Bianco, Rosso e Macerato: i colori della Malvasia al “Salone del vino artigianale” di Navelli - InformaCibo

Bianco, Rosso e Macerato: i colori della Malvasia al “Salone del vino artigianale” di Navelli

di Informacibo

Ultima Modifica: 21/06/2016

“Naturale”, il Salone del vino artigianale di Navelli, giunto alla V edizione, si è tenuto, nelle scorse settimane, nella splendida cornice di Palazzo Santucci a Navelli, uno dei “borghi più belli d’Italia”, luogo d’incontro tra numerosi espositori presenti al salone e migliaia di enoturisti del vino artigianale, pronti a scoprire i vini autentici di piccole cantine, provenienti da tutto il territorio nazionale.

Partecipiamo alla degustazione guidata “Unico accesso, molteplici uscite: la Malvasia”, presenta il sommelier ed esperto di vino Emanuele Giannone, che sale in cattedra e ci accompagna in una degustazione memorabile.
Apprendiamo che la Malvasia è un vitigno eclettico, che comprende circa 17 varietà, sia a bacca bianca che a bacca scura e che, interpretato in maniera diversa, può dare vita a svariate tipologie di vino.

La Malvasia ha origini molto antiche, in Italia è diffusa in tutte le regioni. In Francia, Slovenia e Portogallo è una delle varietà più popolari. E’ quasi scomparsa invece in Grecia, la sua probabile terra d’origine.

Emanuele Giannone ci accompagna non solo nella degustazione dei vini, ma ci racconta la storia di questo antico vitigno, così apprendiamo che il nome deriva da una città nel Peloponneso chiamata Monenvasia, da cui giungeva il vino di Creta, importante negli scambi commerciali con Venezia. L’evoluzione del termine Monenvasia ha dato così il nome non solo al vino, ma a tutte le osterie di Venezia dove lo si poteva bere.

Tra le malvasie, la più coltivata è la malvasia bianca di Candia, in versione Aromatica e non. A seguire troviamo la Malvasia bianca lunga, chiamata una volta “del Chianti” e la Malvasia delle Lipari.

Delle diverse varietà di malvasia e delle innumerevoli possibilità di vinificazione si potrebbe scrivere un trattato di enologia, ma la cosa che più ci ha colpito è la colorazione di questi vini, possiamo davvero dire, infatti, di averne viste di tutti i colori, e questo prima ancora di bere. Si perché si alternano vini bianchi, rossi e anche qualche vino dal colore caratteristico.

Iniziamo con la malvasia rossa, o malvasia nera toscana, dal colore rosso rubino con riflessi violacei; poi osserviamo il bianco della Malvasia dei colli Piacentini, in versione frizzantina, è un vino a fermentazione naturale in bottiglia; proseguiamo con la Malvasia delle Lipari, il vino passito per eccellenza, dal tipico colore giallo ambrato. Si susseguono circa dieci malvasie e nei calici posti uno di fianco all’altro si crea un’incantevole fantasia di colori. Ed ecco la Malvasia istriana, zona vocata per i vini bianchi macerati, dove si attuano macerazioni brevi, anche in anfora per 7-10 giorni e che ha un colore di una vivace sfumatura arancione, chiacchierando con diversi produttori, noto che molti di loro non sono favorevoli all’etichetta di “orange wine”, anche quando la “nuance” ramata è evidente. Questo colore, infatti, potrebbe essere confuso con quello di un vino bianco ormai guastato dal tempo, probabilmente per questo motivo i produttori difendono con orgoglio il loro vino, definendolo un “bianco macerato”.

Esploriamo dunque questo mondo dei bianchi macerati e capiamo cosa si nasconde dietro il loro caratteristico colore dalla sfumatura arancione.

Il colore del vino è determinato dal complesso delle sostanze polifenoliche, presenti soprattutto sulle bucce degli acini, che non sono responsabili solo del colore del vino, ma contribuiscono notevolmente al quadro organolettico. La vinificazione “in rosso”, definita anche macerazione, prevede il contatto del mosto d’uva con le bucce, durante la fermentazione, è definita “in rosso” perché è applicata solitamente per ottenere vini rossi da uve a bacca scura. Le uve a bacca chiara sono solitamente vinificate in bianco, eliminando le bucce prima della fermentazione.

Nella tradizione contadina, la vinificazione in rosso è molto più diffusa, questo è dovuto a diversi fattori: la maggiore disponibilità di uve a bacca scura, la preferenza nei gusti del vino rosso, la sua longevità o predisposizione all’invecchiamento.

Se provate a fare il vino nella vostra cantina, vi riuscirà più semplice ottenere un buon vino rosso, piuttosto che azzardare una difficile vinificazione in bianco, per la quale è consigliato disporre di attrezzature enologiche complesse e costose, onde evitare l’incorrere di difetti e malattie del vino.

Probabilmente per questo motivo, alcuni vignaioli in passato hanno provato a vinificare le uve bianche come si fa con i vini rossi, ottenendone dei vini che non sono né bianchi, né rossi, tantomeno rosati, bensì “macerati”.

Ma come cambia il colore del vino al variare del periodo di raccolta, e quindi di maturazione delle uve, o meglio, quale sarà il momento migliore per raccogliere le uve bianche destinate a una lunga macerazione? Comincia così un appassionante scambio di opinioni tra i vignaioli presenti. Per l’elaborazione di un vino bianco macerato, alcuni consigliano di raccogliere l’uva a piena maturazione, a scapito dell’acidità, tuttavia la maturazione ottimale e la vivacità del colore, dipenderanno soprattutto dalla durata della macerazione.

Riassumendo, i vini “bianchi” differiscono non solo nel colore, ma soprattutto per la diversità nella loro vinificazione.

Tra i vini bianchi secchi, troviamo i vini bianchi “neutri”, dei vini dissetanti e poco alcolici, che hanno l’aroma del vino giovane, e con una buona freschezza acida, da consumare entro l’anno. La seconda categoria è rappresentata da Chardonnay o i vini in stile borgogna, i cui bouquet difendono l’espressione del territorio, sono vini possenti, vigorosi e con un’attitudine all’invecchiamento. La terza categoria è costituita dai Sauvignon, il cui aroma caratteristico è inconfondibile per intensità e complessità. La quarta categoria annovera i vini bianchi aromatici, che possiedono un bouquet floreale e l’aroma tipico dell’uva, tra i più diffusi: pinot grigio, riesling e gewurztraminer.
Considerando che la maggioranza dei vini “bianchi” ha una tonalità di colore che va dal giallo verdolino al giallo paglierino con riflessi dorati, e quindi tutto sommato proprio “bianchi” non sono, non è lecito inserire all’interno di questa categoria i bianchi macerati, seppur dal colore arancio con riflessi ramati?

I vini bianchi macerati, che alcuni definiscono “Orange”, appunto per richiamare la tonalità arancione del colore, sono una nicchia di mercato, ma al contempo sono anche molto diffusi nelle zone del Carso e del Collio, e in Slovenia, dove i vini bianchi macerati sono un vero e proprio “cult”, tuttavia oggi molti piccoli produttori di tutte le regioni d’Italia, amanti di questa nicchia, stanno affinando la tecnica ottenendo risultati lodevoli.

Nei vini “bianchi macerati”, la macerazione è attuata per estrarre dei componenti delle bucce dell’uva, che contribuiscono all’aroma e alla struttura del vino, ma bisogna stare attenti a evitare che il contatto con le bucce ceda al mosto dei difetti, derivanti soprattutto dalle uve alterate.

Ma cosa si intende esattamente per “macerazione”?
La macerazione corrisponde al periodo che va dal riempimento del tino di fermentazione con l’uva pigiata, quindi con le bucce, alla svinatura.
La durata varia da qualche giorno a tre o più settimane. Essa può essere suddivisa in tre momenti distinti:

La macerazione prefermentativa, la macerazione durante la fermentazione alcolica, e infine la macerazione postfermentativa; le prime due fasi possono durare da qualche ora a qualche giorno, mentre la terza può durare diverse settimane.

Ma quindi il dubbio sorge spontaneo, qual è il momento giusto per “svinare” e dunque interrompere la macerazione dei bianchi macerati? A tal proposito ci viene in soccorso una coppia di “toscanacci” doc dell’azienda MassaVecchia, senza dubbio tra i migliori produttori presente a Navelli, che tra un bicchiere e l’altro ci spiegano la “prova dell’accendino”: in poche parole bisogna svinare quando la fermentazione alcolica sta per terminare, per cui basta inserire nel tino di fermentazione un accendino acceso, se questo si “spenge”, vorrà dire che c’è carenza di ossigeno, la fermentazione non è ancora terminata e dunque la macerazione non va interrotta, altrimenti si procede con la svinatura.

Questa nicchia dei vini bianchi macerati sta senza dubbio emergendo, tuttavia i produttori sovente appartengono alla schiera dei vignaioli “naturali” e artigianali e difficilmente incontrano le esigenze del mercato e i gusti del consumatore medio, ma è lecito credere che questi vini “bianchi” siano più espressivi e esaltino l’espressione unica del terroir da cui provengono.

In questi vini “bianchi” macerati, è possibile apprezzare una trama tannica che sarebbe tipica dei vini rossi, mentre l’acidità sarà inferiore rispetto ad un vino bianco convenzionale, per cui quale sarà l’abbinamento cibo-vino consigliato per i “bianchi” macerati? Giacché siamo a Navelli, famosa per lo zafferano, noi consigliamo un risotto alla milanese, cosicché anche l’abbinamento dei colori tra cibo e vino, sia, per una volta, armonico.
Buon appetito!

 

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Capo Redattore