Malanotte del Piave, tutto il carattere del Raboso
di Simone Pazzano
Ultima Modifica: 20/11/2020
Un borgo medievale, un antico sistema di allevamento della vite e una diversa interpretazione del Raboso. Sono questi gli ingredienti della fortunata ricetta del Malanotte del Piave Docg, vino rosso veneto di gran pregio che in terra di Glera – e dunque Prosecco – ambisce a farsi sempre più strada col suo carattere deciso, frutto delle caratteristiche del vitigno autoctono da cui nasce.
La storia di questo vino comincia a Borgo Malanotte, piccolissimo borgo medievale a Tezze di Piave, frazione di Vazzola, nel trevigiano. Questa terra, in passato dominio della nobile famiglia dei Malenotti, nel secolo scorso ha visto nascere infatti una nuova interpretazione del Raboso e da qui è nato il nome a cui si lega la Docg.
Il vitigno autoctono: Raboso
Il Raboso è un vitigno autoctono della zona e si distingue per l’alto livello di acidità e tannicità. Caratteristiche che a un primo assaggio rendono questo vino insolito, particolare, con una pungenza tale che invita a dedicargli del tempo. Il Raboso è un vino che vuole essere capito ed è forse per queste sue peculiarità che una delle due ipotesi sulla sua etimologia lo associa al termine dialettale “rabioso”, cioè rabbioso, spigoloso. Un’altra ipotesi, non avvalorata, è l’omonimia con il torrente che scorre nel Quantier del Piave, il pianoro delimitato a sud del fiume Piave e a nord dai rilievi collinari che caratterizzano la Marca Trevigiana.
Grazie ad una buccia abbastanza spessa, in vigna il Raboso può protrarre la sua maturazione anche nei mesi più freddi. È una delle ultime uve ad essere raccolte arrivando addirittura a novembre con un lento processo di disidratazione naturale in pianta. Uno spettacolo naturale per cui quando il paesaggio è costellato da nebbie, terre e piante spoglie, il Raboso è capace di essere ancora là, a ultimare la sua maturazione per regalare un vino dalle note calde e avvolgenti. Il risultato è una delle massime espressioni di questo vitigno, quel Malanotte del Piave che ha ottenuto la Docg nel 2010.
Malanotte del Piave Docg: le caratteristiche
Il Malanotte del Piave invecchia nelle cantine dei produttori almeno tre anni, di cui dodici mesi in botte e quattro mesi in bottiglia, per giungere al caratteristico colore rosso granato con riflessi violacei, ed all’intenso e avvolgente profumo di ciliegia marasca matura, di frutti rossi con calde note di tabacco, cacao, vaniglia e spezie.
La zona di produzione della Docg Malanotte del Piave – tutelata dal Consorzio Vini Venezia – ricade sul territorio di media-bassa pianura, lungo il corso del Piave, ed è caratterizzata da un clima temperato, con estati calde e inverni che non sono mai troppo freddi.
I suoli, costituiti da depositi alluvionali dei ghiacciai prima e del fiume Piave poi, sono caratterizzati da un’alta percentuale di scheletro e ghiaia che garantiscono un’elevata profondità esplorabile dalle radici. Buono il contenuto anche di sostanze minerali quali fosforo e magnesio che influisce su questo vino che ben si adatta ad accompagnare carni grigliate e arrosti, e abbinamenti più impegnativi come anche torte al cioccolato fondente.
La bellussera: l’antico sistema di allevamento della vite
Ma quando si parla di Raboso a colpire non sono solo il momento della raccolta e il risultato finale che arriva nei nostri bicchieri come Malanotte del Piave Docg. Affascina molto anche il sistema tradizionale di allevamento – ora in disuso – a cui è legata la sua massima diffusione nel secolo scorso: la bellussera.
È alla fine del ‘700 che i fratelli Bellussi di Tezze di Piave hanno inventato un sistema di allevamento a raggi per le viti diffuse all’epoca, in seguito definito appunto “bellussera”. Un sistema per cui la vite viene maritata a una pianta di sostegno, solitamente era il gelso, e che ha caratterizzato per molto tempo la campagna trevigiana. Per nostra fortuna ancora oggi in queste zone ne esistono alcuni esemplari centenari, principalmente legati alla produzione del Raboso.
Malanotte del Piave: i vini da provare
Per provare questo vino, conoscere le sue sfumature e apprezzarne la storia, ecco tre diverse interpretazioni che ne rendono al meglio l’idea.
Malanotte del Piave Docg – De Stefani
Il Malanotte De Stefani è un vino esuberante e robusto. Colore rosso rubino intenso con riflessi granati, bouquet pieno e ampio, ricorda le more di rovo e la ciliegia in confettura, il cioccolato fuso e il tabacco. Gusto deciso, sapore secco e austero, con una leggera acidità di base.
A tavola, ideale l’abbinamento con selvaggina (lepre, fagiano o faraona in salmì o con la salsa peverada), grigliate, formaggi stagionati
Malanotte del Piave Docg “Notti di Luna Piena” – Ca’ di Rajo
Morbido e piacevole, il Malanotte di Ca’ di Rajo è un vino rosso rubino intenso e fitto. Ricorda il profumo delle ciliegie, marasca, mora selvatica, amarena, prugna, con accenni al profumo intenso della cannella, vaniglia, cuoio, tabacco, viola e pepe.
Sontuoso, supportato da una notevole struttura e da tannini poderosi. La sapidità accompagnata da un’acidità gradevole e da un buon tenore alcolico conferiscono un retrogusto lungo e piacevole.
A tavola questa interpretazione del Raboso si presta ad accompagnare selvaggina, magari condita con spezie, formaggi importanti come grana e stravecchio e dà il meglio di sé con piatti grassi dove l‘acidità pulisce il palato.
Malanotte del Piave Docg “Unno” – Antonio Facchin
Di colore rosso rubino intenso con riflessi violacei che virano al granato con l’invecchiamento, il Malanotte del Piave di Antonio Facchin ha un bouquet balsamico, speziato con note di frutta rossa, ribes, mora, marasca e sentori di tostato. Elegante di spessore, sapido ed austero, gradevolmente tannico, alcolico, rotondo ma con una sensazione finale di estrema pulizia del palato grazie a un sentore leggermente acidulo.
Un vino elegante, ideale da abbinare con carni rosse, cacciagione di piuma e di pelo, formaggi invecchiati ma anche abbinamenti azzardati con cioccolati fondenti e piccanti.
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