Addio buona tavola: sempre meno italiani mangiano carne, pesce, frutta e verdura - InformaCibo

Addio buona tavola: sempre meno italiani mangiano carne, pesce, frutta e verdura

di Informacibo

Ultima Modifica: 27/10/2016

Sono 16,6 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno ridotto il consumo di carne, secondo una indagine del Censis. E 10,6 milioni hanno diminuito il consumo di pesce, 3,6 milioni la frutta e 3,5 milioni la verdura.

Con il minore consumo degli alimenti di base della buona dieta italiana, spesso sostituiti con prodotti artefatti e iper-elaborati a basso contenuto nutrizionale, si minaccia l’equilibrio delle diete quotidiane delle famiglie e si generano nuovi rischi per la salute.
 
Questo il quadro che esce dal rapporto della ricerca Gli italiani a tavola: cosa sta cambiando svolta dal Censis (Centro Studi Investimenti Sociali), presentato a Palazzo Giustiniani a Roma, il 26 ottobre 2016.

La ricerca – che analizza il nostro Paese negli anni di crisi tra il 2007 ed il 2015 – è stata presentata da Massimiliano Valerii – direttore generale Censis. Sono intervenuti Giorgio Calabrese – Presidente Comitato Nazionale Sicurezza Alimentare Ministero della salute, Massimiliano Dona – Segretario Nazionale Sicurezza Alimentare -, Marino Niola – Antropologo Università degli Studi Suor Orsola Benincasa -, Roberto Moncalvo– Presidente Coldiretti- e Luigi Scordamaglia – Presidente Federalimentare; moderati da Alessandro Cecchi Paone – Divulgatore Scientifico e Maurizio Martina – Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

Innanzitutto occorre dare una definizione – seppur non tecnica – di cosa sia la dieta mediterranea, protagonista indiscussa della giornata. Il concetto di dieta mediterranea è stato introdotto dal fisiologo statunitense Ancel Keys, il quale già tra gli anni cinquanta e sessanta ne aveva illustrato i benefici.

“Oltre ad essere un modello nutrizionale – sostiene Marino Niola – la dieta mediterranea è molto di più: è convivialità, tradizione e stagionalità. In un Paese in cui Raffaello fa rima con culatello, e Correggio con taleggio, non può essere altrimenti. La dieta mediterranea, infatti, è prima di tutto un patrimonio a cui gli italiani devono restare aggrappati”.

Durante gli anni di crisi – dal 2007 ad oggi – i dati registrano però una drastica riduzione nei consumi alimentari. A farne le spese è principalmente la carne, sempre meno presente sulle tavole degli italiani, seguita da pesce, frutta e verdura.

“Questo dato – secondo il Direttore Generale Massimiliano Valerii  è un campanello d’allarme rilevante per la salute dei consumatori. Va sottolineato, infatti, che grazie ad una dieta corretta e bilanciata la prospettiva di vita si è allungata sensibilmente. Se nel secondo dopoguerra si viveva poco più di quarant’anni, oggi l’Italia è uno dei paesi con gli abitanti più longevi. Questo è sicuramente merito della dieta mediterranea, che fino agli anni ’90 compresi, era sinonimo di benessere – anche economico – per tanto irrinunciabile”. Oggi, però, come registrano i dati Censis, alla dieta mediterranea si sta rinunciando, col rischio di incappare in diverse malattie legate ad un’alimentazione non correttamente bilanciata. A pagarne maggiormente le spese sono ovviamente le famiglie meno abbienti, che fanno sicuramente più fatica a fare la spesa, se paragonate a quelle benestanti. “Il rischio – prosegue Massimiliano Valerii – è che si generi un Food social gap, ovvero un divario alimentare tra ceti sociali, specchio di una spaccatura economica, decisamente difficile da colmare”.

L’antropologo Marino Niola infine focalizza un aspetto decisamente rilevante nel quadro sociale odierno: il passaggio dall’homo economicus – colui che aveva fiducia nel futuro – al suo contrario, l’homo dieteticus, l’uomo impaurito dall’avvenire.

Alimentazione: diffidare dai falsi miti

“Bisogna aggiungere vita ai giorni, non giorni alla vita”. Questa è la risposta di Giorgio Calabrese – Presidente Comitato Nazionale Sicurezza Alimentare Ministero della Salute – a coloro che fanno dell’alimentazione una questione filosofica. In un’epoca in cui il cibo è diventato un credo, una religione, è alta la percentuale di popolazione che aderisce a dottrine alimentari diffuse da chi di alimentazione sa realmente poco.
“Si vive in una pesante sindrome di complotto – prosegue Calabrese –. Gran parte della popolazione è realmente intimorita dalle istituzioni, dai giochi di potere. Per cui, anziché informarsi, preferisce credere che sarà la curcuma a salvare le loro vite. Il caso limite proposto è sicuramente il Veganismo, sempre più diffuso nel nostro paese. Diffidare dalle proteine animali naturali, significa necessariamente aderire a quelle chimiche, trasformate. “Il Veganismo prima di essere un modello alimentare è un’ideologia; ed in quanto tale non può – continua il presidente Calabrese – controllare le necessità corporee. Dunque, aderendo a queste dottrine, a lungo andare non si avrebbe la garanzia di vivere in qualità”.

Come fare a consumare correttamente
In un periodo decisamente orientato verso il consumo, non solo alimentare, occorre mettere l’accento su una differenza che esiste tra i consumatori: da una parte si collocano coloro che possono e che sanno spendere; mentre dall’altra ci sono coloro che non sanno spendere, credendo però di saperlo fare e le cui possibilità economiche sono minori rispetto ai primi. E’ la seconda categoria a preoccupare Massimiliano Dona, Segretario Generale Unione Nazionale Consumatori, “poiché hanno la tendenza a spendere principalmente in base alle offerte che il mercato offre, dimenticando così la qualità del prodotto. Viene definito questo fenomeno mercato dell’all you can eat.
Un altro modello di consumo registrato – prosegue il Segretario Dona – è il Marketing del senza: i dati mostrano come, negli scaffali dei supermercati, siano privilegiati i prodotti privi di una qualche sostanza”. 

Boom dei prodotti senza glutine, senza zucchero, senza grassi animali, ultimamente senza olio di palma. “Questa tendenza – prosegue il Segretario Dona – è sicuramente dovuta ad una cattiva informazione circa l’alimentazione. Pertanto, non occorre acquistare prodotti ‘senza’. Occorre mangiare tutto, nelle giuste quantità; per far sì che il corpo abbia i giusti valori nutrizionali”.

La dieta mediterranea e l’Italian Way of Life
Va ricordato, infine, che la dieta mediterranea, dal 2010, è stata a tutti gli effetti riconosciuta dall’UNESCO quale Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Gli italiani dunque dovrebbero tenerla stretta, e non lasciare andare quell’enorme patrimonio che detengono legittimamente.

Era il 26 ottobre 2015 quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiarava che le carni rosse trattate avrebbero potuto causare il cancro.

Ieri 26 ottobre 2016, il Rapporto presentato a Roma dal Censis smentisce, ed invita i consumatori a tornare – per quanto possibile – al caro vecchio Italian way of life, un marchio di garanzia diffuso in tutto il mondo.

QUI trovi il PDF dell'intero rapporto Censis 

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Capo Redattore