Cous cous, piatto simbolo di pace e integrazione
di Giulia Milani
Ultima Modifica: 29/08/2022
È ormai talmente diffuso e rinomato che tutti lo hanno assaggiato almeno una volta. Parliamo del cous cous, un piatto di origine magrebina che ha conquistato i palati di tutto il mondo. Oggi vogliamo conoscerlo più da vicino, scoprendone la storia e le connessioni con la cultura popolare.
Sembra sabbia ma è cous cous
Ad un’occhiata veloce sembrerebbero dorati granelli di sabbia ma a guardarli bene sono piccole palline di semola di grano duro macinata grossolanamente. La preparazione del cous cous è un vero rituale. La semola viene bagnata con un po’ d’acqua e lavorata velocemente con le mani per formare dei granuli. Questi vengono poi passati al setaccio per ottenere palline sempre più fini. Questo processo continua fino a che tutta la semola è stata trasformata nei minuscoli chicchi di couscous, che seccati al sole, si conservano a lungo.
È un piatto simbolo della cultura del popolo berbero, che praticava soprattutto la pastorizia nomade e viveva del poco di cui disponeva. Frantumavano il grano, lo setacciavano, lo lavoravano a mano e lo facevano essiccare, per poi conservarlo in grandi sacchi nella parte più fresca della tenda. Le donne si radunavano tutte insieme per prepararlo e lo si consumava la sera, quando le famiglie si fermavano per la notte.
Al giorno d’oggi, la produzione del cuscus è in gran parte meccanizzata, e questo prodotto è venduto sui mercati di tutto il mondo.
La storia del cous cous
Il cous cous è un alimento originario dei paesi del Nord Africa, anche se la paternità precisa è tuttora oggetto di discussione.
Secondo lo storico Charles Perry, il cuscus nasce negli attuali Marocco e Algeria settentrionale tra l’XI ed il XIII secolo. Si ipotizza però che l’origine della cottura a vapore del cuscus sia subsahariana, nelle zone del Mali, Niger, Ghana e Burkina Faso, e risalga al X secolo. Ibn Battuta, viaggiatore e storico marocchino, descrisse infatti nel 1350 un cuscus di miglio in Mauritania e un cuscus di riso nella zona del Mali. Va anche ricordato che per secoli i berberi ricorrevano a donne nere per cuocere il cuscus, il che potrebbe essere un’ulteriore indicazione dell’origine subsahariana dell’alimento.
Una delle prime testimonianze scritte di questo piatto si trova nel libro di cucina anonimo Kitāb al-tabīkh fī al-Maghrib wa l-Andalus, manoscritto del XIII secolo che riporta una ricetta del cuscus. Da questo secolo le fonti attestanti la presenza del cous cous aumentano, dimostrando che si diffuse rapidamente, inizialmente nell’Africa nord-occidentale per poi spingersi a Est.
Oggi il cuscus è un piatto cardine della cucina marocchina, algerina, libica ed egiziana ma lo si trova anche tra i piatti tipici di molti paesi del Mediterraneo, come la Turchia, l’Italia (specialmente in Sicilia) e la Siria, e dell’Africa Occidentale. La diffusione così ampia del cous cous è da attribuirsi a diverse cause. In primo luogo al fatto che i cereali da cui si ricava sono coltivati in tutta la fascia temperata e sub tropicale. C’è poi la facilità di molitura e di cottura e alla versatilità di questo alimento, che può essere condito con qualsiasi prodotto stagionale della terra e del mare.
Come si prepara il cous cous
Una volta che la semola è stata trasformata in granelli di cous cous è pronta per essere cucinata. Il metodo tradizionale del Nordafrica prevede la cottura a vapore, effettuata utilizzando un recipiente specifico chiamato cuscussiera, preceduta da un trattamento dei chicchi con olio e acqua.
La cuscussiera è formata da due parti: una pentola inferiore bombata in cui si cuociono le verdure, la carne o il pesce in umido e un recipiente superiore dal fondo forato in cui il couscous viene cotto a vapore assorbendo i sapori del brodo sottostante. Possono essere in terracotta o, più moderne, in metallo.
La preparazione tradizionale del cuscus
Vediamo come si prepara il cous cous secondo la tradizione berbera.
Per 4 persone sono necessari:
- 500 g di couscous
- 4 cucchiai d’olio
- 60 g di burro
- 50 cl d’acqua
- Sale
Per prima cosa si versa il cous cous in una ciotola capiente, vi si aggiunge l’olio e si mescola bene in modo da oliare tutti i chicchi. Poi si versa 20 cl d’acqua bollente salata e si mescola con le dita, in modo da distribuirla uniformemente. Si lascia riposare il cous cous per circa 10 minuti per far assorbire l’acqua, poi lo si lavora tra le due mani per separare i granelli. A questo punto lo si travasa dentro il cesto superiore della cuscussiera e lo si cuoce a vapore per 15 minuti, sopra la pentola in cui sta cuocendo il condimento. Trascorsi i 15 minuti, il cous cous viene trasferito nuovamente nella ciotola con una frusta, irrorato con 20 cl d’acqua, fatto riposare 10 minuti e cotto a vapore altri 10 minuti, assicurandosi sempre che non ci siano più grumi. Questa operazione viene ripetuta una terza volta con gli ultimi 10 cl di acqua e il cous cous cotto un’ultima volta a vapore per 10 minuti. A questo punto il cous cous viene rimesso nella ciotola e lavorato col burro ammorbidito (oppure olio) con la frusta, finché non è amalgamato completamente.
Abbiamo parlato di metodo tradizionale non a caso. Il cuscus che si trova in vendita nei supermercati occidentali è solitamente precotto, quindi già passato al vapore una prima volta e poi essiccato. La preparazione è quindi in questo caso molto più veloce: basta mettere il cuscus in una ciotola e versarvi sopra l’acqua o il brodo bollente con un po’ d’olio e lasciar assorbire. Dopo averlo mescolato con una forchetta, il cous cous precotto è pronto da servire.
Inutile dire che il risultato, per quanto buono, non sarà mai lo stesso.
Varietà di cuscus
In base agli ingredienti con cui si prepara il condimento, si possono ottenere tantissime ricette di cous cous. Si presta a un’infinità di combinazioni e si adatta ai mezzi e alle condizioni di vita di tutte le famiglie, da una regione all’altra, da un paese all’altro, così come al ritmo delle stagioni.
In Marocco, Tunisia e Algeria, il cuscus viene generalmente servito con verdure lessate in un brodo (carote, zucchine, patate…), o carne in umido (solitamente manzo, agnello, pollo). Spesso però il cous cous è servito anche con la zuppa di pesce, ad esempio in Italia e Libia. Vengono poi solitamente aggiunte spezie, frutta secca e aromi vari.
Il cous cous in Sicilia
Potrebbe stupire apprendere che il cous cous è tra i piatti tipici della tradizione siciliana e in particolare della città di Trapani. Come si è inserito questo alimento africano nella cultura gastronomica italiana? Il cous cous approda in Sicilia probabilmente tra il XV ed il XVIII secolo, quando l’isola fu teatro di numerose incursioni da parte di pirati barbareschi. Si presume che siano stati proprio loro a introdurre il cous cous in tutta la provincia di Trapani, la più soggetta alle incursioni per via della posizione geografica. Altre ipotesi suggeriscono che il cous cous si sia diffuso invece nel Tirreno tra la prima metà del Cinquecento e la fine del Settecento, ad opera dei viaggi che liguri, sardi e siciliani intraprendevano tra le coste spagnole e nord africane alla ricerca del corallo.
Per sottolineare l’importanza di questo cibo nella gastronomia locale, nel 1998 nasce il Cous Cous Fest a San Vito Lo Capo, una gara internazionale che ha lo scopo di aggregare, nel nome del cous cous, popoli, storie, tradizioni, culture e religioni differenti.
La cultura del cous cous
Il cous cous è un piatto conviviale dalla forte valenza sociale. Nel mondo islamico preparare e consumare couscous è considerato quasi un rito religioso. Si consuma spesso insieme alla famiglia ed è il piatto tradizionale del pranzo del venerdì, giorno di preghiera, e delle occasioni speciali, come la festa del ritorno dei pellegrini dalla Mecca. Il Corano dispone che il cous cous venga mangiato con la forchetta di Allah, ovvero con le sole tre dita della mano destra, per distinguersi dal diavolo che mangia con uno, dal Profeta con due e dall’ingordo che ne usa cinque.
Generalmente si consuma seduti per terra, intorno a un basso tavolo rotondo, servendosi da un unico piatto senza posate ed aiutandosi con il pane non lievitato.
Nelle comunità ebraiche originarie del Maghreb, il cous cous è il primo pasto dello Shabbat, il giorno di riposo settimanale.
Il cous cous ha assunto diversi significati simbolici: piatto dell’amore, piatto della pace, piatto propiziatore, piatto dell’unione e dell’integrazione culturale e religiosa.
Un piatto che unisce
Il couscous è un piatto conviviale, di pace e di unione. Ha attraversato mari e confini grazie ai vari flussi migratori e si è infine affermato in tutti i continenti.
Nel 2020 è diventato Patrimonio culturale immateriale Unesco su domanda congiunta di Algeria, Marocco, Mauritania e Tunisia, paesi che da tempo si contendono la paternità di questo piatto ancestrale.
“Il cous cous – dice l’Unesco nella sua pagina dedicata a questo bene immateriale – è un piatto che segna la vita delle persone di questi quattro paesi (Marocco, Tunisia, Algeria, Mauritania), e non solo: non c’è matrimonio, festa o riunione di famiglia senza questa pietanza. È quindi sia un piatto dell’ordinario che dell’eccezionale, associato sia alle gioie che ai dolori, consumato sia in casa che fuori, negli “zaouïas” ad esempio (luoghi di culto tradizionali) o anche all’aperto in occasione di offerte e scambi di doni.
Donne e uomini, giovani e anziani, sedentari e nomadi, del mondo rurale o urbano, senza dimenticare ovviamente la diaspora, il cuscus accompagna intere popolazioni dalla nascita alla morte. Ecco perché non può essere riassunto solo nei piatti emblematici che lo compongono: è molto più di un piatto, è un momento, ricordi, tradizioni, saper fare, gesti che si tramandano di generazione in generazione.
Ci sono tante ricette quante sono le famiglie e un’infinita varietà di sfumature tra le regioni, con la composizione che cambia a seconda degli ecosistemi, a seconda che si sia in pianura, in montagna, nelle oasi, vicino alla costa o isole – rendendo il couscous un vero piatto specchio delle società in cui viene cucinato”.
Riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo, il cous cous è quindi piatto della pace e simbolo della integrazione tra popoli e culture differenti.
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