All’Assemblea ASSICA Lisa Ferrarini, rieletta Presidente, indica le sei priorità per l’export alimentare
di Informacibo
Ultima Modifica: 20/06/2013
Roma, 20 giugno 2013 – Durante l’Assemblea pubblica, che si è tenuta oggi a Roma, Lisa Ferrarini – rieletta Presidente ASSICA, nel corso dell’Assemblea privata di ieri – ha lanciato le 6 priorità per l’Export alimentare. L’export di questo vero e proprio alfiere del made in Italy è, infatti, particolarmente penalizzato da barriere tariffarie e non tariffarie.
In questo contesto, il settore delle carni e dei prodotti a base di carne è particolarmente regolamentato. Molto spesso, infatti, i Governi di Paesi terzi utilizzano le misure veterinarie per introdurre barriere commerciali.
In tale ambito abbiamo purtroppo in Italia alcune Regioni in cui il livello di sicurezza veterinaria non è all’altezza di quelle ad alta vocazione e di quelle dei nostri partner comunitari. Questo crea confusione in chi ci guarda da lontano e deve acquistare i nostri prodotti; inoltre fornisce argomentazioni per impedire l’export dei nostri salumi e della carne fresca.
Nonostante il successo della recente apertura degli USA, infatti, risulta oggi ancora impossibile esportare verso importanti Paesi extra UE i salumi a media/breve stagionatura (salami, pancette, coppe, ecc), la bresaola, la carne suina e gli altri prodotti freschi. Le perdite per la filiera dovute a queste barriere si possono prudenzialmente stimare in circa 250 milioni di euro/anno di mancate esportazioni.
Per fare qualche esempio, la Danimarca esporta ogni anno carne e altri prodotti freschi per oltre 1,2 miliardi di euro. La Spagna per oltre 500 milioni di euro. L’Austria, che ha meno della metà del nostro patrimonio suinicolo, esporta carne fresca per oltre 125 milioni di euro. L’Italia ha esportato solo 70 milioni di euro, 1 diciassettesimo della Danimarca e 1 settimo della Spagna, poco più della metà dell’Austria.
“Il difficilissimo 2012 che abbiamo alle spalle e i primi preoccupanti dati del 2013, confermano che il futuro del settore passa necessariamente dalla capacità di crescere all’estero, in particolare sui mercati extra-UE” ha sottolineato Lisa Ferrarini, Presidente di ASSICA. “Agire rapidamente è fondamentale, perché il tempo non è una variabile indipendente: mentre le nostre aziende attendono i necessari provvedimenti i concorrenti europei e internazionali guadagnano posizioni difficilmente recuperabili in futuro”.
Le 6 priorità per l’export alimentare
1. Eliminare ogni pretesto per le barriere non tariffarie
Molto spesso i Governi di Paesi terzi utilizzano le misure veterinarie per introdurre barriere commerciali. In questo contesto abbiamo purtroppo in Italia alcune Regioni (Calabria, Campania e Sardegna), in cui il livello di sicurezza veterinaria non è all’altezza di quello delle aree ad alta vocazione e dei nostri partner comunitari. Questo crea confusione in chi ci guarda da lontano e deve acquistare i nostri prodotti.
Nel settore dei salumi e della carne suina, le perdite commerciali dovute alle barriere veterinarie e tariffarie esistenti si possono prudenzialmente stimare in 250 milioni di Euro. Una cifra che potrebbe essere realizzata già dal primo anno di liberalizzazione degli scambi.
Non è più tollerabile che alcuni produttori di queste Regioni, che sommate rappresentano il 4% della suinicoltura italiana, blocchino di fatto lo sviluppo di un intero settore. I Ministeri competenti, a partire da quello della Salute, si stanno impegnando da anni. Ma oggi questa deve diventare una priorità di primo livello sia per lo Stato centrale sia per le Regioni coinvolte.
Non è più accettabile alcuna tolleranza verso gli operatori che lucrano sugli indennizzi pubblici, creando danni al Paese.
2. Concludere accordi di libero scambio (eliminare i dazi)
Il nostro Paese è deficitario di materie prime, ma ha una grande industria di trasformazione che esporta in tutto il mondo.
Tra un anno, l’Italia sarà di nuovo alla presidenza di turno dell’Ue, dove si stanno discutendo importanti accordi bilaterali di libero scambio con le principali economie mondiali, a partire dagli USA. Con lo stallo dei negoziati multilaterali di Doha, infatti, l’approccio bilaterale appare oggi come l’unico perseguibile.
Dobbiamo essere in prima fila per liberalizzare i mercati internazionali, senza cadere in tentazioni protezionistiche. Le autorità italiane e comunitarie devono necessariamente lavorare fianco a fianco, in quanto complementari, per ottenere i risultati auspicati.
3. Creare una Cabina di regia per l’Export
Il supporto all’esportazione e l’azione per il superamento delle barriere tariffarie e non tariffarie dovrebbe avvenire con una gestione integrata delle competenze dei diversi Ministeri (Ministero degli Esteri, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute, Agenzia ICE, Camere di Commercio, ecc.) attraverso una cabina di regia, presso la Presidenza del Consiglio, effettiva ed efficace.
Un’azione di questo tipo, che non si riduca all’ennesimo “tavolo” di coordinamento formale, permetterebbe una maggiore capacità del nostro Paese di far valere le proprie esigenze nelle trattative bilaterali e – soprattutto – multilaterali. In questo modo, si ridurrebbe il vero e proprio “spread strategico” tra le nostre possibilità esortative e quelle, ben superiori, dei Paesi del nord Europa.
4. Coordinare le azioni di promozione, dall’ICE alle Fiere
Quanto spende l’Italia per la promozione internazionale dei propri prodotti? Conosciamo il budget (troppo limitato) dell’ICE. Ma quanto spendono Regioni, Province, Camere di Commercio, Ministeri? Forse il problema in Italia non è solo “quanto” ma anche “come” spendiamo i soldi.
Dando una coerenza strategica ai mille rivoli della nostra spesa potremmo ottenere, con gli stessi soldi, un’efficacia maggiore. Allo stesso modo, occorre superare i provincialismi fieristici che caratterizzano l’Italia. Servono al Paese poche, grandi fiere capaci di proiettare nel mondo il “Sistema Italia”, aggregando interi comparti, dai macchinari alle materie prime, fino ai prodotti finiti.
5. Strutturare linee di credito adeguate per le imprese che esportano
Occorre offrire alle imprese che esportano finanziamenti e coperture assicurative a tassi competitivi.
Il target a cui tendere, dal punto di vista finanziario, è quello della Banca Pubblica Tedesca KFW-Ipex Bang, l’Export Bank di Berlino (costola della loro CDP), che eroga importi annui nell’ordine dei 60 miliardi di euro.
6. Qualificare la nostra presenza all’estero: dai Desk anticontraffazione all’Addetto commerciale agroalimentare
Sull’esempio di quanto già fatto da altri Paesi come gli USA e il Regno Unito, riteniamo d’importanza strategica la creazione, presso alcune Ambasciate italiane in Paesi chiave, della figura di Addetto commerciale agroalimentare che abbia competenza su macro aree geografiche. Lo scopo è quello di favorire i negoziati per l’ingresso nei principali mercati dei prodotti agroalimentari e presidiare la penetrazione commerciale e l’attuazione degli accordi sanitari.
Poiché i prodotti italiani sono tra i più imitati, tra le misure più urgenti c’è il ripristino dei “Desk anticontraffazione” all’estero, almeno nei Paesi dove il fenomeno è maggiormente lesivo. È necessario, inoltre, ampliare i loro poteri e la gamma dei servizi offerti alle imprese, nonché affidarli a personale altamente qualificato.
ASSICA – Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi
ASSICA, Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi, è l’organizzazione nazionale di categoria che, nell’ambito della Confindustria, rappresenta le imprese di macellazione e trasformazione delle carni suine. Nel quadro delle proprie finalità istituzionali, l’attività di ASSICA copre diversi ambiti, tra cui la definizione di una politica economica settoriale, l’informazione e il servizio di assistenza ai circa 180 associati in campo economico/commerciale, sanitario, tecnico normativo, legale e sindacale. Competenza, attitudine collaborativa e affidabilità professionale sono garantite da collaboratori specializzati e supportate dalla partecipazione a diverse organizzazioni associative, sia a livello nazionale che comunitario. Infatti, sin dalla sua costituzione, nel 1946, ASSICA si è sempre contraddistinta per il forte spirito associativo come testimonia la sua qualità di socio di Confindustria, a cui ha voluto aderire sin dalla nascita, di Federalimentare, Federazione italiana delle Industrie Alimentari, di cui è socio fondatore, del Clitravi, Federazione europea che raggruppa le Associazioni nazionali delle industrie di trasformazione della carne, che ha contribuito a fondare nel 1957.
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