Confagricoltura, una vera organizzazione interprofessionale per la filiera del Grano italiano
La filiera del grano “made in Italy” va costruita con una visione comune, all’interno di una organizzazione interprofessionale capace di unire tutte le sue componenti: produttori, stoccatori, commercianti, con gli industriali del settore molitorio, pastario e mangimistico
di Donato Troiano
Ultima Modifica: 26/09/2020
La filiera del grano duro e della pasta è riuscita, durante l’emergenza COVID19, a rispondere all’improvviso picco di domanda garantendo costantemente le forniture sul canale distribuzione, pur trovandosi a fronteggiare difficoltà logistiche e un aumento complessivo dei costi di produzione. Sforzo che non mette però al riparo da tensioni, visto che le scorte di grano duro a livello mondiale continuano a calare, il prezzo è da mesi in rialzo e sulla qualità della prossima campagna produttiva incombono non poche preoccupazioni.
Questa situazione era emersa nelle scorse settimane dal Durum Days 2020, l’evento che ogni anno chiama a confronto tutti gli attori della filiera per fare il punto sulle previsioni della prossima campagna produttiva e che ha visto in questa quinta edizione confrontarsi via web Assosementi, Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Compag, Italmopa e Unione Italiana Food.
Ora la Confagricoltura mette al centro della riflessione la “costruzione” di una vera organizzazione interprofessionale” per unire tutta la filiera.
Il commento di Marcello Bonvicini presidente di Confagricoltura Emilia Romagna
«Attenzione ai falsi miti: la flessione del prezzo del grano duro – avverte il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello Bonvicini – non dipende dal Ceta – il contratto di libero scambio tra Ue e Canada -, bensì da dinamiche dell’economia globale, in particolare la maxi offerta proveniente da paesi produttori top e il cambio euro/dollaro sfavorevole per la nostra produzione nazionale».
È scorretto e inutile, prosegue Bonvicini, continuare a illudere gli agricoltori. «Assistiamo ogni giorno a proclami di vittoria quando nulla è stato fatto finora, con l’incognita della instabilità dei mercati a evidenziare le varie dicotomie – spiega il presidente regionale dell’organizzazione agricola -. La filiera del grano “made in Italy” va costruita realmente, con una visione comune, all’interno di una organizzazione interprofessionale capace di unire attorno a un tavolo tutte le sue componenti – produttori, stoccatori, commercianti, con gli industriali del settore molitorio, pastario e mangimistico -, per dare un futuro alle nostre produzioni altrimenti, questa filiera ideale, rimarrà sempre un concetto astratto. Il mercato dei prezzi dimostra che slogan e bandiere non generano un valore economico. Bisogna invece definire e condividere, insieme agli attori della filiera, strategie di valorizzazione della produzione nazionale, tenendo conto delle dinamiche internazionali e di variabili difficilmente calcolabili».
Il presidente dei cerealicoltori di Confagricoltura Emilia Romagna, Lorenzo Furini
Sull’attuale campagna vendita del duro, cominciata con la prima quotazione alla Borsa Merci di Bologna lo scorso 2 luglio, interviene il presidente dei cerealicoltori di Confagricoltura Emilia Romagna, Lorenzo Furini, che afferma: «Da luglio a oggi, il prezzo è sceso da 303-308 a 280-285 euro a tonnellata. L’attività molitoria procede nella norma, mantenendo una posizione cosiddetta “attendista” senza l’esigenza di richiedere ulteriori quantitativi di prodotto perché i magazzini sono pieni. Come vedere il bicchiere mezzo pieno? A settembre dello scorso anno le quotazioni erano ferme a 227 euro a tonnellata per poi risalire, a partire dalla prima decade di ottobre, fino a raggiungere 257 euro a tonnellata nel mese di dicembre e 262 euro/tons a febbraio. Speriamo di chiudere con un andamento al rialzo anche la campagna commerciale 2020-2021, una volta terminata l’elevata offerta di grano duro dall’estero».
Va inoltre sottolineato che la domanda di prodotti alimentari provenienti da filiere nazionali è in costante crescita quindi l’industria di trasformazione cercherà sempre più materie prime italiane.
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