Agroalimentare: in Italia circa 55mila le imprese gestite da under 35
I dati diffusi da Coldiretti durante il Forum internazionale di Cernobbio
di Donato Troiano
Ultima Modifica: 22/10/2018
L’agricoltura italiana è sempre più giovane. Questo almeno è il messaggio che arriva dal Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione organizzato da Coldiretti che si aperta stamane, sabato 19 ottobre, e si chiude domani a Cernobbio.
Certo, la quota di agricoltori “anziani” è sempre significativa, ma Coldiretti ha fatto notare che “in controtendenza alla disoccupazione giovanile cresce del 5% nel 2018 il numero di imprese agricole italiane condotte da under 35 che vedono nel Made in Italy nuove e interessanti prospettive di futuro, dai campi alla tavola”.
Il dato arriva da un’analisi relativa al primo semestre 2018, diffuso a Cernobbio dove, oltre al Forum, è stato aperto il “Salone della creatività Made in Italy” in occasione della consegna dei premi per l’innovazione Oscar Green.
A conti fatti ad oggi in Italia ci sono circa 55mila imprese agricole condotte da giovani con meno di 35 anni.
In questo modo, quella italiana è l’agricoltura al vertice in Europa per quanto riguarda il numero di giovani presenti nelle imprese. Una condizione che, spiega una nota diffusa a Cernobbio, “ha di fatto rivoluzionato il lavoro in campagna dove il 70% delle imprese giovani opera in attività multifunzionali che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili”.
Grande attenzione anche alla difesa della biodiversità “con il 25% degli agricoltori custodi che hanno salvato 311 prodotti e razze animali dal rischio di estinzione grazie ai sigilli di Campagna Amica che è under 40”. I miglioramenti si vedono anche dal punto di vista economico. “Le aziende agricole dei giovani – spiega la nota –, possiedono una superficie superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più”.
Otto italiani su dieci contenti se il proprio figlio lavorasse in agricoltura
Dall’indagine emerge un miglioramento dell’immagine generale dell’agricoltura vista adesso come “un settore capace di offrire e creare opportunità occupazionali e di crescita professionale, peraltro destinate ad aumentare nel tempo”. A dimostrare questa affermazione è il fatto che oltre otto italiani su dieci (82,1%) sarebbero contenti se il proprio figlio lavorasse in agricoltura con la percentuale che sale addirittura all’86,2% se si considerano i soli genitori laureati, secondo un’analisi Coldiretti/Censis, dalla quale emerge anche che appena il 5,4% delle mamme e dei papà sarebbe contrario a vedere il figlio in campagna mentre il restante 12,5% non prende posizione. Numeri che pare si riflettano anche nelle scelte relative all’istruzione: le iscrizione ai percorsi universitaria relativi ad Agraria hanno fatto registrare un aumento del 14,5% (secondo un’analisi della Coldiretti sulla base dei dati dell’Anvur, l’Istituto nazionale deputato alla valutazione della ricerca scientifica e dell’università italiana). Elevato anche il titolo di studio di chi sceglie l’agricoltura. Secondo una analisi della Coldiretti/Ixè ben la metà dei giovani ha una laurea, il 57% ha fatto innovazione.
“L’agricoltura è tornata ad essere un settore strategico per la ripresa economica ed occupazionale”, ha affermato Maria Letizia Gardoni delegata dei giovani della Coldiretti, che ha aggiunto: “Le campagne possono offrire prospettive di lavoro sia per chi vuole intraprendere con idee innovative che per chi vuole trovare un’occupazione anche temporanea per fare una esperienza a contatto con la natura”.
Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti, ha spiegato: “I giovani prima e meglio di altri, hanno capito che l’Italia per crescere deve puntare su quegli asset di distintività nazionale che garantiscono un valore aggiunto nella competizione globale come il territorio, il turismo, la cultura, l’arte, il cibo e la cucina”.
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