Una storia di caffè molto italiana
Dal bar della stazione di Ancona del 1860 agli stadi di tutta Italia, fino alle ultime interpretazioni in mixology. Il lungo viaggio del Borghetti
di Simone Pazzano
Ultima Modifica: 30/09/2024
Stazioni e stadi. Binari, tribune e un’intelligente mossa di marketing ante-litteram. Mondi che sembrano molto diversi tra loro, ma che hanno in comune qualcosa. Un oggetto, anzi un aroma, che negli anni è passato tra le mani, al naso e al palato della maggior parte di noi: il Caffè Sport, che ora conosciamo semplicemente come Borghetti.
Dalla stazione allo stadio
È una storia che ci porta indietro nel tempo, quando un barista marchigiano, Ugo Borghetti, trasformò l’arte del caffè in un’impresa che potremmo definire “viaggiante”. Il Caffè Borghetti nasce nel 1860 nel bar della stazione ferroviaria di Ancona e la sua storia è un affascinante intreccio di innovazione e tradizione, con quella particolare alchimia che ritroviamo spesso nelle vicende che hanno portato alla nascita di molte imprese italiane.
In un’epoca di grandi cambiamenti, con l’Italia alle porte dell’Unità e le ferrovie che iniziavano a connettere la penisola, Borghetti creò una miscela di caffè, zucchero e alcol che battezzò semplicemente “Caffè Sport“. In breve tempo la bevanda divenne “lu svejari” – “la sveglia” in dialetto marchigiano – per chi cercava una piacevole sferzata di energia.
Ma il vero colpo di genio (e di marketing) si manifestò quando Borghetti decise di non limitarsi solo al suo bar nel piazzale della stazione. Nel maggio del 1863, l’occasione si presentò con l’inaugurazione della linea ferroviaria Ancona-Pescara. Intuitivamente, il barista marchigiano comprese il potenziale della sua creazione e iniziò a distribuirla sui treni: giovani intraprendenti vendevano piccole bottigliette tra i vagoni, diffondendo così il rito del caffè freddo rinforzato ben oltre i confini di Ancona.
Il treno del successo del Caffè Borghetti era partito, dunque. Ha attraversato i decenni e non si è fermato, arrivando a intrecciarsi con un’altra grande passione nostrana: il calcio. Nel corso degli anni, il classico formato “on the go” da 3,35 cl, è diventato protagonista tra gli spalti degli stadi italiani, dove ha scaldato animi e cori di migliaia di tifosi. Le bottigline di liquore al caffè sono entrate a far parte dell’esperienza della domenica calcistica: per molti un bevuta piacevole, per molti altri anche una scelta scaramantica nella speranza di un gol.
La ricetta speciale
Il processo produttivo del Caffè Borghetti inizia con la selezione delle cultivar di arabica e robusta, torrefatte secondo metodi tradizionali per esaltarne aromi e fragranze. La macinazione, cruciale per l’estrazione, viene eseguita con precisione per ottenere la “grana” ideale.
Il cuore del processo è l’estrazione, realizzata in una gigantesca caffettiera da 500 litri, un ibrido ingegnoso tra la moka italiana e la cuccumella napoletana. Qui, l’acqua bollente attraversa il caffè, catturandone gli aromi più intensi.
L’infuso viene poi alcolizzato con fine alcool di cereali, un passaggio che conferisce limpidezza e il caratteristico colore bruno al liquore. La purificazione avviene attraverso un “filtro a fisarmonica“, che elimina i composti grassi preservando l’aroma.
Fedele alla tradizione, la ricetta Borghetti non prevede aromi aggiunti. La miscelazione finale con lo zucchero avviene lentamente, come quando si gira un espresso con il cucchiaino. Un ultimo filtraggio conferisce al liquore la sua caratteristica purezza e brillantezza.
Il restyling
Il viaggio del Caffè Borghetti non si è fermato alle stazioni ferroviarie o agli stadi. Anche le icone devono sapersi rinnovare pur mantenendo la propria essenza. E così, in occasione della Giornata Internazionale del caffè (1 ottobre), lo storico liquore si rifà il look.
L’importante restyling della storica bottiglia vede al centro, ancora più grande, l’inconfondibile stella simbolo del brand, un omaggio allo stemma nazionale e alle origini made in Italy. E poi, da sempre, sull’etichetta Borghetti la femminilità è protagonista: oggi viene rappresentata attraverso un ritratto che celebra la donna come una Dea, simbolo di forza ed eleganza, con una folta chioma di preziosi chicchi.
Come lo beviamo
Se un tempo il Caffè Borghetti era principalmente un sorso veloce in stazione e allo stadio oppure un piacevole brindisi a fine pasto, oggi il liquore di caffè espresso trova nuove occasioni di consumo nel mondo della mixology. La tradizione si fonde con l’innovazione, creando un ponte tra il passato e le tendenze contemporanee del bere miscelato.
L’Espresso Martini è forse l’esempio più emblematico di questa evoluzione. Servito in un elegante bicchiere da cocktail, è un drink dall’appeal internazionale, ma che mantiene un’anima profondamente italiana. La ricetta:
3 cl di Borghetti
5 cl di Vodka
1 cl di caffè espresso
1 cl di sciroppo di zucchero
Ma le possibilità sono diverse. Il Black Russian offre un’esperienza più intensa, perfetta per le serate invernali, mentre per chi cerca qualcosa di più goloso, il King George aggiunge un tocco di panna montata, trasformando il classico caffè corretto in un dessert da bere.
Dalla nascita nelle Marche degli anni dell’Unità d’Italia al ruolo nei cocktail contemporanei, possiamo dire che il Caffè Borghetti non è solo un liquore, ma un patrimonio culturale liquido. Merito della capacità di adattarsi ai tempi senza perdere la sua essenza. È un esempio di come la tradizione possa evolvere, rimanendo rilevante e apprezzata attraverso le generazioni. Che lo si beva liscio, on the rocks o miscelato, ogni sorso di Borghetti è un viaggio attraverso la storia e il gusto italiano.
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