Cibo buono e lotta allo spreco Francia al Top, l’Italia insegue
A stabilirlo è la 3° edizione del Food Sustainability Index (Fsi), l’indice che analizza le performance di 67 Paesi in campo alimentare. Milano, un esempio di sostenibilità
di Vito de Ceglia
Ultima Modifica: 03/12/2018
La Francia si conferma, ancora una volta, in vetta al mondo per sostenibilità alimentare. A stabilirlo è la 3° edizione del Food Sustainability Index (Fsi), l’indice che analizza le performance di 67 Paesi in base alle politiche messe in campo su 3 ambiti spreco di cibo, agricoltura sostenibile e sfide nutrizionali. I Paesi presi in esame dall’Index rappresentano oltre il 90% del Pil globale e i 4/5 della popolazione mondiale. Il Fsi è stato sviluppato dal Barilla Center for Food&Nutrition (Bcfn), in collaborazione con The Economist Intelligence Unit. Se la Francia è al Top per le buone pratiche nel campo della sostenibilità alimentare sia a livello industriale che domestico, l’Italia che posizione occupa?
Italia: molte sfide nutrizionali da superare
Il nostro Paese, secondo l’analisi del Fsi, ha davanti una serie di opportunità interessanti da cogliere per migliorare ancora sotto il profilo della sostenibilità alimentare e ambientale. Le sfide maggiori continuano a riguardare il campo della nutrizione dove, pur rimanendo molto alta l’aspettativa di vita, pari a una media di 83 anni (come Spagna e Australia, ma meno del Giappone che arriva a 84), cambia l’“aspettativa di vita sana” che, per questo indicatore, si abbassa a 73 anni. Determinante, in questa situazione, la percentuale di persone sovrappeso o obese, che registrano picchi fra i più giovani che, nella fascia 5-19 anni, riguarda il 37% della popolazione. E che sale al 59% tra gli adulti. Allontanamento dalla Dieta Mediterranea e da modelli alimentari sostenibili, uniti ad una scarsa propensione all’attività fisica,sembrano essere le principali cause di questa situazione, che potrebbe – anche in futuro – portare a un peggioramento dello stato di salute degli italiani.
Cala lo spreco di cibo, ma non basta
Discorso diverso merita lo spreco di cibo dove, a fronte di un 2% di cibo gettato rispetto al totale che viene prodotto (un risultato importante se paragonato alla totalità dei Paesi analizzati, ma migliorabile rispetto agli altri membri Ue), si registrano circa 65 Kg/anno di cibo sprecato a persona. Un numero ancora piuttosto alto che però il Bel Paese sta provando a ridurre significativamente. A cominciare dalle politiche recenti, come la Legge Gadda del 2016, che aiuta nella donazione di cibo alle associazioni del terzo settore o il piano nazionale di riduzione dello spreco chiamato Pinpas che analizza le diverse fasi della catena di distribuzione per capire dove avvengono i maggiori sprechi e intervenire per ridurli o ridistribuire il cibo avanzato. Provvedimenti, questi, che lasciano ben sperare in un miglioramento anche nel breve periodo.
Agricoltura, pochi giovani e donne
Infine, tra i 3 pilasti analizzati, resta positivo lo sforzo del nostro Paese per un’agricoltura che sia sostenibile. Ottime le performance ad esempio nella lotta allo spreco di acqua, visto che solo il 6,74% di quella usata finisce dispersa. Risultato migliore di altre importanti realtà europee come Grecia (11,58%) o Spagna (22,84%). Molto, invece, può essere fatto rispetto all’uso indiretto di acqua, riconducibile al cibo importato dall’estero. Altro dato che deve far riflettere riguarda la presenza di donne in agricoltura: in Italia raggiunge il 38,8% del totale della forza lavoro impiegata nel settore, mentre in Svezia si arriva al 68%. Discorso analogo merita la presenza di giovani impiegati nel settore, che si attesta sul 5% del totale, per una età media pari a 57 anni (negli Usa l’età media è di 38 anni). La scarsa presenza di donne e di giovani potrebbe rappresentare, in prospettiva, una complessità per l’Italia vista la maggiore propensione dei giovani all’innovazione tecnologica (e di conseguenza ad un miglioramento dell’impatto ambientale).
Milano, esempio sostenibile da seguire
A Milano è lotta allo spreco alimentare. La città punta a un suo abbattimento del 50% entro il 2030, visto che abitudini sbagliate di acquisto di cibo (e il relativo consumo) da parte delle famiglie contribuiscono per oltre il 40% alle eccedenze alimentari. Eccedenze che, se eliminate, permetterebbero a ciascuna famiglia di risparmiare circa 450 euro l’anno. Comune di Milano e Food Policy Office hanno, per questo, dato vita ad azioni in grado di coinvolgere tutti gli attori del cambiamento. Si è puntato ai privati, riducendo del 20% la tassazione per chi dona il cibo a enti benefici (anziché gettarlo via)e sono state recuperate, in appena sei mesi, 840 tonnellate di cibo. Se questo progetto dovesse continuare anche nel 2019, si stima che si arriverebbe a coinvolgere oltre 10 mila aziende private con un impatto sulla cassa comunale di circa 1.8 milioni di euro.
Si è puntato anche alle mense scolastiche, dove in 106 casi (su 418) è stato avviato un programma per ridistribuire oltre 140 tonnellate di frutta e pane durante la merenda. Il programma, dove attivo, ha coinvolto 17 mila ragazzi in 779 classi e ha permesso di ridurre del 17% lo spreco alimentare nelle scuole. Un risultato importante considerando che Milano fornisce circa 85 mila pasti al giorno per un totale di 17 milioni di pasti l’anno.
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