
Contrada Bricconi: il ristorante stellato che non ti aspetti (e in cui vorrai tornare)
Un'esperienza che va oltre il piatto:
tra gusto, territorio e autenticità
di Rebecca Piva
Ultima Modifica: 17/03/2025
Se l’idea di mangiare in un ristorante stellato vi affascina, ma temete un’atmosfera troppo impostata, continuate la lettura: Contrada Bricconi è pronta a smentirvi.
Non amo i posti formali, l’etichetta rigida, le situazioni elitarie, e ammetto che nel mio immaginario un ristorante stellato incarnava tutto questo. Quando si prenota in un locale di questo tipo, le aspettative sono alte: si sogna di provare qualcosa di inusuale, impiattato con una precisione quasi artistica, e si attende con trepidazione un’esperienza che appaghi tutti i sensi.
Ciò che non mi aspettavo era di rimanere più impressionata dal contesto, dalle persone e dalle lavorazioni delle materie prime, più che dal momento dell’assaggio. Non fraintendetemi: il pranzo è stato ottimo, ma ciò che lo ha reso diverso dal solito è stato tutto il racconto che ha accompagnato il tour della contrada e le portate, oltre al calore dell’accoglienza. Contrada Bricconi ha saputo sorprendermi, regalando un’esperienza sicuramente speciale.
Indice
Un’azienda agricola prima che un ristorante
Immersa nella Valzurio, nell’Alta Valle Seriana, tra le Alpi Orobie bergamasche, Contrada Bricconi nasce prima di tutto come azienda agricola. La storia del luogo in cui si trova è lunga ma poco documentata: probabilmente era un insediamento stagionale per allevatori in transumanza, che, grazie alla favorevole esposizione e morfologia, ha mantenuto una continuità abitativa fino agli anni ’90, per poi essere completamente abbandonato.
La rinascita della Contrada prende forma nel 2011, quando Giacomo Perletti ottiene la concessione comunale per avviare un progetto di riqualificazione del borgo cinquecentesco. A lui si affiancano Matteo Trapletti, Giovanni Pizzamiglio e Paolo Tocchella.
La cosa che colpisce è che tutti coloro che animano la contrada sono coinvolti nelle diverse attività che le danno vita: dalla produzione dei formaggi alla cura delle stalle, dal pascolo – a cui prendono parte anche le galline – fino alla raccolta nell’orto e al foraging. Durante il servizio si assapora infatti quanto tutti qui si prendano cura di questo luogo, sentendosi parte di esso e mettendoci del proprio. La missione è chiara: far rivivere la montagna trovando un equilibrio tra rispetto della tradizione e innovazione. Filosofia che si riflette non solo nelle materie prime, ma anche nella ristrutturazione della vecchia stalla, che ha mantenuto le sue mura rustiche combinate a un arredo minimal e contemporaneo che ben dialoga con il luogo, anzi ne esalta l’architettura e rende ancora più affascinanti gli scorci di paesaggio e i lembi di sole che si fanno largo dalle finestre.
Un viaggio tra storia, natura e sostenibilità
L’esperienza inizia all’esterno con un tour della contrada. Tra viottoli acciottolati e case in pietra, si respira pace e autenticità. Nel vecchio fienile si essiccano le erbe raccolte nei boschi e nei prati, le stesse che si ritrovano nei piatti o nelle infusioni invernali. Il succo di mele con foglie di mais rostrato rosso di Rovetta, tostate e messe in infusione, che viene servito, è una rivelazione: scalda il palato e trasmette un comfort assoluto. Qui nulla va sprecato. Le foglie di mais, considerate scarti, vengono recuperate dalle aziende agricole locali e riutilizzate in cucina.
Si viene poi accompagnati a visitare le stalle, che potremmo definire 4.0, con erogatori di cereali e pulitore automatico dove troviamo le vacche di razza Grigio Alpina e le pecore giganti Bergamasche. Le lavorazioni di carni e formaggi sono interne, mentre per alcuni ingredienti si affidano a realtà locali, mantenendo un legame autentico con il territorio.
Un esempio significativo di sostenibilità è il fienile per l’essicazione del fieno sfuso in due tempi, un investimento culturale oltre che produttivo. Questo sistema permette di ridurre l’ossidazione della sostanza organica, ottenendo un foraggio di altissima qualità e preservando il paesaggio montano.

La cucina: tra innovazione e territorio
Dopo il tour, si varca la soglia del ristorante guidato da Michele Lazzarini, un luogo dove sostenibilità, gusto e territorio si intrecciano in piatti che sanno di ricerca e di equilibrio. Qui, il progetto agricolo trova la sua piena espressione: il ristorante non è solo il naturale proseguimento dell’orto, ma ne amplifica il valore, dando complessità alla parte agricola e trasformandola in esperienza gastronomica. Non è solo fine dining, ma un vero e proprio spazio di divulgazione culturale.
Un dettaglio che mi ha sorpreso? Mangiare con le mani. In un ristorante stellato non me lo sarei mai aspettato, eppure è così che si vivono tutte le prime portate. Poi, sul tavolo arriva una scatola di posate, lasciando a voi la scelta di come proseguire: un gesto che spezza il formalismo e rende tutto più libero, più istintivo. E chi l’avrebbe detto che il sottofondo musicale sarebbe stato affidato ai Ramones e a David Bowie?
Il menù da 150€ comprendeva 13 portate, che ho deciso di abbinare alla degustazione analcolica di 3 succhi e kombucha (30€) invece che alla più classica degustazione di 4 vini (48€). Un viaggio di sapori originale, tra verbena, menta e gli agrumi del Castello di Grumello. Nessun rimpianto per l’assenza di alcolici, anzi: la complessità delle bevande in abbinamento ha saputo regalare nuove sfumature a ogni boccone, ma se non siete convinti potete anche optare per la degustazione mix di 4 calici (44€).
Alcuni dei piatti che più mi hanno colpito:
- Lardo di lucioperca: goloso e curioso, considerando che è un pesce! La consistenza è diversa, ma incredibile.
- Pane e burro di centrifuga: nella loro semplicità, hanno una dignità incredibile.
- Uovo e coniglio: il primo fuori menù, ma un must di Contrada. Zabaione salato che cela una tartare di coniglio, arricchita da salsa koji e cicorietta passata alla brace. Stratificato, avvolgente, con una nota acida perfetta.
- Le lumachine (pasta): mantecate con burro affumicato e sieroinnesto: il pre-fermento che si utilizza nei formaggi, con questa sua nota acida e pungente.
- Gnocchi di pane con riduzione di verza, rafano e cervella di vitello affettate sopra: un tocco di amaro piacevolissimo e un utilizzo non convenzionale del cervello
- Trota alla brace: con pelle croccante, salsa di acqua di pomodoro, burro e crème fraîche all’olio di aghi di abete rosso: visivamente splendida.
- Gelato all’aglio nero e crema di topinambur: insolitamente delizioso.
- Brioche alle noci: croccante fuori, soffice dentro, con impagabili note di cannella.
- Caramella di siero: la perfetta conclusione, che ti riporta al caseificio e all’orto. Il siero viene cotto fino a ridursi e caramellizzarsi, assumendo un sapore complesso, ricco di note erbacee e floreali grazie alla combinazione con un mix di erbe e fiori dell’orto.
Un luogo in cui tornare
Atmosfera intima, pochi posti, eppure molti degli ospiti erano già stati qui. A Contrada Bricconi si torna, perché si mangia bene, ma anche perché si sta bene. Il paesaggio montano è incantevole, i piatti sono golosi, belli e realizzati con ingredienti che raccontano, valorizzano e rispettano il territorio.
Se ne avete la possibilità, fateci un salto. Ne vale davvero la pena.
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