di succhi, liquori, gelatine, marmellate, dolcificanti e altro. Ma anche le pale, più propriamente i cladodi, possono essere mangiate fresche, in salamoia, sott’aceto, canditi, sotto forma di confettura. Anche come cotoletta vegetale. Il segreto per raccoglierle è farlo con un guanto e la sera, momento in cui gli aculei si ritirano e il rischio di pungersi è minore. Andranno poi sbucciate e passate in uovo, farina e pangrattato e fritte in padella.
In generale toccate a mani nude un frutto perchè le sue piccole spine possono risultare veramente dolorose. Usate comuni guanti per proteggervi.
A differenza di quello che si pensi inoltre, il frutto si può consumare interamente: grazie alla minore percentuale di glucosio rispetto alla polpa e a una maggiore di cellulosa e proteine, la famosa buccia di questo frutto possiede un alto valore nutritivo.
In realtà non è una scoperta recente: in Sicilia in alcuni paesi era pratica comune nel passato cucinare le bucce fresche e addirittura essiccarle per poi consumarle in un secondo momento.
Testo a cura di Antonella Imbesi
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