Capitale Italiana della Cultura 2022: oggi alle ore 10 il nome della vincitrice - InformaCibo

Capitale Italiana della Cultura 2022: oggi alle ore 10 il nome della vincitrice

La storia di un riconoscimento istituito nel 2014. Il titolo di Capitale italiana della cultura del 2021 è Parma mentre in segno di solidarietà per le vittime della pandemia, Bergamo e Brescia, sono le Capitali italiane della Cultura per il 2023

di Donato Troiano

Ultima Modifica: 18/01/2021

Ci siamo.

Mancano solo poche ore per conoscere  il nome della città Capitale della cultura italiana 2022.

Dopo che, nelle scorse settimane abbiamo presentato alcune città finaliste, la presentazione delle audizioni, il derby pugliese tra Bari e Taranto con uno scritto e una ricetta di due pugliesi Doc, Francesco Lenoci e Gegè Mangano (leggere qui) ora, mentre aspettiamo le ore 10,00 per la proclamazione della vincitrice alla presenza del ministro dei Beni culturali e del turismo, Dario Franceschini, ripercorriamo la “storia” di un riconoscimento che dal 2014 ha acquisito sempre maggiore rilevanza tanto che ormai i dossier di candidatura sono sempre più articolati e supportati da team di altissimo livello, e le città finaliste della candidatura 2022.

Si è concluso con Volterra il ciclo di audizioni delle dieci città finaliste in gara per il titolo di Capitale italiana della cultura 2022. A rompere il ghiaccio, nella giornata di giovedì, la città di Ancona, seguita da Bari, Cerveteri, L’Aquila e Pieve di Soligo. Venerdì è stata invece la volta dell’isola di Procida, Taranto, Trapani, Verbania e appunto Volterra, per un riconoscimento che dal 2014 ha acquisito sempre maggiore rilevanza tanto che ormai i dossier di candidatura sono sempre più articolati e supportati da team di altissimo livello.

Oggi lunedì alle 10 la proclamazione della vincitrice alla presenza del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini

LA CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA

La Capitale italiana della cultura è stata istituita nel 2014 e ha tra gli obiettivi quello di sostenere, incoraggiare e valorizzare l’autonoma capacità progettuale e attuativa delle città, affinché venga recepito in maniera sempre più diffusa il valore della leva culturale per la coesione sociale, l’integrazione, la creatività, l’innovazione, la crescita e lo sviluppo economico. Il titolo di Capitale italiana della cultura è conferito per la durata di un anno e la città vincitrice riceverà un milione di euro. Negli anni precedenti il titolo è stato assegnato alle Città di Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna e Siena nel 2015; Mantova nel 2016; Pistoia nel 2017, Palermo nel 2018 (nel 2019 ha coinciso con Matera Capitale europea della cultura).

Parma è invece la Capitale italiana della cultura 2020 che è stata prorogata al 2021 dal Dl Rilancio.

Lo stesso Decreto ha inoltre stabilito che la procedura di selezione per l’anno 2021, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, si intende riferita all’anno 2022.

Il Dl Rilancio ha anche proclamato, in segno di solidarietà per le vittime della pandemia, Bergamo e Brescia Capitali italiane della Cultura per il 2023.

ANCONA. LA CULTURA TRA L’ALTRO

Ancona nasce e si sviluppa in funzione dell’Altro, come porto, luogo di incrocio, di conoscenza e scoperta. A una cultura che oggi è chiamata ad occuparsi della coesione, della differenza, della civiltà, la città offre un terreno fertile di scambio e di produzione di nuovi contenuti e nuove mappe attraverso progetti che guardano all’accessibilità, alla sostenibilità, alla tutela, ai giovani e al dialogo tra le discipline della conoscenza.

Ancona è una città che ha da sempre un rapporto con la cultura instabile e diffidente, pur molto intenso – ha detto l’assessore Marasca -. Abbiamo tante storie di cultura, di ricerca, di innovazione. Qui nasce l’archeologia, il diritto commerciale, si sviluppano delle prospettive nuove nell’arte figurativa, nel teatro di comunità, nella letteratura. È una città che deve essere capace però di trasformare lo straordinario che ha in ordinario, far sì che l’accidentale diventi permanente. È un po’ come passare dall’innamoramento all’amore. Questo è quello che possiamo ricevere dal bando. Ma non vogliamo ricevere senza dare nulla. Mettiamo a disposizione i parchi, i paesaggi, i musei, i luoghi, le persone, i tecnici, i filosofi, i letterati. Vogliamo – ha concluso – disegnare nuove mappe della cultura”.

Il sindaco del capoluogo marchigiano, Valeria Mancinelli, ha aggiunto: “Se la candidatura a Capitale della Cultura vuole essere uno strumento per potenziare il ruolo di trasformazione di una città, allora è giusto assegnare questo riconoscimento ad Ancona, dove questo processo è già in atto da qualche anno. Ancona storicamente non ha percepito la cultura come elemento essenziale per la costruzione della propria identità e come prospettiva di sviluppo e lavoro – ha proseguito il primo cittadino – Ma la sta costruendo ora, da qualche anno, a partire dall’impostazione del piano strategico, realizzato con una visione ben precisa e composto da tanti progetti strategici. Questa è la prima ragione. In secondo luogo, il progetto coinvolge decine di migliaia di persone, non solo chi opera nella cultura. C’è un protagonismo popolare. Infine, siamo sicuri di poter garantire di poter realizzare il progetto senza disastri nella finanza pubblica”.

BARI – LA CULTURA VIEN DAL MARE

La ricchezza semantica e culturale, così come i valori del mito di San Nicola, sono alla base della candidatura di BARI2022. Il rapporto di identificazione tra San Nicola e Bari è millenario, è profondo, ha segnato il destino urbanistico e architettonico della città, il suo rapporto con il mare, con le culture dei paesi dell’area adriatico-mediterranea, ne ha determinato la riconoscibilità internazionale, esercitando sui baresi una forte influenza simbolica, antropologica, sociale, culturale, artistica, ancorché religiosa. Per questo abbiamo scelto di declinare l’universo nicolaiano in sei archetipi che ci aiuteranno a raccontare il cuore e la storia di questa città: il sacro, la luce, il mare, l’oriente, il dialogo, il femminile.

Al sindaco del capoluogo pugliese nonché presidente dell’Associazione Nazionale dei Comuni italiani (ANCI) Antonio Decaro è spettato il compito di introdurre il dossier barese. “Bari è una grande capitale umana – ha detto Decaro -, un insieme di volti, luoghi, quartieri, paesaggi, storia, culture, imprese. Una città multiculturale. La nostra forza è il mare, che ha segnato la nostra identità. Portiamo in dote la vocazione mediterranea, ma anche una sensibile storia di crescita, dimostrata da grandi trasformazioni urbane, materiali ed immateriali. Abbiamo investito sulle infrastrutture, sui trasporti, sulla tutela del paesaggio e su una serie di strutture ricettive capaci di offrire un modello di accoglienza. Bari si candida a Capitale della cultura italiana per completare un percorso di co-progettazione e co-pianificazione avviato con tutti i 41 comuni dell’area metropolitana”.

Parole cui si sono aggiunte quelle dell’assessore alle Politiche culturali del Comune di Bari, Ines Pierucci: “Il simbolo nicolaiano è il culto sotto l’egida del quale abbiamo candidato la nostra città a Capitale italiana della cultura. Il programma è stato costruito su sei archetipi: il sacro, la luce, il mare, l’oriente, il dialogo ed il femminile. E poi ci sono i tre miracoli che sostengono tutto il programma, che è diffuso, partecipato e prevede 300 eventi”.

CERVETERI – ALLE ORIGINI DEL FUTURO

Cerveteri può diventare un centro di sperimentazione di modelli innovativi di governance della cultura a livello locale. Il dossier è il piano strategico su cui intendiamo lavorare nei prossimi anni, partendo dalle nostre radici etrusche, che rappresentano un glorioso passato e che sono al contempo alle origini del futuro. Un futuro che adeguerà gli standard della salvaguardia e della valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale ai valori della sostenibilità, dell’accessibilità e della partecipazione civica.

Per il sindaco di Cerveteri, Alessio Pascucci, che si è dovuto confrontare con grandissimi problemi tecnici che avrebbero abbattuto chiunque ma da cui ha saputo uscire a testa alta, essere arrivati a questo punto “è un grandissimo regalo, per tanti motivi. Fino a pochissimi anni fa sarebbe stato inimmaginabile. E’ la tappa di un percorso lungo, avviato quando le necropoli di Cerveteri e di Tarquinia sono state iscritti nel patrimonio Unesco e lì riscopriamo la nostra identità. Pochi anni dopo l’amministrazione, fatta di giovani donne e uomini, pensa di poter rivoluzionare la città partendo dai contenuti culturali”. A dirlo il primo cittadino di Cerveteri, Alessio Pascucci, in audizione stamani, davanti alla Commissione di esperti nominata dal Mibact, per presentare la candidatura della cittadina del Lazio a Capitale italiana della Cultura per il 2022.

Perché questo riconoscimento sarebbe così importante per Cerveteri? “La ricaduta economica sul nostro territorio di questo titolo sarebbe importantissima – ha spiegato Pascucci -. C’è poi un tema identitario. La ricaduta non è nell’anno del titolo ma negli anni successivi, in come questo può cambiare la nostra comunità”. Il sindaco ha poi aggiunto: “Pensiamo che Cerveteri possa essere un luogo per sperimentare modelli di governance dei processi culturali differenti. Siamo stati gli unici al mondo ad aver messo il piano di gestione Unesco all’interno del Piano regolatore della città”.

Federica Battafarano, assessore alla Cultura del Comune, ha aggiunto: la cultura “non è una rappresentazione, non è un evento né tantomeno rappresenta un patrimonio artistico. Cultura vuol dire prendersi cura, pertanto quella che mettiamo in campo è un’idea di cultura che indica una trasformazione, un cambiamento, un’emancipazione della persona. Vogliamo costruire una sensibilità comune. La cultura ha una funzione sociale e pedagogica oltre che estetica, capace di riattivare nei cittadini un rinnovato senso di partecipazione civica ma anche di responsabilità sociale e di legame comunitario”.

Dall’antica Caere, ha ricordato Battafarano, “ha origine la civiltà etrusca che continuano a essere tra noi nel patrimonio genetico di uomini, di donne, città e paesaggi. Un popolo che ha ancora oggi tanto da insegnarci”. La candidatura a Capitale italiana della cultura, ha aggiunto Battafarano, parte dall’idea che “la cultura è un capitale intorno al quale far crescere e progredire la nostra comunità”.

L’AQUILA – LA CULTURA LASCIA IL SEGNO

Per dare origine ad un nuovo ciclo di sviluppo, il dossier per L’Aquila Capitale italiana della cultura traccia il percorso per raggiungere quattro precisi obbiettivi: 1) Ripopolare la città e il territorio e riannodarne il tessuto sociale; 2) Promuovere un nuovo modello di sviluppo e benessere a base culturale; 3) Diventare il centro di competenze di riferimento a livello europeo sulla resilienza post- catastrofe a base culturale; 4) Formulare una strategia di sviluppo scalabile alle altre realtà simili delle aree interne italiane.

Il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, presentando la candidatura, ha detto: “La candidatura dell’Aquila nasce per dare un’anima alla ricostruzione fisica dei luoghi, volevamo superare la narrazione dell’Aquila come città inchiodata all’immagine del luogo del terremoto, del dolore e delle sofferenze. Il nostro modello racconta che la cultura non si ferma neanche davanti al terremoto o all’epidemia. Era necessario lasciare lo spazio al racconto della rinascita di questa città, un percorso per certi versi ancora incompiuto. La candidatura è quindi un punto di completamento di questo percorso. Non è soprattutto un’idea estemporanea, è una riflessione più ampia che abbiamo fatto sul ruolo che le città medie possono recitare nel paese”.

PIEVE DI SOLIGO E LE TERRE ALTE DELLA MARCA TREVIGIANA

Non si tratta di conservare il passato ma di realizzarne i sogni”. Il nostro passato sono i nostri padri, le loro idee e i loro sogni, e il nostro paesaggio, con le sue peculiarità e con la nostra azione che nel tempo lo ha cambiato, plasmato e spesso anche deturpato. Il nostro dossier invita a “paesagire”, a mettere in atto azioni di paesaggio in grado di tradurre i nostri sogni, ovvero le linee guida del Piano Strategico, in progetti attivatori, moltiplicatori e creatori di reti diffuse culturali basate sulla connessione materiale e immateriale del territorio, delle sue socialità e delle sue economie.

Ha chiuso la giornata di giovedì Luisa Cigagna, assessore alla Cultura di Pieve di Soligo: “Abbiamo presentato questa candidatura, pur non essendo città ma solo territorio diffuso, perché crediamo nella possibilità di riscatto delle zone periferiche, rispetto alle grandi città ed alle aree metropolitane, attraverso un’idea di cultura dinamica e inclusiva, capace di dare conto della ricchezza storica, umana e sociale delle piccole comunità. Il nostro è un percorso di progetti e azioni concrete, un contributo utile di riflessione, per l’Italia dei piccoli borghi perché proprio dai paesi, dalle aree periferiche, può partire una rigenerazione ambientale, economica e sociale coerente con gli obiettivi dell’Agenda 2030”.

PROCIDA, LA CULTURA NON ISOLA

Procida si candida a Capitale Italiana della Cultura perché la terra isolana è luogo di esplorazione, sperimentazione e conoscenza, è modello delle culture e metafora dell’uomo contemporaneo. Potenza di immaginario e concretezza di visione ci mostrano Procida come capitale esemplare di dinamiche relazionali, di pratiche di inclusione nonché di cura dei beni culturali e naturali. Il percorso che ha portato alla creazione e consegna del dossier di candidatura è una significativa esperienza di innovazione sociale, per la centralità di un modello di vita urbana attiva, orientata alla cultura e ai desideri della comunità. Procida è l’isola che non isola, laboratorio culturale di felicità sociale.

 “Il percorso di partecipazione alla competizione per il titolo di Capitale italiana della Cultura ha fortificato le politiche dell’amministrazione dell’isola che stava già puntando su temi forti come l’inclusione, la rigenerazione, il turismo, tutti legati alla cultura. Questo percorso è stato un percorso importante che lascerà un lascito forte per la comunità”. Lo ha detto il sindaco di Procida, Dino Ambrosino, presentando la candidatura.

Questo percorso “è stato un viaggio che dura ancora oggi”, ha aggiunto Agostino Riitano, direttore della candidatura, che ha illustrato lo spirito e i progetti di cocreazione che sono alla base del dossier di partecipazione. “Procida si candida perché è profondamente convinta che la cultura ‘non isola’, un tema pensato prima della pandemia”. La cultura “è una questione di legami. L’uomo ha necessità di costruire dei ponti e il materiale per costruirli viene proprio dalla cultura”. Procida, ha aggiunto Riitano, “è l’isola che non isola, laboratorio culturale di felicità sociale”.

Procida ha anche realizzato uno strumento di valutazione e monitoraggio realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell’Università Vanvitelli: 5 missioni, 10 obiettivi strategici, monitorati da 25 indicatori di performance. Fin da subito poi, Procida ha messo a punto una governance pubblico-privato interpretando il nuovo Codice degli Appalti.

TARANTO E GRECIA SALENTINA. LA CULTURA CAMBIA IL CLIMA

Può un deserto far germogliare una pianta e questa dare frutti ad una comunità? Come può cambiare il clima di una terra lacerata dalla monocultura industriale e dalle ingiurie agli ecosistemi, alle coscienze e persino ai sogni delle future generazioni, e attraverso la cultura e la voglia di partecipazione sospingere la rinascita socio-economica e ambientale? Tante Taranto, dal mare a luoghi unici dell’arte contemporanea, attraverso ventotto secoli di storie ed esperienze sensoriali, per un laboratorio nazionale di cultura resiliente e sostenibile. Dove c’era un deserto.

Oggi è un giorno di festa perché per anni ci hanno insegnato che Taranto non doveva avere nulla a che fare con la bellezza, ma doveva solo produrre. Nell’ultimo mezzo secolo a Taranto abbiamo commesso tutti gli errori che si potevano commettere in un Paese civile. Una sorta di deserto dove non c’era posto per cultura e bellezza, dove non ci si doveva occupare del futuro, ma solamente di monocultura industriale, Pil e mercato”. Lo ha detto il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, presentando la candidatura.

Questo deserto ha prodotto una lacerazione nel tessuto sociale, ingiurie all’ecosistema e alla salute e la fuga dalla città dei più giovani e scolarizzati – ha sottolineato Melucci -. Abbiamo pensato che si dovesse reagire a questo deserto con la discontinuità, utilizzando il driver della cultura che ha coinvolto migliaia di cittadini e un Piano strategico comunale per far diventare Taranto una città resiliente e con un modello di sviluppo sostenibile e alternativo alla grande industria”.

Oggi vediamo Taranto come un laboratorio nazionale del Green Deal di cui parlano il governo e l’Unione europea e di cui una componente essenziale è la cultura. Con questo laboratorio vogliamo dare una possibilità ai bambini che meritano un futuro di pari diritti a quelli di qualsiasi altro territorio. La cultura cambia il destino è il fondamento di questo laboratorio. Se cambia Taranto può cambiare il Mezzogiorno e tutta l’Italia”, ha concluso Melucci.

TRAPANI CROCEVIA DI POPOLI E CULTURE, APPRODI E POLICROMIE

“Trapani è approdo, culla di contaminazioni, popoli, lingue, miti. È un abbraccio fra terra e mare, crocevia, mistero. Trapani è un tripudio: di natura, cultura, gusto, colori. Trapani è terra di vento, un alito antico che da millenni porta il mondo in questa localitè e ad essa si unisce. La candidatura è un impegno corale alla definizione di una nuova identità culturale per la città e per il suo territorio, che concretamente si espliciterà in una piattaforma che consenta agli attori in campo di valorizzare le proprie specificità. Una proposta culturale complessiva e armonica. Un ricco calendario di progetti, iniziative ed eventi per trasformare Trapani in una fabbrica della creatività e in un luogo di produzione culturale”.

Rosalia D’Alì, assessore alla Cultura di Trapani, in audizione davanti alla giuria ha spiegato: “Un impegno corale per una definizione di una nuova identità culturale della città e del territorio. Abbiamo compreso quanto sia importante fare sistema. Questo è il percorso intrapreso da Trapani con tutti i 23 comuni della provincia e coi 150 partner che hanno aderito al protocollo d’intesa per la candidatura. Vogliamo trasformare Trapani in una fabbrica della creatività e in un luogo di produzione culturale”.

Giacomo Tranchida, sindaco di Trapani, ha aggiunto: “La candidatura alla Capitale della Cultura 2022 non è solo rivendicare la genesi di un’identità plurale e multiculturale. Significa consolidare e sostenere una visione strategica territoriale che vuole fare leva sulla cultura come attrattore strategica della destinazione Trapani – West Sicily. Ci siamo candidati alle elezioni con l’obiettivo di togliere la polvere e riscoprire la bellezza storica e cultura di questa città valorizzando su un doppio binario: una città normale e una città del futuro. Questo è il valore aggiunto”. “Ci piacerebbe vincere questo titolo ex aequo con tutte le altre città candidate. Ci abbiamo lavorato per far vincere anche le altre città candidate. Questa è la Capitale della Cultura 2022 post pandemia che vogliamo: la cultura che abbatte i muri e che crea porti e ponti vitali e salutari approdi”, ha concluso il sindaco.

VERBANIA LAGO MAGGIORE – LA CULTURA RIFLETTE

Il progetto culturale alla base della candidatura intende mettere a sistema le eccellenze culturali del territorio facendo emergere il loro legame inscindibile con l’eccezionalità ambientale e paesaggistica del lago. Il fil rouge è l’elemento “acqua” che, oltre a connotare esteticamente e visivamente la città, ne ha influenzato lo sviluppo sia economico che identitario.

Noi vogliamo confrontarci con 3 obiettivi: attrarre nuovi talenti e creativi per il giovane teatro e per il più antico museo del paesaggio; facilitare l’imprenditoria del florovivaismo e del benessere; aumentare il numero di turisti e visitatori, anche attraverso le infrastrutture in corso di nascita come il porto e la nuova stazione ferroviaria. Vogliamo consolidare il senso di una città aperta che prova a rispondere a chi si sente escluso dalla fruizione culturale”, ha detto la sindaca di Verbania, Silvia Marchionini, illustrando alla Commissione di esperti nominata dal Mibact i motivi della candidatura del Comune di Verbania a Capitale italiana della Cultura 2022. “Verbania può uscire dalla sua marginalità attraverso la cultura, che non è solo forma di promozione ed agire concreto, ma anche fonte di speranza”.

I principi che ci hanno ispirato sono quelli dell’Agenda 2030 e da questa abbiamo tratto quattro temi principali: ambiente e territorio, trasformazione, valorizzazione culturale e inclusione sociale, contemporaneità e futuro. La domanda che ci ha guidati nel nostro lavoro è cosa potrà essere Verbania nel 2030 o 2040 dopo essere stata Capitale italiana della cultura nel 2022. La nostra città può diventare, da punto periferico, nodo di una rete più ampia, composta da quelle realtà della provincia italiana che sono però l’asse portante del nostro Paese”, ha aggiunto l’assessore alla Cultura di Verbania, Riccardo Brezza.

VOLTERRA. RIGENERAZIONE UMANA

Volterra si candida a Capitale italiana della cultura 2022 con un dossier dal titolo Rigenerazione umana. Il tema, scelto prima della diffusione del virus Covid-19, si rivela oggi più che mai di straordinaria attualità e utile a costruire una nuova comunità a partire dalle sfide che la pandemia ci impone.

 “Abbiamo lavorato non solo per costruire il dossier ma anche per realizzare concretamente già molti progetti. Siamo orgogliosi di aver portato avanti un progetto collettivo, partito dal basso, che ha messo tante radici. È stato per noi un percorso esaltante. Non credevo che questa candidatura potesse generare così tanto entusiasmo nei cittadini. E poi siamo riusciti a coinvolgere tutto il territorio circostante. Sono infatti 55 i comuni che hanno aderito”, ha detto Giacomo Santi, sindaco di Volterra.

Abbiamo puntato sulla modernità degli Etruschi a Volterra. La sfida sta nell’approfondire gli Etruschi dal punto di vista del loro potenziale di rigenerazione che si è espresso più volte nel tempo sin dall’epoca Romana, poi nel Medioevo, nel Rinascimento e via di seguito nell’arte contemporanea. A questo abbiamo puntato con una mostra intitolata provocatoriamente “Etruria capta”, versi ripresi da Orazio. L’approfondimento sta nel dimostrare quanto siano persuasivi e pervasivi nella loro arte, fino ad arrivare ai social network”, ha aggiunto Valentino Nizzo, direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma.

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