Oltre 820 milioni di persone soffrono la fame a livello globale - InformaCibo

Oltre 820 milioni di persone soffrono la fame a livello globale

Rapporto dell'ONU. La fame nel mondo non accenna a calare e l'obesità è ancora in aumento. Il commento di Slow Food

di Donato Troiano

Ultima Modifica: 16/07/2019

Nel 2018 circa 820 milioni di persone non hanno avuto cibo a sufficienza, rispetto agli 811 milioni dell’anno precedente: l’aumento è stato registrato per il terzo anno consecutivo. Ciò evidenzia la grandezza della sfida di raggiungere l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile Fame Zero entro il 2030.

Così afferma la nuova edizione del rapporto annuale Stato della Sicurezza Alimentare e della nutrizione nel mondo 2019 pubblicato oggi e che pensiamo, almeno sui dati più allarmanti emersi dal rapporto, dovrebbero essere discussi, insieme agli altri temi, al Forum Unesco dell’agricoltura alimentare fissato a Parma per il prossimo settembre 2019.

Dati e cifre di un quadro allarmante

  • Numero di persone affamate nel mondo nel 2018: 821,6 milioni (pari a 1 su 9)
    • in Asia: 513,9 milioni
    • in Africa: 256,1 milioni
    • in America Latina e nei Caraibi: 42,5 milioni
  • Numero di persone in stato di insicurezza alimentare moderata o grave: 2 miliardi (26,4%)
  • Bambini con basso peso alla nascita: 20,5 milioni (1 su 7)
  • Bambini al di sotto dei 5 anni affetti da rachitismo (bassa statura rispetto all’età): 148,9 milioni (21,9%)
  • Bambini al di sotto dei 5 anni che soffrono di deperimento (scarso peso rispetto all’altezza): 49,5 milioni (7,3%)
  • Bambini al di sotto dei 5 anni in sovrappeso (eccessivo peso rispetto all’altezza): 40 milioni (5,9%)
  • Bambini in età scolare e adolescenti in sovrappeso: 338 milioni
  • Adulti obesi: 672 milioni (13%, pari a 1 su 8)

    Di fronte a questa grave situazione, Carlo Petrini, presidente internazionale di Slow Food e ambasciatore del programma Fame Zero per la FAO, commenta:

«Per il quarto anno di seguito il rapporto evidenzia una situazione in peggioramento, il che significa che siamo in presenza di una tendenza. Sembra incredibile che nel 2019 l’homo sapiens sia ancora alla prese con la lotta contro la fame, e ancor più incredibile è constatare che stiamo perdendo! Slow Food ormai da molti anni è impegnata in questa lotta: il quadro che emerge oggi dalla nuova edizione del rapporto ONU ci chiama a un ulteriore impegno, con forza e urgenza. Il rapporto ci dice anche che il problema non è la quantità di cibo globalmente a disposizione, come sostengono le multinazionali dell’agro-industria, ma la sua disponibilità per chi è in condizioni economiche e sociali svantaggiate. È un tema di diritti negati e non di incremento della produzione. Servono quindi politiche coraggiose dei governi di tutto il Pianeta, per il contrasto alla povertà, alle disuguaglianze e all’emarginazione, che adottino e promuovano un modello di produzione alimentare agro-ecologico, inclusivo e socialmente equo».

Riguardo al continente ancora oggi più colpito dalla piaga della fame, l’Africa, Edie Mukiibi, agronomo ugandese e membro del Comitato Esecutivo Internazionale di Slow Food, aggiunge: «I 3207 orti agroecologici che Slow Food ha creato in 35 Paesi africani costituiscono oggi un piccolo ma significativo contributo al problema della malnutrizione, un modello positivo di partecipazione e di organizzazione dal basso. E soprattutto un modello facilmente replicabile: noi, con le nostre forze, (relativamente scarse rispetto a quelle delle istituzioni e dei governi) siamo riusciti a realizzare oltre 3 mila orti. E ognuno di questi orti coinvolge circa 120 persone in maniera continuativa, contribuendo in molti casi a evitare che questi individui vadano a far lievitare le già drammatiche cifre che oggi l’ONU ci ha consegnato».

 

Attraverso il progetto degli orti Slow Food in Africa sono stati realizzati finora 1585 progetti nelle scuole e 1622 progetti nelle comunità, per un totale di 3207 orti attivi. Essi coinvolgono circa 305.000 studenti (la metà sono donne) e oltre 40.000 adulti (in questo caso le donne sono il 72%). Questi orti sono un chiaro segno che gli africani sono impegnati ad affrontare in prima persona i problemi di fame e malnutrizione.

I vertici dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD), del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), del Programma Alimentare Mondiale (WFP) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)

I tempi dei progressi fatti per dimezzare il numero di bambini rachitici e ridurre il numero di quelli con basso peso alla nascita sono troppo lenti, il che – secondo il rapporto – rende ancora più difficile raggiungere gli obiettivi nutrizionali dell’OSS 2.

Allo stesso tempo a queste sfide si aggiungono sovrappeso e obesità, che continuano ad aumentare in tutto il mondo, in particolare tra i bambini in età scolare e gli adulti.

Le probabilità di insicurezza alimentare sono più alte tra le donne rispetto agli uomini in tutti i continenti, con il maggiore divario in America Latina.

“I nostri interventi per affrontare questi trend preoccupanti dovranno essere più decisi – non solo in termini di portata, ma anche in termini di collaborazione multisettoriale“, hanno sollecitato nella loro prefazione congiunta i vertici dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD), del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), del Programma Alimentare Mondiale (WFP) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

La fame sta aumentando in molti paesi in cui la crescita economica è in ritardo, in particolare nei paesi a medio reddito e quelli dediti prevalentemente al commercio internazionale di materie prime. Il rapporto annuale delle Nazioni Unite ha anche rilevato che la disparità di reddito è in aumento in molti dei paesi in cui la fame è in aumento, rendendo ancora più difficile per i poveri, i vulnerabili o gli emarginati far fronte a crisi e rallentamenti economici.

“Dobbiamo promuovere una trasformazione strutturale e inclusiva a favore dei poveri, incentrata sulle persone e porre le comunità al centro per ridurre le vulnerabilità economiche e metterci sulla buona strada per porre fine alla fame, all’insicurezza alimentare e a tutte le forme di malnutrizione”, hanno detto i leader delle Nazioni Unite.

Lenti progressi in Africa e Asia

In Africa la situazione è estremamente allarmante perché ha i più alti tassi di fame nel mondo, che continuano ad aumentare lentamente ma costantemente in quasi tutte le sotto-regioni e in particolare in Africa orientale, dove quasi un terzo della popolazione (30,8%) è denutrita. Oltre al clima e ai conflitti, l’aumento è favorito dal rallentamento e dalle crisi economiche. Dal 2011 quasi la metà dei paesi in cui l’aumento della fame si è verificato in seguito a crisi o stagnazione economica erano africani.

Il maggior numero di persone denutrite (oltre 500 milioni) vive in Asia, per lo più in Asia meridionale. Insieme, Africa e Asia detengono la quota maggiore di tutte le forme di malnutrizione nel mondo, pari a oltre nove bambini rachitici su dieci e oltre nove bambini deperiti su dieci. In Asia meridionale e nell’Africa subsahariana, un bambino su tre è affetto da rachitismo.

Oltre alle sfide del rachitismo e del deperimento, in Asia e Africa vivono anche quasi tre quarti di tutti i bambini sovrappeso del mondo, prevalentemente a causa dell’alimentazione scorretta.

Oltre la fame

Il rapporto di quest’anno introduce un nuovo indicatore per misurare l’insicurezza alimentare a diversi livelli di gravità e monitorare i progressi verso l’OSS 2: la prevalenza dell’insicurezza alimentare moderata o grave. Questo indicatore si basa su dati ottenuti direttamente dalle persone tramite sondaggi sul loro accesso al cibo negli ultimi 12 mesi, utilizzando la Nuova scala dell’insicurezza alimentare (FIES). Le persone esposte a moderata insicurezza alimentare affrontano incertezze rispetto alla loro capacità di procurarsi il cibo, e per sopravvivere hanno dovuto ridurre la qualità e/o la quantità di cibo che consumano.

Secondo il rapporto, oltre 2 miliardi di persone ­- soprattutto nei paesi a basso e medio reddito ­- non hanno accesso regolare ad alimenti salubri, nutrienti e sufficienti. L’accesso irregolare è però anche una sfida per i paesi ad alto reddito, compreso l’8% della popolazione in Nord America ed Europa.
Ciò richiede una profonda trasformazione dei sistemi alimentari affinché forniscano diete sane e prodotte in modo sostenibile alla popolazione mondiale in aumento.

Condividi L'Articolo

L'Autore