
Cibi ultraprocessati: cosa sono e come riconoscerli
Dalla classificazione NOVA (e i suoi limiti) alla lettura delle etichette: la guida pe per identificare gli alimenti ultra-trasformati e fare scelte consapevoli tra qualità e benessere.
di Alessandra Favaro
Ultima Modifica: 26/03/2025
Quando si parla di cibi ultraprocessati, siamo sicuri di sapere esattamente di cosa si stia parlando? In tema enogastronomia e agroalimentare, siamo sempre più attenti alla qualità degli ingredienti, all’autenticità dei sapori, parliamo di terroir, di filiera, stagionalità, di quel legame profondo tra cibo e cultura.
Siamo sempre più interessati al cibo come veicolo di benessere. Ma nel carrello della spesa quotidiano, spesso si insinuano prodotti che sembrano lontani anni luce da questi ideali: i cibi ultraprocessati (UPF – Ultra-Processed Foods)
Ne sentiamo spesso parlare, ma cosa sono esattamente? Come si distinguono da un buon formaggio stagionato o da un pane a lievitazione naturale? E soprattutto, perché secondo diverse linee guida, dovremmo prestare attenzione a questa categoria di alimenti? C’è qualche classificazione scientifica che li definisce? Ed è esaustiva? In questa guida, proviamo a dare risposta a dubbi e domande, imparando a conoscere il mondo dei cibi ultra-trasformati e a fare scelte più consapevoli, senza fissazioni o posizioni rigide, e senzarinunciare al piacere della tavola.
Indice
Cosa sono esattamente i cibi ultraprocessati? La definizione oltre il semplice “confezionato”
Per capire cosa si intende per “ultraprocessato”, dobbiamo fare riferimento alla classificazione NOVA, un sistema che categorizza gli alimenti non in base ai nutrienti, ma al loro grado di trasformazione industriale. Secondo NOVA, i cibi si dividono in 4 gruppi:
- Gruppo 1: Alimenti non processati o minimamente processati: Frutta, verdura, legumi, uova, carne e pesce freschi, latte, yogurt al naturale, riso, pasta secca. Sono cibi “come natura crea” o con lavorazioni minime (pulitura, taglio, refrigerazione, ecc.).
- Gruppo 2: Ingredienti culinari processati: Olio, burro, sale, zucchero, aceto. Usati per cucinare e condire i cibi del Gruppo 1.
- Gruppo 3: Alimenti processati: Sono cibi del Gruppo 1 a cui sono stati aggiunti ingredienti del Gruppo 2. Esempi: verdure in scatola (con sale o aceto), frutta sciroppata, legumi in scatola, pesce sott’olio o al naturale, formaggi semplici, pane fresco artigianale, prosciutti crudi stagionati (con sale). La lavorazione serve a conservare o rendere più gradevole l’alimento base.
- Gruppo 4: Alimenti ultraprocessati: Qui la storia cambia. Non si tratta più di semplici modifiche a cibi riconoscibili, ma di formulazioni industriali create a partire da sostanze estratte dagli alimenti (zuccheri, amidi modificati, grassi idrogenati, isolati proteici) e additivi.
I cibi ultraprocessati sono, in sostanza, prodotti dell’ingegneria alimentare, progettati per essere iper-palatabili, convenienti e a lunga conservazione.
LEGENDA: La classificazione NOVA è un sistema sviluppato da ricercatori brasiliani dell’Università di San Paolo per categorizzare gli alimenti in base al grado di trasformazione industriale che subiscono, piuttosto che alla loro composizione nutrizionale (come calorie, grassi, zuccheri, ecc.).
Come riconoscere un cibo ultraprocessato: l’etichetta è la nostra bussola
Distinguere un UPF non è sempre immediato, ma l’etichetta è la nostra migliore alleata. Ecco alcuni segnali d’allarme:
- Lista ingredienti lunga (spesso più di 5): Se l’elenco sembra interminabile, è probabile che si tratti di un UPF.
- Presenza di ingredienti sconosciuti: Nomi come maltodestrine, sciroppo di glucosio-fruttosio, oli idrogenati o parzialmente idrogenati, proteine isolate (di soia, di pisello, ecc.), amidi modificati, glutammato monosodico. Se non sai cosa sia, probabilmente in natura non esiste.
- Additivi “cosmetici” e tecnologici: Coloranti (es. E1xx), conservanti (es. E2xx), antiossidanti (es. E3xx), emulsionanti (es. lecitine modificate, E4xx), stabilizzanti, esaltatori di sapidità, dolcificanti artificiali (aspartame, acesulfame K, sucralosio). Sono sostanze non usate nella cucina casalinga.
- Claim nutrizionali fuorvianti: Attenzione a prodotti “light”, “a basso contenuto di grassi”, “arricchiti con vitamine/fibre”. Spesso, (ma non sempre, è importante ragionare sempre nel complesso e non per estremismi) per compensare la riduzione di grassi o zuccheri, vengono aggiunti altri ingredienti e additivi tipici degli UPF.
- Aspetto e consistenza standardizzati: Prodotti che sembrano sempre identici, con consistenze particolari (molto croccanti, molto morbidi, molto cremosi) ottenute grazie a processi industriali specifici.
Dallo snack alla tavola: esempi comuni di cibi ultraprocessati
Gli UPF si nascondono in molti angoli del supermercato. Ecco alcuni esempi comuni:
- Snack Dolci e Salati: Patatine in sacchetto, cracker industriali, biscotti farciti, merendine confezionate, barrette energetiche o ai cereali (spesso piene di zuccheri e additivi), caramelle e gomme da masticare.
- Bevande: Bibite gassate e zuccherate, tè freddi industriali, bevande energetiche, “succhi” di frutta quando nella lista ingredienti ci sono sono principalmente acqua, zucchero e aromi.
- Cereali per la colazione: La maggior parte dei cereali zuccherati, glassati, ripieni o “arricchiti”.
- Pasti pronti e preparati: Zuppe in busta o brick, piatti pronti surgelati (lasagne, cannelloni industriali), pizze confezionate, salse pronte (pesto industriale con anacardi invece che pinoli e formaggio generico, sughi pronti con zuccheri e correttori di acidità).
- Carni e pesce trasformati: Würstel, salsicce industriali (diverse da quelle artigianali del macellaio), cordon bleu, bastoncini di pesce, hamburger confezionati con molti ingredienti aggiunti.
- Prodotti da forno industriali: Pane in cassetta a lunga conservazione, pancarrè, panini per hamburger confezionati, fette biscottate industriali.
- Dolci e dessert: Budini pronti, dessert a base latte confezionati, gelati industriali (spesso con molti emulsionanti e grassi vegetali idrogenati).
- Sostituti vegetali: Alcuni burger vegetali, affettati vegani o formaggi vegetali possono essere ultraprocessati se contengono lunghe liste di isolati proteici, addensanti, aromi e coloranti.
Perché dovremmo preoccuparci? L’impatto sulla salute e sul gusto
Se da un lato gli UPF offrono convenienza, dall’altro il loro consumo elevato è associato a diverse preoccupazioni.
- Profilo nutrizionale squilibrato: Generalmente ricchi di zuccheri aggiunti, sale, grassi saturi e/o idrogenati, e poveri di fibre, vitamine, minerali e composti bioattivi presenti negli alimenti freschi.
- Rischi per la Salute: Studi scientifici collegano un’alta assunzione di UPF a un maggior rischio di sovrappeso, obesità, malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, sindrome metabolica e persino depressione e mortalità generale.
- Impatto sul gusto: I cibi ultra processati sono spesso progettati per essere “iper-palatabili”, con sapori intensi e standardizzati che possono desensibilizzare il palato ai gusti più delicati e complessi degli alimenti naturali e artigianali. Questo va contro la ricerca di autenticità e sfumature che guida l’esperienza enogastronomica.
- Distacco dalla tradizione casalinga: L’uso massiccio di UPF ci allontana dalla preparazione casalinga, dalla conoscenza degli ingredienti e dalle tradizioni culinarie basate su materie prime fresche e lavorazioni semplici. È può impigrirci, preferendo un alimento già pronto a qualcosa di più semplice fatto con materie prime scelte da noi.
Non tutta la trasformazione è uguale: il valore dell’artigianalità
È fondamentale non demonizzare ogni forma di trasformazione e non fare di tutta l’erba un fascio. Un buon prodotto DOP , un pane a lievitazione naturale fatto con farine di qualità, una conserva di pomodoro fatta in casa o artigianalmente (Gruppo 3 NOVA) sono esempi di alimenti processati che mantengono un alto valore nutrizionale e organolettico, frutto di saperi tradizionali e materie prime di qualità.
La differenza chiave sta nel tipo e nello scopo della trasformazione: conservare e migliorare un ingrediente riconoscibile (processato) vs. creare una formulazione industriale complessa da componenti de-strutturati e additivi (ultraprocessato).
Verso scelte più consapevoli
Come possiamo, da amanti del buon cibo, navigare in questo panorama?
- Privilegiare alimenti freschi e minimamente processati (Gruppo 1 NOVA): La base della nostra dieta dovrebbe essere composta da frutta, verdura, legumi, cereali integrali, carne e pesce freschi, uova, latte. Il tutto senza eccessi.
- Cucinare di più a casa: Preparare i propri pasti permette il controllo totale sugli ingredienti (Gruppo 2 NOVA) e sulle tecniche di cottura.
- Leggere attentamente le etichette: Diventare “detective dell’etichetta” è il passo più importante per identificare gli UPF. Se la lista ingredienti è lunga e piena di nomi strani, meglio lasciar perdere.
- Scegliere prodotti artigianali e locali: Preferire il pane del fornaio di fiducia, i formaggi del casaro, i salumi tradizionali (leggendo comunque l’etichetta per verificare l’assenza di troppi additivi), le conserve fatte come una volta.
- Limitare snack e bevande industriali: Sostituire merendine e patatine con frutta fresca, frutta secca al naturale, yogurt bianco, o snack fatti in casa. Bere principalmente acqua, tisane non zuccherate, caffè.
- Non farsi ingannare dai claim salutistici: Un prodotto “vegan”, “senza glutine” o “light” non è automaticamente sano se è ultraprocessato.
Consapevolezza a tavola
Essere consapevoli dell’esistenza e delle caratteristiche dei cibi ultraprocessati non significa eliminarli completamente dalla nostra vita (la moderazione è sempre una buona bussola), ma ci permette di fare scelte più informate. Per chi ama l’enogastronomia, scegliere cibo di qualità significa anche capire come è fatto quel cibo.
Ridurre il consumo di UPF non è solo una questione di salute, ma anche un modo per riscoprire i sapori autentici, sostenere le produzioni artigianali e riconnettersi con una cultura alimentare più ricca e genuina. La prossima volta che farete la spesa, dedicate qualche minuto in più alla lettura delle etichette: il vostro palato e il vostro benessere vi ringrazieranno.
Classificazione dei cibi ultraprocessati: c’è un MA…
Bisogna notare però che la classificazione NOVA, pur essendo uno strumento utile e ampiamente utilizzato, è anche oggetto di dibattito e ha ricevuto alcune critiche di recente. Diverse revisioni scientifiche, inclusa quella discussa sul sito NutrientieSupplementi.it
(basata su una review pubblicata su Nutrients), hanno evidenziato alcuni punti deboli e aspetti controversi:
- Ambiguità e Scarsa Definizione: Alcuni critici ritengono che le definizioni dei gruppi, in particolare la distinzione tra alimenti processati (Gruppo 3) e ultra-processati (Gruppo 4), non siano sempre chiare, univoche e basate su parametri oggettivamente misurabili. Questo può rendere difficile classificare con certezza alcuni prodotti.
- Eterogeneità all’interno dei Gruppi: I gruppi, specialmente il Gruppo 4, possono contenere alimenti con profili nutrizionali molto diversi. Ad esempio, un pane integrale industriale ricco di fibre potrebbe rientrare nello stesso gruppo di una bevanda zuccherata, pur avendo un impatto nutrizionale differente. La classificazione non tiene conto della qualità nutrizionale intrinseca.
- Focus sul processo vs composizione nutrizionale: NOVA si concentra esclusivamente sul grado di trasformazione, tralasciando la composizione nutrizionale specifica (quantità di zuccheri, grassi saturi, sale, fibre, vitamine, minerali). Questo significa che un alimento minimamente processato ma nutrizionalmente povero (es. ricco di grassi saturi) potrebbe apparire “migliore” di un alimento processato ma nutrizionalmente più bilanciato o fortificato. Ma ovviamente non è così.
- Non considera il pattern dietetico complessivo: La salute dipende dalla dieta e stile di vita nel suo insieme (varietà, quantità, frequenza di consumo), non solo dal grado di trasformazione dei singoli alimenti. La classificazione NOVA, secondo i critici, non fornisce indicazioni sufficienti per ottimizzare la dieta generale).
- Possibile stigmatizzazione: L’etichetta “ultra-processato” può portare a una percezione eccessivamente negativa di alcuni prodotti industriali, inclusi quelli che potrebbero avere un ruolo in una dieta equilibrata (es. alternative vegetali, alimenti fortificati) o essere convenienti e accessibili (Fonte 1.1).
Queste critiche suggeriscono che, sebbene la classificazione NOVA sia preziosa per la ricerca epidemiologica e per sensibilizzare sul consumo eccessivo di certi prodotti industriali, dovrebbe essere utilizzata con consapevolezza dei suoi limiti e integrata con altre valutazioni nutrizionali per guidare le scelte alimentari individuali
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