Abruzzo – Il Bosco di Sant’Antonio, riserva naturale
di Informacibo
Ultima Modifica: 20/03/2013
Pare che sui suoi altopiani a 2800 metri si provi una emozione ed una energia speciale: un superbo panorama che spazia fra profonde vallate e vette rocciose sulle quali si scorgono colonie di camosci brulicanti sui costoni scoscesi e, alzando lo sguardo nell’infinito, si può seguire il volo del piviere tortolino. Non solo, il Parco Nazionale della Majella è ricco sia di erbe alpine, che di erbe mediterranee.
Nel nostro Paese abbiamo più di mille aree protette che occupano il 21% del territorio nazionale. Una ricchezza reale da contarsi in alberi monumentali, saline, fiumi, laghi, boschi, foreste. L’Abruzzo fa la parte del leone con più di trecentomila ettari suddivisi fra parchi nazionali ed aree protette dallo Stato a cui vanno aggiunte terme dove bere acque curative e fare bagni tra siepi di erbe aromatiche. Un susseguirsi di paesi dove un tempo vivevano solo pastori, ma che ora ospitano alberghi diffusi, agriturismi molto curati con vendita diretta di leccornie locali da portare a casa in pacchetti chic: straordinari formaggi pecorini, formaggette molli leggermente affumicate, giuncate e caprini, ricotte, caciocavallo, burrate, mozzarelle, scamorze, provole al sapore di erbe.
Tra le dorsali del Monte Rotella e del Pizzalto, poco distante da Pescocostanzo,si estende il Bosco di Sant’Antonio, la prima riserva naturale istituita dalla Regione Abruzzo nel 1985. E’ un pascolo alberato di 450 ettari, disegnato da una meravigliosa collezione di grandi alberi, per lo più faggi plurisecolari, una trama di radure, luci ed ombre. Talmente suggestivo da aver vinto il premio Carlo Scarpa per il Giardino (Fondazione Benetton Studi e Ricerche, Treviso – Fbs.it ). Il verde dei boschi mi ricorda una frase letta non so dove: “Gli alberi, oltre ad essere un patrimonio, sono la muta testimonianza della nostra storia”.
Dall’Alta Val di Sangro sono partiti molti dei grandi chef destinati a rendere famosa la cucina di alberghi e ristoranti di tutto il mondo. Furono i principi Caracciolo, nel 1939, ad istituire a Villa Santa Maria la prima scuola di avviamento professionale alberghiero, ora eccellente istituto statale dove gli allievi spesso ricevono proposte di lavoro prima del termine dei corsi.
L’Abruzzo di oggi è una delle mete “gourmand”. Gli Abruzzesi hanno saputo tutelare il loro territorio conservando un forte legame con le tradizioni agroalimentari. Nella regione operano migliaia di imprese impegnate in pastifici, fabbriche conserviere, agricoltura, silvicoltura, e pesca che lavorano con successo sia sul mercato interno che nelle esportazioni. Guardiagrele, città d’arte e artigianato fra la Maiella e l’Adriatico deve la sua notorietà ai dolciumi, in particolare alle “sise de monache”. Una golosità composta da tre “collinette” in pan di spagna farcite di crema e spolverate a neve da finissimo zucchero a velo. E’ un capolavoro dolciario dedicato alle rotondità di “sise” sacrificate sotto abiti di clausura, tanto segrete da essere immaginate in numero di tre. Oltre alla sosta nelle pasticcerie di via Roma, vanno considerate le proposte del Ristorante Villa Maiella: antipasti caldi e freddi al tartufo, al baccalà, ai salumi di loro produzione; saporiti piatti di pasta alla chitarra, millerighe, cannaroni, zite, farfalle, conchiglie, linguine, tubetti rigati, fusilli, lumache, seguite da indescrivibili secondi di carni regionali, bovine e ovine.
Oltre ad un posto “speciale” in cucina, la regione ne ha uno altrettanto valido in cantina, guidato dal Montepulciano d’Abruzzo e dal Trebbiano, vini che da sempre garantiscono fama e gradimento anche a livello internazionale. Il Montepulcino d’Abruzzo-Colline Teramane si fregia della DOCG dal 2003 , un vigneto che si estende sui pendii di media ed alta collina, accarezzato dalla brezza marina, mentre la DOC Montepulciano d’Abruzzo è la bandiera indiscussa di questa terra. Un’altra denominazione è quella del Montepulciano d’Abruzzo “Cerasuolo” DOC ottenuto con le stesse uve del Montepulciano vinificate in bianco. Parlando di bianchi, il Trebbiano d’Abruzzo DOC non teme rivali ; proviene da una zona di produzione vastissima, nettare di grande qualità. Ha una lunga storia che risale ai i latini ed ai greci, un vino solido in grado di sostenere considerevoli invecchiamenti ed è elencato fra i migliori bianchi italiani.
Il Controguerra Doc (produzione limitata ad una piccola zona in provincia di Teramo) e il Tullum Doc (produzione del comune di Tollo, Chieti) valorizzano i principali vitigni autoctoni a bacca bianca come la Passerina e il Pecorino. Sono vini che spaziano dal floreale al fruttato, dalle caratteristiche aromatiche e sensoriali, un sapore fresco e persistente riconoscibile da un retrogusto amarognolo.
Complessivamente l’Abruzzo rappresenta una importante realtà vitivinicola dell’Italia centrale con una produzione che mediamente supera i 3,5 milioni di ettolitri di vino che, al di là del mercato nazionale, viene esportato in Germania, Stati Uniti e Canada.
Un bel grappolo d’uva fresco e polposo ricorda che l’uva è un frutto molto salutare sia per le sue proprietà depurative, da sempre note, ma anche per le sue virtù protettive. Gli antociani, che si concentrano prevalentemente nella buccia degli acini, sono preziosi per i vasi sanguigni (stabilizzano le pareti di arterie, vene e capillari), sono quindi un antidoto al processo di invecchiamento; la melatonina è utile a regolare il sonno, mentre il resveratrolo combatte il colesterolo cattivo migliorando il sistema cardiovascolare. La presenza di zuccheri, acido fosforico e silicio ha proprietà protettive per pelle e capelli e rende questo frutto un buon ricostituente del sistema nervoso. La sua azione diuretica è utile per frenare il formarsi della cellulite. Si è dimostrato che la composizione dell’uva ha alcuni punti di contatto con quella del latte materno, quindi frutto perfetto nel periodo di allattamento. Usiamola con fantasia, nelle insalate, come ornamento a piatti di pietanze, ma soprattutto non facciamola mancare nelle macedonie e proponiamola come festosa decorazione infilzando gli acini, magari alternati ad altri frutti, negli spiedini di ornamento in frullati, tè freddo, succo di arancia.
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