Albino Armani, il re del Pinot Grigio
di Emanuele Scarci
Ultima Modifica: 22/07/2020
“La mia famiglia è originaria del Trentino, la zona del Monte Baldo e di Val di Gresta, dimenticata da Dio – ricorda Albino Armani, patron della Cantina vini Armani -. I miei vecchietti erano molto poveri e, nel 1700, si spostarono di una quindicina di chilometri a Sud. E lì siamo rimasti. La Vallagarina è sempre stata una zona vinicola e coltiviamo vigneti centenari fin d’allora. Sono 400 anni reali, non inventati. Il nostro è un lavoro rassicurante”.
Oggi Armani conta su 5 aziende tra Veneto (3 tenute tra Valpolicella, Valdadige e Marca Trevigiana), Trentino (Vallagarina) e Friuli (Grave) ed è diventato il Re del Pinot Grigio. Poi ci sono anche le aziende agricole che, con oltre 300 ettari, producono le uve che vendono alla Armani srl. Più recentemente il quartier generale dell’azienda è diventata Dolcé, nel territorio cerniera tra Veneto e Trentino.
La linea Albino Armani produce intorno a 1,2 milioni di bottiglie. “Poi facciamo anche altre linee – precisa l’imprenditore -. Per quest’anno contiamo di aumentare i numeri nonostante il covid. Il mercato americano ci dà ragione, ma vanno bene anche Russia e Scandinavia”.
Il giro d’affari 2019 è stato di 49 milioni (nel 2018 l’utile è stato di 2,6 milioni ndr), con l’80% realizzato all’estero. “Quest’anno dovremmo superare i 50 milioni” annuncia Armani.
“Il posizionamento della nostra cantina veronese è più alto della media – specifica Armani-. I vini nobili hanno sofferto di più. E non proponendoli alla grande distribuzione, con l’Horeca Italia chiusa, ci siamo trovati in difficoltà, ma non all’estero. Ora in giugno e luglio gli ordini sono ripartiti e anche bene”.
Il lockdown un periodo critico, ma utile per ricalibrare la macchina. “Abbiamo apportato delle piccole rivoluzioni in azienda: dal turismo all’ecommerce. I primi risultati sono soddisfacenti: stiamo recuperando i numeri persi. Abbiamo assunto 4 persone in più rispetto all’epoca pre-covid. Tra cui una per sviluppare l’Horeca Italia. Stare in Italia è importante: ti dà visibilità e riconoscibilità”.
E la Doc Venezia? “La produco anch’io – risponde Armani -, un bel prodotto che va benissimo negli Stati Uniti. Sui bianchi del territorio il Re del Pinot Grigio ha idee precise e radicate: “Se un winelover volesse passare da qui e assaggiare i nostri bianchi ne rimarrebbe colpito: potrebbe valutare l’evoluzione. Non che il 2019 sia dirimente: andiamo ad assaggiare un 2000, un ’98 o un ’97. La vocazione si misura anche nella tenuta nel tempo”.
I consumatori però non cercano, di solito, i bianchi da invecchiamento. “Di solito no – ammette Armani -, ma per me è importante averli lì e farli assaggiare. Devono capire che non è vero che i bianchi vanno consumati nei primi 3 mesi di vita. Almeno i nostri. Un Pinot Nero, un Pinot Grigio, uno Chardonnay o un rosso si possono piantare dovunque ma dopo qualche anno è da vedere se tengono e cosa producono”. E per i rossi? “Con i rossi possiamo risalire anche al ‘90 o al ’92” conclude.
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