Il mercato dei formaggi duri sfiora quota 550 mln nella Gdo
Cresce a valore (+5,7%) e a volume (+4,4%). I più venduti sono i grattugiati. Ma volano, soprattutto, scaglie e pezzi interi. Il Nord-Ovest numero uno per consumi con il 42% contro il 13% del Sud.
di Vito de Ceglia
Ultima Modifica: 05/12/2019
Nell’ultimo anno le vendite di Grana Padano Dop, Parmigiano Reggiano Dop, Pecorini e formaggi stagionati nazionali sono aumentate sia a valore che a volume nella Gdo, portando a livelli record quello che è il segmento più importante del mercato caseario nazionale. A riportarlo sono i dati Iri, elaborati da Assolatte, che segnalano una crescita del 4,4% a volume rispetto ai 12 mesi precedenti (agosto 2018/2019), arrivando a sfiorare le 36 mila tonnellate. Ancora meglio la performance a valore: +5,7%. Un risultato che nel complesso porta il mercato dei formaggi duri ad avvicinarsi a quota 550 milioni di euro di giro d’affari nella distribuzione moderna.
Aumenti a due cifre
A crescere sono stati tutti i segmenti di mercato. Hanno guadagnato il 3,7% a valore e il 2,3% a volume i grattugiati, il segmento più rilevante sia in termini di volumi (69,4% di quota sul totale) sia in termini di giro d’affari (64,8% di quota). Il fenomeno dell’ultimo anno, però, sottolinea Assolatte, è stato il boom degli altri formati, che conferma la passione degli italiani per i formaggi duri e l’interesse a “esplorarli” in tutte le loro varianti. Il trend più brillante è stato quello dei formaggi duri in scaglie: un segmento che vale oltre 13 milioni di euro, e che in un anno ha visto crescere le vendite del 15,3% a valore e del 13,9% a volume, anche grazie agli investimenti delle aziende casearie per ampliare l’offerta e aumentare la disponibilità a scaffale di questi prodotti. Crescita a due cifre anche per i formaggi duri venduti in pezzi: un segmento da oltre 142 milioni di euro, aumentato nell’ultimo anno del +11,8% a valore e del +13,8% a volume. A completare lo scenario di mercato ci sono i bocconcini, un formato che “vale” oltre 37 milioni di euro e che ha registrato un +0,1% a valore.
Nord Ovest vendite +42%
Per quanto riguarda le aree del paese dove si registrano i maggiori aumenti, emerge che il mercato è fortemente concentrato nelle regioni del Nord-Ovest: quasi il 42% delle vendite di formaggi duri, sia a volume che a valore, si deve agli abitanti di Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia. A grande distanza ci sono poi gli abitanti delle regioni dell’Italia centrale e della Sardegna, che contribuiscono per circa il 25% alle vendite totali di formaggi duri realizzate nella Gdo. Un altro 20% circa va ai residenti nel Nord-Est, ossia tra Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia Romagna. Fanalino di coda è il Sud, dove vengono realizzate solo il 13% circa delle vendite di formaggi duri.
Montasio nei distributori
Intanto, arriva nei distributori automatici di scuole e uffici pubblici e alcune aziende il formaggio Montasio Dop. Il prodotto è al momento distribuito in un formato stick monoporzione solo nella Regione Friuli Venezia Giulia con l’intenzione – annunciano i responsabili del progetto – di allargare il raggio di azione nei prossimi mesi. L’iniziativa, adottata dal Consorzio per la tutela della denominazione, è finalizzata a “combattere la battaglia contro snack e merendine troppo ricche di grassi”. Il singolo formato da 25 grammi confezionato sottovuoto in un packaging trasparente ha un costo che è tra 1 e un 1,50 euro. Dal punto di vista di crescita economica il Consorzio informa invece che il Montasio Dop è cresciuto di un 5% nei primi nove mesi del 2019.
Latticini contro il tumore
A dare nuova linfa alle vendite di formaggi e derivati, potrebbe contribuire una ricerca, realizzata da studiosi italiani nell’ambito dello studio europeo “Prospective investigation on cancer and nutrition” (Epic-Italy), che coinvolge 520 mila persone in 10 Paesi, sull’associazione tra prodotti lattiero-caseari e mortalità. La ricerca, pubblicata su “The American Journal of Clinical Nutrition”, conferma che non solo non è stata trovata alcuna associazione tra il consumo di prodotti lattiero-caseari e mortalità, ma è stata riscontrata una riduzione del 25% del rischio di mortalità con l’assunzione di latte da 160 a 120 grammi al giorno. Nessuna differenza è stata trovata scomponendo il consumo di latte tra intero e scremato.
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